Antonio educatore alla pace | Custodia Terrae Sanctae

Antonio educatore alla pace

Solennità di S. Antonio

Sap 7,7-14; Sal 39; Ef 4,7.11-15; Mc 16,15-20

Carissime sorelle, carissimi fratelli,

il Signore vi dia pace.

  1. Dato il contesto in cui ci troviamo a vivere ho pensato di approfondire un aspetto della testimonianza di sant’Antonio che è la predicazione della pace e l’educazione alla pace. Sappiamo che la pace è un valore profondamente evangelico e francescano. Francesco ricorda nel Testamento come gli fu rivelato di salutare: “Il Signore ti dia la pace” (Test 23: FF 121) e ai frati faceva questa raccomandazione: “La pace che annunziate con la bocca abbiatela ancor più copiosa nei vostri cuori” (3 Comp 58: FF 1469). Qui in Terra Santa il saluto di pace è il saluto normale sia in ebraico (shalom) che in arabo (salam). Se tutti coloro che usano questo saluto avessero la pace nel cuore, almeno in minima dose, credo che ci troveremmo a vivere nella regione più pacifica del mondo. Purtroppo, così non è.

Anche Antonio vive in un contesto molto violento e deve confrontarsi con uno dei più feroci e spietati principi del suo tempo, Ezzelino da Romano. Da buon discepolo di san Francesco si presta a fare l’ambasciatore di pace per conto dei cittadini di Padova e a chiedere la liberazione degi ostaggi catturati da Ezzelino. Antonio è uno che attraverso la sua predicazione cerca di educare alla pace la gente del suo tempo. Nei suoi “Sermoni” la parola “pace” ricorre 266 volte. E ai suoi Sermoni farò riferimento in questa omelia.

  1. Nella sua predicazione Antonio parte dalla costatazione che Dio aveva creato l’uomo pacifico, lo aveva posto in un ambiente pacificato e l’essere in pace era la sua condizione personale originale: “questo fu Adamo, che fu posto in un luogo di pace e di delizie affinché, obbedendo al Padre, conservasse eternamente la sua pace. Ma poiché non volle obbedire al Padre, perdette la pace e nel suo cuore il diavolo conficcò tre lance e lo privò completamente della vita” (SQD I(1),3).

Adamo è la creatura umana originale, fatta di terra ma con una dignità straordinaria perché Dio ha posto in lui il suo Spirito. Adamo è ognuno di noi, ogni persona umana nella sua fragilità e nella sua dignità originale.

Antonio spiega quali sono queste tre lance che il diavolo conficca nel cuore dell’uomo. Ciò che ha tolto la pace all’umanità delle origini e ciò che toglie la pace a ciascuno di noi è il non voler obbedire al Padre, cioè il non volerci fidare di Dio e il lasciarci trafiggere da tre passioni: quella che ci porta a voler soddisfare tutti i nostri bisogni naturali, che è esemplificata nella gola; la passione della superbia che ci porta a voler essere come Dio per sostituirci a Lui; la passione dell’avidità che ci porta a ritenere che saremo tanto più liberi e autonomi quanti più beni materiali avremo.

  1. Anche da un punto di vista puramente umano, quanta verità e quanta profondità c’è in questa riflessione che Antonio faceva otto secoli fa. Quando viviamo riferendo tutto a noi stessi e cercando soprattutto la gratificazione del nostro ego, è difficile che riusciamo ad essere in pace. È invece facile che vediamo nell’altro un ostacolo alla nostra soddisfazione perciò qualcuno da eliminare, oppure un oggetto per la nostra soddisfazione e quindi qualcuno da conquistare.

Così la superbia, in tutte le sue declinazioni, ci impedisce – da un lato – di vedere i nostri limiti e le nostre fragilità e ci porta – dall’altro – a voler dominare sugli altri. E se il nostro campo di azione sarà quello della famiglia tratteremo da servi i familiari, se sarà quello del lavoro calpesteremo colleghi e dipendenti, se avremo da governare un paese eserciteremo il potere in modo autocratico e prima o poi ci verrà voglia di invadere e sottomettere qualche altro paese.

Lo stesso vale per l’avidità: litigheremo continuamente col vicino perché non ci basta quello che abbiamo e a livello di nazioni faremo guerre per avere più risorse e per espanderci in nuovi mercati, cioè per ragioni economiche.

