All’origine della fede e della speranza | Custodia Terrae Sanctae

All’origine della fede e della speranza

Dedicazione del S. Sepolcro

Is 53,2b-9; Sal 15; At 13,16°.26-31; Lc 24,1-12

 

Carissimi fratelli e sorelle,

Il Signore vi dia Pace!

1. Oggi siamo riuniti per celebrare in modo solenne la dedicazione medievale di questo luogo: il Santo Sepolcro. Che senso ha per noi questa celebrazione? Perché dare tanta importanza a un luogo fisico?

Direi che abbiamo tre buoni motivi: questo luogo è testimone della reale morte di Gesù di Nazaret ed è testimone pure della sua risurrezione e quindi è all’origine della nostra fede e della nostra speranza.

2. Anzitutto questo luogo ci ricorda e ci testimonia la realtà storica della morte di Gesù. Tutte e tre le letture ce ne parlano.

Isaia lo fa sottoforma di profezia, ricordando che il Servo del Signore sarebbe stato giudicato e ucciso per prendere su di sé le nostre sofferenze, le nostre colpe, i nostri peccati, la nostra mortalità. E nella profezia Isaia prefigura che la tomba del Servo del Signore sarebbe stata una tomba nobile. I vangeli ci dicono che è stato proprio così, al punto che Gesù non viene sepolto in un sepolcro preparato per lui ma nel sepolcro di un suo nobile e ricco discepolo, Giuseppe di Arimatea (cfr Mt 27,60), che mette a disposizione la propria tomba nuova per seppellire Gesù. Il Sepolcro ci ricorda perciò la realtà storica e la verità della morte di Gesù: ha realmente condiviso tutta la nostra esistenza e perciò ha condiviso anche il fatto che noi moriamo. E lo ha fatto per redimerci. Cioè perché noi potessimo superare le situazioni di sofferenza, di peccato e di morte che ci affliggono. Sappiamo poi dalle narrazioni evangeliche che la morte di Gesù fu infinitamente più dolorosa e drammatica della nostra.

3. Le letture ci ricordano però che questa tomba vuota è anche il luogo concreto e fisico della risurrezione di Gesù Cristo. Il Salmo 16, nella nuova traduzione, è fuorviante, ci è stato fatto leggere: “Non lascerai che il tuo fedele veda la fossa”. Per duemila anni la Chiesa ha invece letto e tradotto, sulla scorta dell’antica traduzione ebraica della “Settanta”: “Non lascerai che il tuo santo veda la corruzione”, che è la frase citata da san Pietro negli “Atti degli Apostoli” per dire che Davide aveva profetizzato la risurrezione di Gesù (cfr. At 2,27.31).

La seconda lettura e il vangelo sono assolutamente espliciti su questo aspetto. Paolo, dopo aver raccontato la morte di Gesù per crocifissione e la sua sepoltura aggiunge: “Ma Dio lo ha risuscitato dai morti ed egli è apparso per molti giorni a quelli che erano saliti con lui dalla Galilea a Gerusalemme, e questi ora sono testimoni di lui davanti al popolo” (At 13,30-31). E nel vangelo abbiamo letto il rimprovero degli angeli alle donne accorse qui il mattino di Pasqua: “Perché cercate tra i morti colui che è vivo? Non è qui, è risorto. Ricordatevi come vi parlò quando era ancora in Galilea e diceva: «Bisogna che il Figlio dell’uomo sia consegnato in mano ai peccatori, sia crocifisso e risorga il terzo giorno»” (cfr Lc 24,5-7).

4. Questo luogo è quindi testimone della grande novità che si chiama risurrezione. Dalla creazione del mondo fino ad oggi questa è una delle due cose veramente straordinarie realizzate da Dio dentro la nostra storia: la prima consiste nell’aver scelto di diventare uno di noi, accettando di esistere come Dio incarnato: tutto l’infinito Dio nel corpo finito di un uomo, a partire dall’istante del suo concepimento a Nazaret e poi nella nascita a Betlemme, nel sottomettersi alle leggi naturali della crescita, fino alla morte in croce a pochi passi da qui.

