Sap 7,7-14; dal Sal 39; Ef 4,7.11-15; Mc 16,15-20
Carissime sorelle, carissimi fratelli,
Il Signore vi dia Pace!
1. Oggi siamo riuniti insieme a celebrare la festa di sant’Antonio di Padova, patrono della Custodia di Terra Santa. Con la sua vita santa ci ricorda che è possibile vivere il Vangelo e con la sua intercessione ci aiuta a vivere la nostra vocazione.
2. Per non ripetere quello che ho già detto un anno fa, della vita di Antonio richiamo solo la sua nascita da una famiglia nobile del Portogallo il 15 agosto del 1195 e la sua morte a Padova il 13 giugno del 1231, a soli 36 anni.
Sappiamo che il suo nome di battesimo è Fernando, sappiamo che entra tra i monaci agostiniani e poi chiede di diventare francescano perché colpito dalla testimonianza dei primi cinque frati martiri.
Desidero però portare la nostra attenzione su un particolare emerso da uno studio medico fatto sulle ossa di s. Antonio e pubblicato nel 1995 dal nostro confratello fr. Maurizio Faggioni, in occasione dell’ottavo centenario della nascita del Santo. Il particolare è questo: la struttura ossea di sant’Antonio e specialmente ciò che resta delle sue ginocchia, presenta delle calcificazioni che sono tipiche di un uomo che ha sottoposto questa parte del corpo a un lungo e continuato sforzo (M. Faggioni, Antonio di Padova uomo e malato, In: Studi francescani vol. 92/1995 p. 345-376).
Vorrei perciò intitolare questa nostra riflessione: le ginocchia di Sant’Antonio ed evidenziare tre aspetti di queste sante ginocchia:
- sono le ginocchia di un uomo di Dio che ha trascorso molto tempo in preghiera e contemplazione;
- sono le ginocchia di un predicatore che ha percorso migliaia di chilometri per annunciare il Vangelo;
- sono le ginocchia di un santo che ha saputo chinarsi davanti ai piccoli e ai poveri per servirli.
3. Antonio è stato prima di tutto un grande cercatore di Dio, un uomo assetato dell’incontro con il Signore. La sua stessa biografia lo testimonia: dopo essere entrato in Monastero tra gli agostiniani a Lisbona chiede di essere trasferito in un luogo più ritirato come Coimbra. E dopo essere passato ai francescani trascorre un lungo tempo a Montepaolo, vicino a Forlì, in un piccolo eremo. E anche negli ultimi giorni della sua vita si fa costruire una casetta su un albero di noce a Camposampiero per poter pregare in pace. Le ginocchia di Antonio ci ricordano che è stato prima di tutto un uomo di preghiera, un uomo in ricerca di Dio e in ascolto della sua Parola.
Dai suoi Sermoni comprendiamo che il valore di questo mettersi in ginocchio in preghiera sta nel cercare di sintonizzare la nostra volontà sulla volontà del Padre, sull’esempio di Gesù. Nel Sermone del Giovedì Santo Antonio ricorda: “celebrato quel ricco e raffinato banchetto, dopo aver cantato l'inno, (Gesù) esce con i suoi discepoli verso il monte degli Ulivi; passa senza dormire tutta questa notte, preoccupato di compiere l'opera della nostra salvezza; si allontana dagli apostoli, incomincia ad essere triste fino alla morte, piega le ginocchia davanti al Padre, domanda che, se è possibile, passi da lui quest'ora, ma sottomette la sua volontà a quella del Padre” (Sermone del Giovedì Santo, n. 8). Piegare le ginocchia in preghiera è necessario anche per noi, se vogliamo riuscire a sintonizzare la nostra volontà sulla lunghezza d’onda della volontà del Padre.
4. Le ginocchia di Antonio sono poi le ginocchia di uno che ha camminato in modo instancabile per annunciare la Parola di Dio. In soli sei anni ha percorso migliaia di chilometri per vivere quel mandato missionario affidato da Gesù agli Apostoli nel vangelo che abbiamo ascoltato poco fa: “Andate in tutto il mondo e proclamate il vangelo a ogni creatura” (Mc 16,15). E Antonio ci insegna cosa significa annunciare il vangelo in modo autentico. Parlando del predicatore Antonio lo paragona a un arciere “Il suo arco è la predicazione; e come nell'arco ci sono due elementi, il legno e la corda, così nella predicazione ci deve essere il legno dell'Antico Testamento e la corda del Nuovo” e aggiunge: “L'arco si rinforza nella mano, quando la predicazione è avvalorata dalle opere” e infine ricorda che: “questo arco deve appoggiarsi al Forte, e non al debole, non sul predicatore ma su Cristo, per attribuire tutto a lui, senza del quale non può fare nulla di buono” (Sermoni, III di Quaresima, n. 7). Consumare le ginocchia nell’annuncio del Vangelo esige da parte nostra la coerenza della vita ed esige che ci appoggiamo su Gesù, non su noi stessi e che mettiamo al centro Lui, non la nostra persona.
