Da Assisi a Gerusalemme: il francescanesimo in Terra Santa dalle origini alla contemporaneità | Custodia Terrae Sanctae

Da Assisi a Gerusalemme: il francescanesimo in Terra Santa dalle origini alla contemporaneità

Intervento del Custode di Terra Santa presso il Sacro Convento di Assisi

Il Signore vi dia Pace!

I Frati Minori sono partiti da Assisi proprio otto secoli fa, dopo il Capitolo di Pentecoste del 1217. Due anni dopo, nel 1219 è stato lo stesso san Francesco a raggiungere la Terra Santa, in piena V crociata, come testimone del vangelo di pace.
Circa un secolo dopo, i Frati cominciano a risiedere in alcuni Santuari e dal 1233, grazie all’intervento dei Reali di Napoli Roberto d’Angiò e Sancha di Maiorca, cominciano a risiedere stabilmente al Santo Sepolcro e al Cenacolo e poi anche a Betlemme. Nel 1342, con la bolla Gratias Agimus, di papa Clemente VI, viene accolta la sollecitazione degli stessi reali di Napoli di affidare ai francescani la custodia dei luoghi santi.
Da quel giorno ad oggi sono passati secoli e sono intervenuti molti fatti che hanno riguardato la nostra presenza e il nostro servizio di frati minori in Terra Santa e di custodi dei Luoghi Santi della cristianità.
Se ai tempi di papa Clemente VI la Custodia è composta di tre presenze e di 20 frati oggi è una realtà certamente più ampia, che con circa 270 frati si prende cura di una settantina di santuari, sviluppa una presenza pastorale a favore della comunità cattolico romana locale in vari Paesi del Medio Oriente (Israele, Palestina, Giordania, Libano, Siria, Egitto, Cipro e Rodi) e svolge anche molti servizi a carattere sociale e culturale aperti a persone di ogni religione.
Custodire i luoghi santi, in Terra Santa ha un significato e un’importanza tutta particolare, perché i Luoghi Santi sono luoghi che a loro volta custodiscono una memoria particolarmente importante per l’esperienza cristiana, la memoria dei luoghi della nostra redenzione. 
Tra pochi giorni sarà Natale, ed è evidente quanto forte sia il legame tra questa festa e un luogo specifico, Betlemme, la grotta della natività, la mangiatoia in cui fu deposto il bambino Gesù. Così come è evidente quanto forte sia il legame tra Gerusalemme e la Pasqua di Gesù: lì sono concentrati una serie di Santuari che ci riportano al pianto di Gesù sulla Città Santa, all’ultima cena con la lavanda dei piedi e l’istituzione dell’Eucarestia e del sacerdozio, all’agonia e alla preghiera di Gesù. Poi la Via Dolorosa che fa memoria della sua condanna a morte e del suo viaggio verso il Calvario. Infine il cuore di tutti i Luoghi Santi cristiani, che è la basilica del Santo Sepolcro o dell’Anastasi, come viene chiamata dai cristiani d’Oriente, che racchiude il luogo della crocifissione e quello della sepoltura e risurrezione del Signore.
Custodire i luoghi poi significa anche prendersi cura delle persone. Perché attorno ai luoghi santi c’è quasi sempre anche una piccola comunità cristiana, che ha bisogno di essere sostenuta per poter vivere la propria fede. 
Nei principali luoghi santi c’è anche un’esperienza di convivenza, di incontro e di dialogo ecumenico, che lungo la storia ha conosciuto anche momenti di tensione e di scontro, ma che nella fase attuale conosce soprattutto un tempo di collaborazione sempre più fraterna, come è stato dimostrato durante i lavori di restauro e consolidamento proprio dell’edicola del Santo Sepolcro.
La nostra presenza è comunque, e rimane, una presenza di minoranza, che richiede da parte nostra la consapevolezza di questa nostra condizione e la dedizione al servizio della minoranza cristiana che dall’epoca apostolica vive ininterrottamente in quella terra, sperimentando lungo la storia fasi di crescita e fasi di declino, e anche tempi di persecuzione. È una presenza che non ha mai perso il significato che porta in sé questo stretto legame tra i luoghi santi e i cristiani che in quei luoghi pregano e celebrano e attorno a quei luoghi vivono e lavorano.

