Da pietra scartata a pietra angolare | Custodia Terrae Sanctae

Da pietra scartata a pietra angolare

IV Domenica di Pasqua B

Continua la collaborazione tra VITA TRENTINA  e fr. Francesco Patton, Custode di Terra Santa nella rubrica "In ascolto della Parola". 

At 4,8-12; 1Gv 3,1-2; Gv 10,11-18

«Questo Gesù è la pietra, che è stata scartata da voi, costruttori, e che è diventata la pietra d’angolo. In nessun altro c’è salvezza». At 4,11-12

Ricordo un episodio avvenuto al termine della Via Crucis al Colosseo del 9 aprile 1993. Il Papa San Giovanni Paolo II, tralasciato il discorso preparato, si mise a parlare in modo spontaneo. Il volto era segnato dalla stanchezza, la voce era affaticata, ma risuonava forte e chiara per gridare che non possiamo svuotare la croce di Cristo. Non possiamo svuotare la sua croce perché altrimenti si svuota la sua risurrezione. Non possiamo svuotare la sua croce perché altrimenti diventano inaccettabili anche le nostre.

Le letture domenicali di questo tempo pasquale insistono continuamente su questa realtà: colui che realmente è stato crocifisso, colui che realmente è morto ed è stato sepolto, ora è realmente risorto. È il primo annuncio che compiono gli Apostoli. È a questo semplice annuncio che vien chiesto di prestare ascolto, adesione, fede. È in Gesù crocifisso e risorto che trovano risposta i drammi umani. È Gesù crocifisso e risorto che occorre avere il coraggio di annunziare anche se l’ambiente è ostile, irride, invita al silenzio, tenta di tappare la bocca ai testimoni. Chiamato a rispondere in tribunale della guarigione di uno storpio, Pietro (prima lettura) riassume la Passione del Cristo ed il suo significato salvifico: «nel nome di Gesù Cristo il Nazareno, che voi avete crocifisso e che Dio ha risuscitato dai morti, costui vi sta innanzi risanato. Questo Gesù è la pietra, che è stata scartata da voi, costruttori, e che è diventata la pietra d’angolo. In nessun altro c’è salvezza» (At 4,10-12).

Che la morte di Gesù non sia stata un “incidente” viene chiarito dall’evangelista Giovanni. È stato Gesù stesso ad offrire la propria vita, ad offrirla dentro quella relazione di amore che lega il Padre ed il Figlio: «Per questo il Padre mi ama: perché io do la mia vita, per poi riprenderla di nuovo. Nessuno me la toglie: io la do da me stesso. Ho il potere di darla e il potere di riprenderla di nuovo» (Gv 10,17-18). Questa assoluta e serena padronanza del Cristo davanti al mistero della propria morte ci fa sorridere di ogni potere umano che abbia l’illusione di poter chiudere definitivamente i conti con Lui, ma anche di qualsiasi autorità umana che ritenga di avere diritto di vita e di morte sui propri simili.

Un’ultima parola va spesa sul significato del termine «salvezza». Le letture associano la salvezza alla guarigione interpretata come segno del perdono dei peccati (gli Atti degli Apostoli), all’entrare in relazione in modo personale con il Buon Pastore (il vangelo secondo Giovanni), all’esperienza di essere amati da Dio come figli (la Prima Lettera di san Giovanni apostolo). Che lo sappiamo o no, che siamo d’accordo o che ci irriti, solo in Cristo morto e risorto c’è salvezza, anche oggi, per noi e per l’umanità intera. Come ci ricorda però il Vaticano II nella “Gaudium et Spes”: l’offerta di salvezza “vale non solamente per i cristiani, ma anche per tutti gli uomini di buona volontà, nel cui cuore lavora invisibilmente la grazia. Cristo, infatti, è morto per tutti e la vocazione ultima dell’uomo è effettivamente una sola, quella divina; perciò dobbiamo ritenere che lo Spirito Santo dia a tutti la possibilità di venire associati, nel modo che Dio conosce, al mistero pasquale” (GS 22).

di fr. Francesco Patton, ofm

Custode di Terra Santa