La seconda cosa straordinaria è la sua risurrezione che vuol dire che nell’istante in cui Gesù è risorto, lui porta per sempre in Dio la nostra umanità, la nostra carne che non è più mortale, non è più soggetta alla sofferenza, non ha più la tendenza ad assecondare quella fragilità naturale che conduce al peccato. La risurrezione di Gesù non è un tornare indietro dal regno dei morti, non è un ritrovarsi improvvisamente rianimati come dopo un coma o una morte apparente (come era stato per Lazzaro, per il figlio della vedova di Nain o per la figlia di Giairo) ma è un andare oltre, è – appunto – un passaggio verso una forma di vita talmente nuova e piena che noi non riusciamo nemmeno a immaginare: la vita stessa di Dio.

5. Voi sapete che per alcuni è difficile accettare che Gesù sia realmente morto, per altri è invece difficile accettare che Gesù sia realmente risorto.

Ad esempio nel Corano si legge: “e dissero: «Abbiamo ucciso il Messia Gesù figlio di Maria, il Messaggero di Allah!». Invece non l’hanno né ucciso né crocifisso, ma così parve loro” (Corano, IV,157-158, trad. a cura di Hamza Roberto Piccardo in www.corano.net).

Così lungo la storia sono molti a non aver accettato la reale morte di Gesù, ma sono molti anche coloro che hanno negato e tutt’ora negano la sua risurrezione: oggigiorno per molti Gesù è solo un personaggio storico eccezionale, e una volta che è morto, è morto e basta. Lo stesso famoso teologo riformato Rudolf Bultmann nel 1948 si chiedeva: “Ma la risurrezione di Cristo non è un evento puramente mitico?” e la risposta che si dava era: “In ogni caso, non è certo un evento che appartenga alla storia e che come tale vada compreso nella sua portata” (R. Bultmann, Nuovo Testamento e mitologia, Queriniana, 1970, p. 165).

Il luogo in cui ci troviamo e i testi che abbiamo letto ci dicono invece che Gesù è realmente morto ed è realmente risorto, ricordandoci così che ciò è possibile solo perché lui è vero Dio e vero uomo, è Gesù di Nazaret ma è anche “il Cristo, il figlio del Dio vivente” (cfr. Mt 16,16).

6. Questo luogo è perciò all’origine contemporaneamente della testimonianza e della speranza cristiana. Questo luogo è esso stesso un testimone, è la tomba vuota che ci ricorda che qui qualcuno era stato sepolto, perché morto come tutti noi, ma è poi risorto per portare anche noi a vivere in Dio. Nel vangelo che abbiamo ascoltato sono “due uomini in abito sfolgorante”, cioè due angeli, i primi a dare qui alle donne l’annuncio che Gesù è risorto.

All’inizio coloro che visitano la tomba vuota (Maddalena, le donne, Pietro e Giovanni) fanno un’esperienza strana e disorientante. Poi ai segni da interpretare si sovrappone la parola dei messaggeri di Dio, che offre la comprensione autentica e profonda della tomba vuota: Gesù è risorto. Poi sarà lo stesso Gesù a far ricordare ai suoi quello che lui aveva predetto. Poi saranno i discepoli a diffondere questo annuncio nel mondo intero.

Questo messaggio, custodito e trasmesso dalla Chiesa, ha così attraversato la storia diventando progressivamente più coinvolgente e oggi ancora viene offerto a noi come fondamento solido per la nostra fede e la nostra speranza.

7. Oggi, in questa celebrazione, rinnoviamo perciò la nostra fede nel Cristo morto e risorto per noi; rinnoviamo il nostro impegno a testimoniare il Cristo morto e risorto per noi, unico solido fondamento della nostra fede, unica speranza di poter vivere una vita che abbia senso pieno già ora e abbia la prospettiva della vita eterna con Dio.