Per capire il senso e la modalità della nostra attuale presenza di francescani in Terra Santa credo sia necessario rifarsi a due testi fondamentali e fondativi per noi:

  • il mandato di san Francesco a coloro che si inseriscono in una realtà di fede e religione diversa,
  • e il mandato di papa Clemente VI contenuto nella bolla Gratias Agimus.

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1. Il Mandato di Francesco d’Assisi
Per comprendere il mandato che san Francesco ha affidato ai frati nel Capitolo XVI della Regola non bollata e poi nel XII della Regola bollata, bisogna per forza ricordare che questi due testi nascono poco dopo il suo rientro in Italia dalla Terra Santa.
È estremamente significativo il fatto che san Francesco parli di andare “inter saracenos” parli cioè di andare inserendosi all’interno di una realtà in cui la maggioranza delle persone sono di una religione diversa dalla nostra.
Ed è significativo soprattutto quanto propone nel Capitolo XVI della Regola non bollata. Per chi come noi vive in quel contesto è facilmente comprensibile che l’esperienza di Francesco in Terra Santa tra il 1219 e il 1220 lo ha portato a riflettere profondamente su cosa significhi inserirsi da cristiani in un contesto a maggiorana di altra religione.

Il cosiddetto “primo modo” di comportamento, che Francesco suggerisce ai frati contempla tre aspetti:

  • non fare liti o dispute,
  • essere sudditi e soggetti a ogni umana creatura per amore di Dio,
  • confessare di essere cristiani.

Il non fare liti o dispute indica un approccio non polemico al credente di altra religione, ma anche una presa di distanza dal metodo della “disputa”, tanto in voga in epoca medievale per dimostrare agli eretici, o agli ebrei, o ai musulmani che la loro fede è sbagliata e che la nostra è giusta.
Francesco è pienamente convinto della bontà e della verità della propria fede, ma è altrettanto convinto che l’approccio polemico, controversistico, del voler convincere l’altro argomentando sia poco rispettoso dell’altro e anche poco rispettoso dei tempi dello Spirito.
Cosa è invece importante? È importante la testimonianza della vita che passa attraverso il farsi sudditi e soggetti a ogni umana creatura per amore di Dio, cioè il mettersi a servizio di ogni persona con un’unica vera motivazione, quella dell’amore per Dio. Se il Figlio, il Cristo, si è fatto servo per amore ed è arrivato a dare la vita per amore del Padre (è una convinzione che ritroviamo espressa nel Vangelo di Giovanni durante i gesti e i discorsi dell’ultima cena), occorre che anche noi facciamo altrettanto.
Infine fa parte della testimonianza il presentarsi con una chiara identità cristiana. Francesco non ci dice che dobbiamo confessare di essere frati minori, ma semplicemente che dobbiamo confessare di essere cristiani.
Credo che, nonostante alcuni episodi storici noti ed evidenti che vanno in direzione opposta, nella maggioranza dei casi, lungo questi otto secoli, ci sia stato da parte dei frati della Custodia di Terra Santa l’assunzione piena, talvolta inconscia e per osmosi, di queste indicazioni date da san Francesco. 
Non riesco a spiegarmi diversamente la capacità di adattamento ai cambi di situazione politica e di poteri che i frati hanno saputo vivere in questi otto secoli, sempre in una condizione di minoranza e sempre in una condizione di notevole incertezza.
Non riesco a spiegarmi diversamente le centinaia di frati di Terra Santa morti in questi otto secoli per curare gli appestati e gli ammalati contagiosi, indipendentemente dalla loro appartenenza religiosa.
Non riesco a spiegarmi diversamente le tante opere sociali e culturali (penso alle scuole) che sono certamente e anzitutto a servizio dei cristiani locali, ma sono anche al servizio di migliaia di famiglie musulmane.
Non riesco a spiegarmi diversamente il rispetto che viene dato da molti ebrei e musulmani alla nostra realtà e alla nostra istituzione.

