Is 60,1-6; Sal 71; Ef 3,2-3a.5-6; Mt 2,1-12
1. Carissimi fratelli, carissime sorelle,
il Signore vi dia pace!
Epifania significa manifestazione: la festa che la liturgia ci propone ha infatti lo scopo di aiutarci a scoprire la presenza di Gesù come Salvatore di tutti i popoli, luce di tutte le nazioni. Ha lo scopo di farci prendere coscienza che possiamo incontrare Dio nel suo figlio Gesù: l'importante è che ci mettiamo in cammino e che ci lasciamo guidare da una lettura attenta dei segni che Dio ci offre nel cammino della vita, come i Magi si sono lasciati guidare dalla stella. Occorre anche che ci lasciamo guidare dalla Profezia contenuta nelle Sacre Scritture.
2. Il brano del libro del profeta Isaia è quanto di più universalistico esista nella Bibbia, sta lì nella sua semplicità e chiarezza a ribadire la gioia che Dio prova nell'incontrare ogni uomo. È un brano che ci mette davanti agli occhi il desiderio che Dio ha di accogliere ciascuno di noi nel momento in cui Lui chiede di essere accolto: "Alza gli occhi intorno e guarda: tutti costoro si sono radunati, vengono a te. I tuoi figli vengono da lontano, le tue figlie sono portate in braccio" (Is 60,4).
3. Lo scorso mese di ottobre papa Francesco ha scritto una lettera enciclica a tutti i cristiani proprio per ricordarci questa verità profonda: che in quanto figli e figlie dello stesso Padre siamo tutti fratelli e sorelle, che in quanto redenti dal Figlio di Dio Gesù Cristo siamo tutti fratelli, che in quanto animati dallo Spirito del Figlio siamo tutti figli e figlie, e fratelli e sorelle. E pochi giorni fa, nella giornata del 1° gennaio, ci ha ricordato che siccome siamo tutti fratelli e sorelle siamo chiamati a prenderci cura gli uni degli altri.
4. L’evangelista Matteo, che ci racconta il viaggio dei Magi ci racconta proprio questo. I Magi si mettono alla ricerca di Gesù, rendono visita a Gesù, offrono i propri doni, si prostrano a terra per adorarlo, ma, in realtà, è Gesù ad accogliere i Magi, a spalancare la porta di casa per fare spazio ad ogni lingua, razza, popolo e nazione. Gesù, fin dall'infanzia, apre a tutta l’umanità e ad ogni singola persona le porte della casa in cui abita, si lascia "disturbare" senza problemi. Apre la sua famiglia alle nazioni e scandalizza coloro che hanno un’idea esclusiva anziché profetica di popolo eletto. Alla stessa maniera aprirà poi le "porte" della sua Chiesa ai poveri, ai pubblicani, ai peccatori e alle peccatrici, scandalizzando quelli che pensano di ottenere la salvezza attraverso l’osservanza scrupolosa della Legge anziché per grazia e misericordia di Dio.
5. In questa solennità dell’Epifania penso che sia necessario che impariamo a guardare a tutta l’umanità come a una umanità di fratelli. Tutta l’umanità è chiamata a inginocchiarsi davanti al Bambino di Betlemme. Tutta l’umanità è chiamata a offrirgli l’oro, cioè a riconoscerlo come l’unico Signore della propria vita; a offrirgli l’incenso cioè a riconoscerlo come il vero Dio che si presenta a noi col volto di un bambino; a offrirgli la mirra, cioè a riconoscere che questo nostro Signore e Dio ha scelto di condividere tutta la nostra esistenza, compresa la sofferenza e la morte proprio per redimerci e salvarci dalla sofferenza e dalla morte.
6. I Magi portano i loro doni. Noi portiamo i nostri doni. Ma in realtà il grande dono è quel bambino che sta davanti agli occhi meravigliati dei Magi e che si offre anche a ciascuno di noi. Il grande dono è Lui e ogni dono di vita giunge a noi attraverso di Lui. Celebriamo allora con gioia e con stupore la festa dell’Epifania e lasciamoci illuminare dalla sua luce e sentiamoci parte di un’unica grande famiglia che sa gioire insieme e insieme sa anche soffrire nei momenti di prova e di difficoltà.
7. Concludo con una provocazione che Papa Francesco ci ha offerto nella festa dell’Epifania di qualche anno fa: “Chiediamo al Signore che ci conceda di vivere lo stesso cammino di conversione vissuto dai Magi. Che ci difenda e ci liberi dalle tentazioni che nascondono la stella. Che abbiamo sempre l’inquietudine di domandarci: dov’è la stella?, quando – in mezzo agli inganni mondani – l’abbiamo persa di vista. Che impariamo a conoscere in modo sempre nuovo il mistero di Dio, che non ci scandalizziamo del “segno”, dell’indicazione, quel segno detto dagli Angeli: «un bambino avvolto in fasce, adagiato in una mangiatoia» (Lc 2,12), e che abbiamo l’umiltà di chiedere alla Madre, alla nostra Madre, che ce lo mostri. Che troviamo il coraggio di liberarci dalle nostre illusioni, dalle nostre presunzioni, dalle nostre “luci”, e che cerchiamo questo coraggio nell’umiltà della fede e possiamo incontrare la Luce, Lumen, come hanno fatto i santi Magi. Che possiamo entrare nel mistero. Così sia” (Omelia Epifania 2015).