At 7,55-60; Sal 96; Ap 22,12-14.16-17.20; Gv 17,20-26
1. Eccellenza, Console generale dell’Italia Fabio Sokolowicz, carissimi fratelli e sorelle presenti a questa celebrazione in occasione della Festa della Repubblica Italiana, il Signore vi dia Pace!
La celebrazione odierna è prima di tutto una celebrazione civile, nella quale il nostro Paese celebra la sua rinascita dopo i disastri del fascismo e della Seconda Guerra mondiale. È in qualche modo la celebrazione di un nuovo inizio, l’espressione di un desiderio di maggior partecipazione democratica, il tentativo di fare il salto di qualità da sudditi a cittadini, con eguale dignità, uguali opportunità e uguali diritti e doveri.
Per noi cristiani l’accompagnare questo tipo di ricorrenza con la preghiera ha un significato particolare. Come ci ricordano vari passi del Nuovo Testamento noi siamo chiamati a pregare per il bene dei nostri Paesi, e in modo speciale per coloro che li governano, perché cerchino il bene comune, promuovano la pace, garantiscano la libertà religiosa, che è il nucleo della libertà di coscienza, cioè la radice di ogni altra libertà individuale.
2. Le letture di questa domenica ci offrono alcuni spunti sui quali fermarci a riflettere. Si tratta di spunti che hanno un significato particolare da un punto di vista cristiano, ma possono avere un significato anche da un punto di vista per così dire laico e civile. In particolare desidero evidenziare tre valori civili contenuti implicitamente nelle letture appena ascoltate: il valore della laicità, il valore della civitas e il valore dell’unità.
3. Anzitutto il valore della laicità. Di quella laicità sana e positiva che spesso era stata messa in luce da papa Benedetto XVI durante il suo pontificato. La narrazione della lapidazione di Stefano, contenuta nel racconto degli Atti degli Apostoli, ci riporta – per contrasto – al valore della laicità, quella laicità evangelica in cui si distingue il dare a Cesare e il dare a Dio, a ciascuno il suo. Una realtà in cui non c’è distinzione tra autorità religiosa e autorità civile produce aberrazioni. Ancora oggi in molti Paesi persone vengono messe a morte, o subiscono processi, restrizioni e pene sulla base di norme religiose trasformate in norme penali! Ma anche dove l’autorità civile è concepita in modo esclusivo ed assoluto, senza alcun spazio per quel richiamo alla libertà di coscienza che l’autentica religiosità presuppone, anche lì si producono aberrazioni. La nascita della Repubblica fu anche una reazione a questo tipo di aberrazione.
Di recente, lo scorso 4 febbraio, papa Francesco e il Grande Iman di Al Azhar Ahamad al Tayyeb, ispirandosi all’incontro avvenuto otto secoli fa tra san Francesco e il Sultano al Malek al Kamel, hanno sottoscritto una dichiarazione comune sulla collaborazione e la fratellanza tra cristiani e musulmani. In quella dichiarazione si sottoscrive il rifiuto di ogni violenza fatta in nome di Dio e il pieno diritto di cittadinanza per le persone, indipendentemente dalla loro religione di appartenenza. Sul piano civile, a questa dichiarazione dovrebbe corrispondere l’attuazione piena della libertà religiosa e il rispetto autentico della libertà di coscienza delle persone. Tutto questo è possibile solo dove c’è una laicità sana e positiva, che è l’opposto di ogni forma di laicismo antireligioso ma anche di ogni forma di integralismo religioso.
4. Il secondo valore che desidero evidenziare è il valore della civitas e lo riprendo da una bella immagine che si trova nel brano dell’Apocalisse. Negli ultimi capitoli dell’Apocalisse viene presentata la Gerusalemme celeste come Città del Cielo, cioè come il luogo in cui l’umanità, proiettata ormai nel compimento della storia, sperimenta la comunione piena, tra le persone e con Dio. In qualche modo questa immagine della Città del Cielo, la Civitas Dei, diventa ispiratrice anche di un nuovo modello di convivenza umana. Nel brano di oggi vien detto che le persone entrano in questa città, in un altro passo viene presentata come una Città che ha le porte sempre aperte, altrove ancora come luogo di comunione tra gente di ogni tribù, razza, lingua, popolo e nazione. E altrove viene presentata come una sposa da amare. Il senso civico, cioè il senso della civitas, della città, come modello di convivenza è quanto mai necessario, ed è il presupposto di un altro valore che dalla civitas deriva, il valore della civiltà. Quanto è importante evidenziare e recuperare questo valore anche oggi. Il valore di una città e di una civiltà che ha le porte aperte e in cui – ovviamente a certe condizioni – si può entrare. Quanto è importante il valore di una civitas in cui si possono incontrare uomini e donne di ogni lingua, di ogni etnia e di ogni religione. Quanto è importante una civitas in cui è possibile far esperienza profonda di comunione tra le persone e al tempo stesso con Dio. E quanto è importante amare la propria civitas, la propria città, la propria patria e la propria cultura.
5. Il terzo valore che sottolineo è quello dell’unità. Tutto il capitolo 17 del Vangelo secondo Giovanni è una lunga preghiera che Gesù rivolge al Padre perché ci sia unità tra i suoi discepoli a partire dall’unità che c’è tra il Padre e il Figlio. È la preghiera alla quale facciamo riferimento quando ci impegniamo, ad esempio, nel cammino ecumenico per l’unità dei cristiani.
Eppure l’unità è un valore anche laico e civile. È il valore di chi scopre che le differenze hanno da essere ricondotte a comunione attraverso il dialogo. È ciò che successe al nostro Paese nel primo dopoguerra, quando culture molto distanti tra loro (quella cattolica, quella marxista e quella liberale) riuscirono a dialogare, a trovare punti di convergenza, a condividere un’identità attraverso la elaborazione di una Costituzione ampiamente partecipata.
Se l’unità religiosa è data dall’efficace preghiera del Figlio al Padre e dalla misteriosa azione dello Spirito Santo, l’unità civile è data dalla condivisione di una serie di valori e di regole comuni. E dentro questo quadro di valori e regole comuni brillano i valori del bene comune e della solidarietà, che per essere attuati richiedono una forma di ascesi, quella in cui impariamo a tenere a freno gli interessi e gli egoismi tanto individuali come di gruppo, di corporazione, di partito.
Per noi credenti la preghiera di Gesù per l’unità tra i suoi è di grande consolazione. Credo che anche chi si professa distante da una prospettiva religiosa della vita dovrebbe comunque esprimere una preghiera laica per l’unità, e impegnarsi perché il valore dell’unità ritorni a germogliare nella coscienza della nostra gente comune, ma anche nella coscienza di chi opera nella comunicazione e di chi fa politica.
6. Preghiamo per l’Italia. Chiediamo l’intercessione di san Francesco, “il più santo degli italiani e il più italiano dei santi”, come fu definito all’atto di proclamarlo Patrono d’Italia. Egli fu uomo di dialogo e di riconciliazione. Credette possibile ciò che i suoi contemporanei credevano sogno. Dimostrò con l’esempio che è possibile incontrare disarmati il lupo, il brigante, il sultano musulmano.
Che san Francesco ottenga per noi una rinnovata comprensione della laicità, un rinnovato amore per la civitas e i suoi valori, un rinnovato impegno per l’unità.