2. Il Mandato di papa Clemente VI
Altrettanto importante e plasmante la realtà della presenza francescana in Terra Santa e la sua trasformazione in ciò che è oggi la Custodia di Terra Santa è stata la bolla Gratias Agimus, emanata ad Avignone da papa Clemente VI nel primo anno del suo pontificato su sollecitazione degli stessi reali di Napoli.
È la bolla che dà il fondamento giuridico alla Custodia così come noi la conosciamo. Di fatto è la ratifica di ciò che già i frati avevano iniziato a fare sponsorizzati da Roberto d’Angiò e Sancha di Maiorca.
Per la bolla è importante che i frati:

  • vivano nei luoghi santi,
  • vi celebrino Messe e divini uffici
  • e siano una fraternità internazionale.

Anche queste indicazioni, che non sempre sono state vissute in modo armonico, contengono però un nucleo che si è sviluppato dal 1342 fino ad oggi.
I frati di Terra Santa hanno sviluppato un grande amore per il poter vivere nei santuari, anche a costo di grandi sacrifici, basti pensare ai frati che vivono dentro il Santo Sepolcro oppure a quelli che stanno in piccoli santuari in luoghi anche molto isolati e solitari. I frati che hanno vissuto lì e vivono lì, lo hanno fatto con la consapevolezza che questi luoghi sono il supporto fisico della memoria della nostra redenzione.
Così anche la dimensione cultuale della vita nei santuari non dipende dal flusso dei pellegrini, ma dal significato che ha ogni santuario. A Nazareth può anche darsi che non venga nessuno, ma ogni giorno si scenderà alla Grotta per pregare l’angelus e ricordare che “qui il Verbo si è fatto carne”. La dimensione cultuale in Terra Santa è legata al riconoscimento dell’opera di Dio e alla lode per quello che Lui ha fatto per noi in uno specifico luogo. A Betlemme i frati hanno continuato a fare la processione quotidiana alla Grotta della Natività ed alla Mangiatoia, anche quando nel 2002 Betlemme non era più raggiungibile ed erano rimasti alla Basilica solo i frati alcune suore. Al Getsemani ogni giovedì sera ci sarà l’ora santa legata alla preghiera di Gesù e al suo invito “Restate qui e vegliate con me”. E al Santo Sepolcro di giorno e di notte continua il ritmo della preghiera che fa memoria della passione morte e risurrezione del Signore Gesù.
Infine la nota dell’internazionalità è stata una indicazione profetica che papa Clemente ha posto. Come ci ha ricordato di recente anche il Cardinal Sandri, Prefetto della Congregazione per le Chiese Orientali, durante le celebrazioni dell’VIII centenario a Gerusalemme, questa internazionalità è un riflesso della fraternità universale, è un’immagine della Pentecoste, e dobbiamo evitare che degeneri in un ritorno a Babele. Oggi l’internazionalità della Custodia si è ovviamente ampliata, dato che siamo circa 270 frati di 42 nazionalità diverse.

3. Oggi che valore hanno questi mandati?
Questi due mandati hanno oggi un valore aggiunto, che era forse impensabile ai tempi di Francesco d’Assisi o di papa Clemente.
In un contesto ecumenico, multireligioso e multiculturale l’indicazione di non fare liti o dispute mettendosi invece al servizio di tutti, diventa fondamentale per far avanzare il dialogo, per trovare punti di incontro, per continuare ad essere sognatori di una fraternità possibile e sempre più ampia.
In un contesto in cui decine di migliaia di migranti e centinaia di migliaia di pellegrini arrivano in Terra Santa, una fraternità internazionale diventa una risorsa straordinaria per poter accogliere persone di altra cultura e di altra lingua e aiutarle a sentirsi a casa nella Chiesa, se sono lavoratori stranieri, e accompagnarle in un cammino di approfondimento della fede nel poter vedere e toccare la Parola del Vangelo nei luoghi del Vangelo se sono pellegrini. Una fraternità internazionale diventa anche un segno, piccolo ma eloquente, della possibile convivenza tra persone di popoli e culture diverse.

E in un contesto in cui spesso l’orizzonte della speranza si riduce, il coltivare la capacità di sognare di Francesco d’Assisi, ci aiuta a credere che il sogno della pace, che è il sogno di Dio per questa terra da Lui tanto amata, sia ancora possibile.

 

Fr. Francesco Patton OFM
Custode di Terra Santa