Io sono la risurrezione e la vita | Custodia Terrae Sanctae

Io sono la risurrezione e la vita

Omelia Messa di esequie Shibly Abu Sada

Ez 37,12-14; Salmo 129 (130); Gv 11,1-45 (cfr TQA05D)

Beatitudine, carissimi familiari del nostro fratello Shibly, carissime sorelle e carissimi fratelli,

il Signore vi dia pace!

1. Siamo riuniti insieme per accompagnare il nostro fratello Shibly nel suo ultimo tratto di pellegrinaggio terreno e per esprimere la nostra vicinanza alla moglie Ruby e alla sorella, ai figli, alle nuore e ai nipoti, e a tutti i suoi familiari.

Shibly è stato per tutti noi un dono del Signore e una persona speciale. Ha saputo vivere con fede e con riconoscenza tutta la sua vita. Ognuno di noi potrebbe ricordare e raccontare momenti in cui ha ricevuto da lui una parola buona, un aiuto, un incoraggiamento. Io stesso, se questa sera posso celebrare per lui, è perché lui mi ha insegnato a celebrare la Messa in arabo. Mentre mi accompagnava da un posto all’altro io cercavo di leggere le parti della Messa e lui con pazienza mi correggeva la pronuncia.

2. Poco fa abbiamo ascoltato insieme un brano molto bello, che ci parla della risurrezione di Lazzaro, l’amico del Signore. È un brano ambientato a Betania.

Leggendo questo brano scopriamo tante cose:

- scopriamo la nostra fragilità di fronte alla morte delle persone che amiamo,

- scopriamo che Gesù è più forte della morte,

- scopriamo che per Gesù noi siamo amici e che lui vuole per noi la pienezza della vita.

Di fronte alla morte di una persona cara abbiamo anche noi le stesse reazioni di Marta, e diciamo a Gesù: “Se tu fossi stato qui mio fratello non sarebbe morto”. Ripetiamo a noi stessi che non è giusto che muoia una persona buona che ha sempre vissuto fidandosi di Dio e facendo il bene.

Qualche altra volta abbiamo la reazione di Maria, e riusciamo solo a piangere, perché percepiamo solo il dolore per la perdita del fratello, vediamo nella morte solo ciò che ci è stato tolto.

3. Il vangelo ci dice però che è necessario fissare il nostro sguardo su Gesù ed è bene che riascoltiamo la sua parola, che guardiamo la morte dal suo punto di vista. Sono straordinariamente forti le parole di Gesù e, se riusciamo ad ascoltarle veramente, ci tolgono dal cuore ogni paura e mettono in noi una grande fiducia e una grande pace: «Io sono la risurrezione e la vita; chi crede in me, anche se muore, vivrà; chiunque vive e crede in me, non morirà in eterno» e Gesù conclude poi con una domanda che rivolge a Marta ma rivolge anche a ognuno di noi: «Credi tu questo?»

Gesù è la risurrezione e la vita; e nel momento in cui lo accogliamo, la morte non ha più potere su di noi perché entriamo con Lui nella vita stessa di Dio. Credere vuol dire accogliere Gesù e lasciarci accogliere da Lui. Se crediamo in Lui siamo vivi per sempre, siamo vivi in Dio.

4. Per Gesù, come Lazzaro, anche noi siamo amici e gli stiamo a cuore. Per la nostra morte Gesù si commuove e piange. Per Gesù il momento della nostra morte può però diventare il momento in cui si manifesta la gloria di Dio, la potenza luminosa del suo amore, il suo essere la nostra vita e risurrezione.

5. Il nostro fratello Shibly ha vissuto tutta la sua vita sempre dentro questa amicizia con Gesù ed è stato un dono grande per tutti noi che siamo qui: per i suoi familiari, per noi frati della Custodia, per tutte le persone che lo hanno conosciuto.

Adesso, per Shibly, è terminato il pellegrinaggio terreno e lui è arrivato alla meta. Con il suo vestito da kawas adesso accompagna il Signore nella luce della Gerusalemme celeste. Adesso può godere della comunione con Dio, della vicinanza della Madonna, di san Francesco e di tutti i santi.

Adesso può gioire in cielo insieme ai suoi cari, può ritrovare fra Sante che per lui è stato un secondo padre, può intercedere per la sua famiglia e anche per noi frati della Custodia, e può chiedere al Signore, per la Terra Santa, il dono della pace. Così sia.