Seconda serata, Triduo del Perdono d’Assisi 2024

Il “caro prezzo” della riconciliazione

Seconda serata, Triduo del Perdono d’Assisi 2024

Lettura biblica  Ef 2,1-22 il Cristo ci fa rivivere a prezzo del dono della sua vita / Lettura francescana 2Lfed 4-14; 61-62: FF 181-184; 202: l’incarnazione è orientata alla nostra redenzione / Lettura mariana Gv 19,25-30 Maria fa parte del mistero di riconciliazione

Carissime sorelle, carissimi fratelli,

il Signore vi dia pace.

  1. Come anticipavo ieri la riflessione di questa sera si concentra su quello che è il “caro prezzo” della nostra riconciliazione.

Prendo spunto da un autore che ha pagato lui stesso un “caro prezzo”, quello della vita, per rimanere fedele a Gesù Cristo e coerente con la propria coscienza cristiana, si tratta del teologo luterano Dietriech Bonhoeffer, condannato a morte e giustiziato il 9 aprile 1945 nelle carceri naziste di Flossenbürg. Nel suo libro intitolato “Sequela”, dedicato ad approfondire il significato della vita cristiana come un “cammino sulle orme di Gesù”, egli mette in guardia da una visione superficiale della grazia, cioè della riconciliazione e della salvezza che ci viene donata da Dio in Gesù Cristo, chiamandola “la grazia a buon prezzo”, cioè svalutata, e indica poi invece il valore vero della grazia, che lui chiama “a caro prezzo”. Le sue parole mi sembrano adatte ancora oggi anche per noi, per aiutarci a superare una visione superficiale della riconciliazione, del perdono e direi della vita cristiana in generale.

  1. Scrive Bonhoeffer: “Grazia a buon prezzo [cioè svalutata] è annunzio del perdono senza pentimento, è battesimo senza disciplina di comunità, è Santa Cena senza confessione dei peccati, è assoluzione senza confessione personale. Grazia a buon prezzo [cioè svalutata] è grazia senza che si segua Cristo, grazia senza croce, grazia senza il Cristo vivente, incarnato” (D. Bonhoeffer, Sequela, 13/209).

Poco dopo aver spiegato cos’è la grazia svalutata, Bonhoeffer esemplifica cosa significa “grazia a caro prezzo”, e lo fa in modo tale da aiutarci a capire perché il mistero della riconciliazione e il conseguente sacramento del perdono non vanno svalutati: “La grazia è a caro prezzo soprattutto perché è costata molto a Dio; a Dio è costata la vita del suo Figliolo - «siete stati comperati a caro prezzo» - e perché per noi non può valere poco ciò che a Dio è costato caro. È soprattutto grazia, perché Dio non ha ritenuto troppo caro il suo Figlio per riscattare la nostra vita, ma lo ha dato per noi” (D. BONHOEFFER, Sequela, 13/209).

  1. Nel brano tratto dalla Lettera agli Efesini, che abbiamo ascoltato questa sera è chiara questa prospettiva. Il punto di partenza è la costatazione che noi, senza l’intervento di Gesù Cristo nella nostra vita siamo morti, perché senza Gesù Cristo viviamo una vita di lontananza da Dio e di soggiogamento a quello che ci detta la società nella quale ci troviamo a vivere: se siamo in un contesto che ritiene normale vendicarsi ci vendichiamo e uccidiamo, se viviamo in un contesto in cui si pratica il libero amore e l’adulterio lo pratichiamo anche noi, se viviamo in un contesto in cui è normale rubare e non pagare le tasse, lo facciamo anche noi, se è normale mentire e imbrogliare mentiamo e imbrogliamo anche noi.
  1. Dio però non ci lascia sprofondare nelle sabbie mobili del conformismo sociale e dell’adesione al male attraverso il peccato, anzi, interviene nella storia e nella nostra vita per evitare che ci autodistruggiamo.

Ci dice l’apostolo Paolo: “Ma Dio, ricco di misericordia, per il grande amore con il quale ci ha amato, da morti che eravamo per le colpe, ci ha fatto rivivere con Cristo: per grazia siete salvati. Con lui ci ha anche risuscitato e ci ha fatto sedere nei cieli, in Cristo Gesù, per mostrare nei secoli futuri la straordinaria ricchezza della sua grazia mediante la sua bontà verso di noi in Cristo Gesù” (Ef 2,4-7).

Questa opera di misericordia con la quale Dio ci ha fatti rivivere nel suo Figlio, questo mistero di riconciliazione che è anche mistero di risurrezione, ha un prezzo e un prezzo altissimo, un prezzo che non è pagato da noi ma da Gesù Cristo; e Paolo non ha paura di usare categorie economiche per descrivere la redenzione, perché redenzione significa proprio ricomperare o riscattare qualcosa o qualcuno.

