Festa della Visitazione

La profezia del Magnificat

Festa della Visitazione

Sof 3, 14-18; Is 12, 2-3.4bcd. 5-6; Rm 12,9-16; Lc 1, 39-56

Carissime sorelle, carissimi fratelli,

il Signore vi dia pace!

Siamo saliti fino alla casa di Elisabetta, qui ad Ain Karem, come Maria, per poter cantare assieme a lei il Magnificat, il canto di lode a Dio per le grandi opere che ha compiuto in lei, per le grandi opere che ha compiuto nella storia e anche per le grandi opere che desidera compiere in noi.

Con Maria, ancora una volta e come ai vespri di ogni giorno, cantiamo il Magnificat per poter guardare alla storia in cui viviamo con la speranza che Dio capovolga le situazioni di ingiustizia, di arroganza e di morte. Cantiamo questo cantico profetico nella certezza che Dio continua spiegare la potenza del suo braccio per manifestare la sua misericordia, ma anche per disperdere i superbi che pensano di avere un potere senza condizioni, senza restrizioni e senza doverne rispondere a nessuno. Dio continua a rovesciare i potenti dai troni e a innalzare gli umili, anche ai nostri giorni. Dio continua ad agire dentro la storia dell’umanità e continua a stare dalla parte di quelli che sono oppressi, dalla parte di quelli che sono considerati perdenti, dalla parte di coloro che vengono scartati e calpestati.

Per poter cantare con Maria occorre però che abbiamo accolto in noi con fede la Parola di Dio e occorre che abbiamo lasciato agire in noi lo Spirito del Signore. Maria, ce lo ricorda Elisabetta, è colei che è beata perché ha creduto che la Parola di Dio si poteva realizzare in lei. Maria è colei che davanti all’annuncio dell’angelo e davanti al segno dell’anziana cugina incinta ha saputo credere che nulla è impossibile a Dio. Detto in una frase: Maria ha compiuto un atto di fede perfetto, abbandonandosi con tutta se stessa alla volontà di Dio, in modo assolutamente libero, volontario e personale.

 

I nostri atti di fede sono invece così spesso fragili e incerti. Recitiamo come una frase fatta e imparata a memoria che nulla è impossibile a Dio, ma non lo crediamo realmente. Diciamo che vogliamo che la Parola di Dio si realizzi, ma mettiamo mille condizioni a Dio quando ci chiede qualcosa di personale, di impegnativo, che richiede conversione.

Eppure, per poter vedere nel presente impregnato di violenza, di morte e di ingiustizia il futuro di Dio che capovolge tutto questo, abbiamo bisogno anche noi di riuscire a fare un atto di fede personale e pieno come Maria. Magari non riusciremo a farlo perfetto come lei, ma chiediamo proprio a lei di sostenere la nostra fede.

Per poter intravedere il capovolgimento della storia che Dio sta operando e che Maria intuisce, e che la porta a danzare e cantare occorre aver preso coscienza che siamo piccoli, e proprio per questo siamo oggetto dell’amore di Dio, che siamo limitati e proprio per questo siamo oggetto della misericordia di Dio, che siamo bisognosi e proprio per questo Dio ci riempie non tanto di beni, ma di quel bene unico e assoluto che è Lui stesso.

Entrare nel modo di pensare di Dio vuol dire però anche cambiare il nostro modo di agire. La giovane Maria, alla sua prima gravidanza e con tutti i problemi che quella gravidanza le avrebbe potuto causare, non è preoccupata per se stessa, ma si preoccupa per l’anziana cugina, lei pure incinta e bisognosa di aiuto. Colei che porta nel proprio grembo il Salvatore non si preoccupa di sé, ma di chi ha bisogno di lei.

Quel Salvatore che lei porta in grembo non è che poche cellule organiche, l’inizio di una persona umana, eppure in lu

i già “abita corporalmente Dio in tutta la sua pienezza” (cfr. Col 2,9). Quel Salvatore che si avvicina è percepito già anche dal bimbo che Elisabetta porta in grembo, il futuro precursore, Giovanni Battista, che comincia a scalciare di gioia nel grembo materno e fa esultare anche l’anziana madre.

 

Questa mattina, qui al santuario della Visitazione, chiediamo perciò due grazie per ciascuno di noi e una per il mondo in cui ci troviamo a vivere.

Chiediamo, anzitutto, per noi la grazia di saperci fidare di Dio, la grazia di credere che nulla è impossibile a Lui e che la sua Parola si può realmente realizzare nella nostra persona, nella nostra storia e nella nostra vita. Questa fiducia ci renderà capaci di perseverare nella vocazione e di fare nella vita quello che Dio ci chiede, indipendentemente dalle situazioni facili o difficili in cui ci troveremo.

Chiediamo, in secondo luogo, la grazia di essere capaci, come Maria, di dimenticare noi stessi e i nostri bisogni per accorgerci invece degli altri e dei loro bisogni. Tante volte le nostre giornate sono tristi perché siamo troppo preoccupati per noi stessi, e vediamo solo ciò che ci manca, e ci lamentiamo. Mentre se apriamo gli occhi sui bisogni di chi ci sta accanto allora scopriamo che abbiamo una ricchezza da condividere e donare. Maria ci insegna che questa ricchezza si chiama Gesù.

Chiediamo, infine, la grazia di poter anche noi vedere la storia che cambia. Al presente vediamo violenza, guerra, sopraffazione. La vediamo qui e la vediamo in tanti, troppi, paesi del mondo. Ma crediamo fermamente che quel bambino che Maria portava in grembo mentre qui incontrava Elisabetta ha già cambiato il senso della storia, ha già definitivamente dichiarato perdenti i violenti e sconfitto i prepotenti, i superbi, quelli che contano sul potere economico, politico e militare per imporsi sui piccoli, sui poveri e sugli indifesi.

E anche noi con Maria esultiamo e cantiamo: l’anima mia magnifica il Signore e il mio spirito esulta in Dio, mio salvatore.