  1. La pace perduta in Adamo però ci è ridonata da Gesù Cristo risorto, il nuovo Adamo, e ne facciamo esperienza nell’incontro pasquale con lui: Antonio cita il vangelo che ancora oggi leggiamo nell’Ottava di Pasqua, quello dell’apparizione di Gesù ai discepoli la sera di Pasqua e otto giorni dopo (cfr. Gv 20).

Antonio commenta: “Da notare anzitutto che in questo vangelo per ben tre volte è detto «Pace a voi», a motivo della triplice pace che il Signore ha ristabilito: tra Dio e l’uomo, riconciliando quest’ultimo al Padre per mezzo del suo sangue; tra l’angelo e l’uomo, assumendo la natura umana ed elevandola al di sopra dei cori degli angeli; tra uomo e uomo, riunendo in se stesso, pietra angolare, il popolo ebraico e i pagani” (SPOP 6).

Il Cristo risorto è colui che ci dona la pace più profonda perché ci riconcilia con Dio attraverso un perdono capace di risanarci interiormente fin nelle profondità della nostra coscienza; ci dona una dignità nuova rendendo partecipe la nostra carne umana della sua vita divina; e ci riconcilia tra di noi abbattendo il muro che separa il popolo eletto (Israele) dagli altri popoli, come ricorderà san Paolo nella lettera agli Efesini (cfr. Ef 2,14), trasformando così l’umanità intera in un’unica famiglia.

  1. Nel paragrafo successivo (cfr. SPOP 6) Antonio ritorna sul tema della triplice pace donata da Gesù Risorto e la declina in modo diverso: la prima pace che Gesù dona – dice il Santo – è quella del tempo, la seconda è quella del cuore e la terza quella dell’eternità. E per far meglio capire di cosa parla Antonio spiega: “La prima pace devi averla con il prossimo, la seconda con te stesso, e così, nell’ottava della risurrezione, avrai anche la terza pace, con Dio nel cielo” (SPOP 6). La pace nel tempo la viviamo e la costruiamo con le persone che ci stanno accanto. La pace con noi stessi è frutto di una coscienza riconciliata. La terza è il dono che il Signore ci farà al termine di questa vita, una pace eterna, una pace che non potrà più essere tolta, una pace piena e beatificante, una pace che non potrà più essere ostacolata né dalla mia fragilità né dall’ostilità di qualche altra persona.
  2. Le riflessioni di Antonio sulla triplice pace donata dal Risorto ci ricordano che la pace è prima di tutto un dono da ricevere. La pace ha una radice trascendente, viene da Dio e arriva a noi attraverso l’amore infinito che ha portato Gesù a prendere su di sé tutto il male dell’umanità e della storia e a dare la propria vita per assorbire e vincere tutto questo male.

Antonio ci ricorda che non c’è pace senza riconciliazione: con Dio, con noi stessi e anche con gli altri. Perciò dobbiamo essere disponibili alla riconciliazione ed educare alla riconciliazione e al perdono. Antonio ci ricorda anche che per operare per la pace bisogna riconoscere la dignità di ogni persona e di ogni popolo e la comune chiamata a vivere da figli di Dio. Condividiamo la stessa dignità e dobbiamo superare anche gli ostacoli dati dal far parte di popoli diversi con lingue, culture e religioni diverse. In realtà Dio vuole che popoli diversi formino un’unica umanità e che le differenze non siano occasione di scontro ma ricchezze da condividere, tessere di un unico mosaico che rivela la bellezza del disegno di Dio sull’umanità redenta dal sangue del suo Figlio.

  1. Concludo con l’esortazione e la preghiera che lo stesso Sant’Antonio pone al termine del suo Sermone sulla triplice pace: “Preghiamo dunque, fratelli carissimi, e supplichiamo la misericordia di Gesù Cristo perché venga e si fermi in mezzo a noi, ci conceda la pace, ci liberi dai peccati, estirpi dal nostro cuore ogni dubbio e imprima nella nostra anima la fede nella sua passione e risurrezione, affinché con gli apostoli e con i fedeli della Chiesa possiamo conseguire la vita eterna. Ce lo conceda colui che è benedetto, degno di lode e glorioso per i secoli eterni. E ogni anima fedele risponda: Amen. Alleluia” (SPOP 13).