  1. Paolo usa parole molto forti e arriva a dire che noi eravamo senza speranza e senza Dio, cioè senza futuro e senza possibilità di vita autentica.

E allora ecco l’intervento di Dio per mezzo del suo Figlio, ed ecco il prezzo della nostra riconciliazione: “Ora invece, in Cristo Gesù, voi che un tempo eravate lontani, siete diventati vicini, grazie al sangue di Cristo. Egli infatti è la nostra pace, colui che di due ha fatto una cosa sola, abbattendo il muro di separazione che li divideva, cioè l’inimicizia, per mezzo della sua carne. Così egli ha abolito la Legge, fatta di prescrizioni e di decreti, per creare in se stesso, dei due, un solo uomo nuovo, facendo la pace, e per riconciliare tutti e due con Dio in un solo corpo, per mezzo della croce, eliminando in se stesso l’inimicizia. Egli è venuto ad annunciare pace a voi che eravate lontani, e pace a coloro che erano vicini. Per mezzo di lui infatti possiamo presentarci, gli uni e gli altri, al Padre in un solo Spirito” (Ef 2,13-18).

  1. La riconciliazione è perciò avvenuta nel sangue di Cristo, cioè grazie al dono della sua vita ed è avvenuta per mezzo della croce cioè attraverso una morte capace di esprimere solidarietà e riscatto nei confronti degli schiavi, dei criminali e dei “maledetti” cioè nei confronti di coloro che sono stati ridotti a merce di scambio, di coloro che sono considerati socialmente irrecuperabili e di coloro che sono ritenuti irrimediabilmente lontani da Dio. La croce di Cristo manifesta cioè la possibilità di riscattare coloro che nessuno riscatterebbe. La croce di Cristo è perciò l’unica forma di amore realmente inclusivo, perché accoglie anche coloro che sono scartati e ritenuti indegni perfino di vivere.

La riconciliazione non ha solo l’effetto di un recupero della propria dignità personale ma diventa riconciliazione con Dio e riconciliazione interpersonale. Quella rottura delle relazioni fondamentali che – lo abbiamo visto ieri – è stata causata dal peccato dell’umanità delle origini, viene risanata dal dono di sé del Cristo, fatto con infinito amore. È la morte di Cristo in Croce, il suo donarsi con l’amore più inclusivo che ci sia l’unica realtà capace di vincere quella che ieri abbiamo chiamato la tragica banalità del male.

  1. L’esito di questa riconciliazione è la pace: pace che coincide con la persona di Cristo, pace che raggiunge la coscienza della persona, pace che porta al superamento delle barriere e dei muri etnici e culturali per farci fare l’esperienza meravigliosa di “non essere più stranieri né ospiti, ma concittadini dei santi e familiari di Dio, edificati sopra il fondamento degli apostoli e dei profeti, avendo come pietra d’angolo lo stesso Cristo Gesù” (Ef 2,19-20).

In un contesto così pieno di contraddizioni culturali, conflitti etnici e guerre religiose com’è la Terra Santa, vi confesso che questa è in realtà l’esperienza che posso fare ogni volta che vado a celebrare a Giaffa, vicino a Tel Aviv, e mi ritrovo in chiesa fedeli di lingua araba ed ebraica, filippini, indiani, africani, fedeli dell’Europa dell’Est e dell’America Latina: un insieme di persone appartenenti a popoli e culture diverse e che parlano lingue diverse ma che trovano la propria unità nel Cristo e che sanno di poter stare insieme perché Cristo ha dato la vita per tutti e per ciascuno singolarmente, pagando il “caro prezzo” di questa riconciliazione che ci fa “concittadini dei santi e familiari di Dio” anche quando siamo lavoratori stranieri, anche quando siamo rifugiati o immigrati clandestini.

  1. San Francesco, nella lettera che scrive a tutti i cristiani (in realtà “a tutti gli abitanti del mondo intero”), evidenzia che questo è il fine e il senso del mistero dell’incarnazione del Figlio di Dio: «L'altissimo Padre celeste, per mezzo del santo suo angelo Gabriele, annunciò questo Verbo del Padre, così degno, così santo e glorioso, nel grembo della santa e gloriosa Vergine Maria, e dal grembo di lei ricevette la vera carne della nostra umanità e fragilità. Lui, che era ricco sopra ogni altra cosa, volle scegliere in questo mondo, insieme alla beatissima Vergine, sua madre, la povertà. E, prossimo alla passione, celebrò la pasqua con i suoi discepoli, e prendendo il pane, rese grazie, lo benedisse e lo spezzò dicendo: “Prendete e mangiate, questo è il mio corpo”. E prendendo il calice disse: “Questo è il mio sangue della nuova alleanza, che per voi e per molti sarà sparso in remissione dei peccati”. Poi pregò il Padre dicendo: “Padre, se è possibile, passi da me questo calice”. E il suo sudore divenne simile a gocce di sangue che scorre per terra. Depose tuttavia la sua volontà nella volontà del Padre dicendo: “Padre, sia fatta la tua volontà; non come voglio io, ma come vuoi tu”. E la volontà del Padre suo fu questa, che il suo figlio benedetto e glorioso, che egli ci ha donato ed è nato per noi, offrisse se stesso, mediante il proprio sangue, come sacrificio e vittima sull'altare della croce, non per sé, poiché per mezzo di lui sono state create tutte le cose, ma in espiazione dei nostri peccati, lasciando a noi l'esempio perché ne seguiamo le orme (1Pt 2,21). E vuole che tutti siamo salvi per mezzo di lui e che lo riceviamo con cuore puro e col nostro corpo casto” (2Lfed 4-14: FF 181-184).
  1. Gesù è il Figlio che ci è donato dal Padre attraverso Maria, venuto a prendere su di sé la carne della nostra umana fragilità. Gesù è donato dal Padre per noi. Gesù si dona nell’Eucaristia e sulla croce proprio per la nostra redenzione e riconciliazione. E Maria è presente e cooperante a questo dono: nell’incarnazione, nella partecipazione alla scelta di vita del suo Figlio, nel compimento della riconciliazione “a caro prezzo” che è la morte di Gesù in croce.

Consapevole di questo, Francesco d’Assisi, non si limita a ricordare ciò che Dio ha fatto, ma loda e ringrazia: “A colui che tanto patì per noi, che tanti beni ha elargito e ci elargirà in futuro, a Dio, ogni creatura che è nei cieli, sulla terra, nel mare e negli abissi, renda lode, gloria, onore e benedizione, poiché egli è la nostra virtù e la nostra fortezza, lui che solo è buono, solo altissimo, solo onnipotente, ammirabile, glorioso e solo è santo, degno di lode e benedetto per gli infiniti secoli dei secoli. Amen” (2 Lfed 61-62: FF 202).

  1. Nel prepararci a vivere la festa del perdono anche noi dobbiamo tenere fisso davanti agli occhi il mistero del Cristo crocifisso e ricordare che il “caro prezzo” della nostra riconciliazione è il suo sangue versato per noi fino all’ultima goccia, è cioè la sua vita interamente donata per noi.

Da questa consapevolezza deriva necessariamente e anzitutto un sentimento di riconoscenza infinita e il desiderio di comprendere in forma empatica il sacrificio della croce. In quest’anno ottavo centenario del dono delle stimmate al Serafico Padre san Francesco dovremmo fare nostra la preghiera che lui faceva sul monte della Verna proprio la notte prima di ricevere l’apparizione del Cristo nel Serafino Crocifisso e di essere conformato a Lui: «O Signore mio Gesù Cristo, due grazie ti priego che tu mi faccia, innanzi che io muoia: la prima, che in vita mia io senta nell’anima e nel corpo mio, quanto è possibile, quel dolore che tu, dolce Gesù, sostenesti nella ora della tua acerbissima passione, la seconda si è ch’io senta nel cuore mio, quanto è possibile, quello eccessivo amore del quale tu, Figliuolo di Dio, eri acceso a sostenere volentieri tanta passione per noi peccatori» (Terza Considerazione sulle stimmate: FF 1919).

  1. Da questa consapevolezza deriva poi la disponibilità a metterci in gioco, da un punto di vista della vita e della testimonianza cristiana, sapendo che anche noi siamo chiamati a pagare un “caro prezzo” se vogliamo essere fedeli a Gesù. San Francesco otto secoli fa ricordava ai frati che noi non dobbiamo trattenere per noi nulla di noi stessi per poter essere accolti tutti e per intero da Colui che tutto a noi si dona (LOrd 29: FF 221). E lo stesso Dietrich Bonhoeffer, al quale dobbiamo lo spunto di questa sera ha pagato al “caro prezzo” della vita la sua fedeltà a Cristo, così come hanno fatto gli otto frati minori e i tre fratelli maroniti morti martiri a Damasco nel 1860 e che papa Francesco proclamerà santi il prossimo 20 ottobre.
  1. Da questa consapevolezza deriva anche il desiderio e l’impegno di vivere un cammino di continua e progressiva conversione, che vada a toccare tutti gli aspetti della nostra persona e tutti gli ambiti della nostra vita, ma che si manifesti soprattutto nella disponibilità a operare a nostra volta per la riconciliazione e il perdono; questo proprio per non banalizzare, con un modo superficiale di vivere la nostra vita cristiana la riconciliazione che ci è stata donata “a caro prezzo”.

Ma su questo rifletteremo domani.