5. Le ginocchia di Antonio sono infine quelle di un santo che si è chinato per servire il piccolo e il povero. Fino a pochi giorni prima della sua morte Antonio si è battuto per i poveri.
Pochi mesi prima della morte di Antonio, il podestà di Padova Stefano Badoer, il 15 marzo 1231, modificò la legge sui debiti: «su istanza del venerabile fratello il beato Antonio, confessore dell'Ordine dei Frati Minori» e stabilì che il debitore insolvente senza colpa, non venisse più imprigionato né esiliato.
E ancora una volta Antonio ha attinto dall’esempio di Gesù questa capacità di inginocchiarsi a servire. Nel Sermone del Giovedì Santo egli legge in parallelo il gesto di Abramo che lava i piedi ai suoi ospiti e il gesto di Gesù che lava i piedi ai discepoli: “Ciò che Abramo fece ai tre messaggeri, Cristo lo fece ai santi apostoli, messaggeri della verità, che avrebbero predicato in tutto il mondo la fede nella Trinità; si inchinò ai loro piedi come un servo e, così piegato, lavò loro i piedi. O inconcepibile umiltà! O indicibile degnazione! Colui che nei cieli è adorato dagli angeli, si piega ai piedi dei pescatori; quel capo che fa tremare gli angeli si piega sotto i piedi dei poveri. Per questo Pietro si spaventò e disse: «Non mi laverai i piedi in eterno!» (Gv 13,8), cioè mai. Preso dallo spavento, non poté tollerare che un Dio si umiliasse ai suoi piedi” (Sermone del Giovedì Santo, n. 2). Piegare le ginocchia per servire non è un gesto umiliante, è invece un gesto divinamente umile!
6. Chiediamo anche noi, per intercessione di sant’Antonio nostro Patrono di poterci presentare un giorno davanti al Signore con le ginocchia consumate per il tempo trascorso in preghiera, per il cammino percorso per annunciare la Parola di Dio e per esserci inginocchiati a soccorrere i piccoli e i poveri. Così sia.
Fr. Francesco Patton ofm
Custode di Terra Santa
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The knees of Anthony
Wis 7,7-14; from Ps 39; Ef 4,7.11-15; Mk 16,15-20
Dear sisters and brothers,
The Lord give you Peace!
1. Today we are gathered in assembly to celebrate the feast of Saint Anthony of Padua, patron saint of the Custody of the Holy Land. With his holy life Anthony reminds us that it is possible to live the Gospel and with his intercession he helps us to live our vocation.
2. In order not to repeat what I have already stated a year ago, from the life of Saint Anthony I will only recall his birth from a noble family of Portugal on 15 August 1195 and his death at Padua on 13 June 1231, when he was only 36 years old.
We know that his baptismal name was Fernando, that he entered among the Augustinian monks and then he requested to become a Franciscan after having been touched by the witness of the first Franciscan friars who were martyred.
I would, however, like to draw our attention to a detail that emerged during a medical test on the bones of Saint Anthony, and which was published in 1995 by our brother fr. Maurizio Faggioni, on the occasion of the eighth centenary of the birth of the Saint. The detail is the following: the bone structure of Saint Anthony and especially what remains of his knees, present a process of calcification that is typical in a man who has strained this part of his body continually for a long period of time (M. Faggioni, Antonio di Padova uomo e malato, In: Studi francescani vol. 92/1995 p. 345-376).
I would like to entitle our reflection: the knees of Saint Anthony and to evidence three aspects of these holy knees:
- They are the knees of a man of God who spent a lot of time in prayer and contemplation;
- They are the knees of a preacher who travelled thousands of kilometres in order to announce the Gospel;
- They are the knees of a saint who knew how to bow down in front of the little ones and the poor in order to serve them.
3. First of all Anthony has been a man who strongly searched for God, a man thirsty to meet his Lord. His same biography is witness to this fact: after having entered the Monastery among the Augustinians of Lisbon, he requested for permission to be transferred to a more secluded monastery like the one in Coimbra. After having transferred to the Franciscans, he spent a long time at Montepaolo, close to Forlì, living in a little hermitage. Even during the last days of his life he asked the brothers to build him a house on a chestnut tree at Camposampiero in order to be able to pray in peace. The knees of Anthonyremind us that he has been, first and foremost, a man of prayer, a man who was in search for God and who listened to his Word.
From his Sermons we understand that the value of this attitude of kneeling down in prayer consists in searching to tune our will with the will of the Farther, on the example of Jesus. In the Sermon of Holy Thursday, Anthony reminds us: “After having celebrated that rich and refined banquet, and after having sung the hymn, (Jesus) goes out with his disciples towards the Mount of Olives; he passes the entire night without sleeping, preoccupied to carry out the work of our salvation; he moves some distance away from the apostles and begins to feel sadness unto death, he bends his knees in front of the Father and asks that, if it be possible, that hour might pass him by, but at the same time he places his will in the will of the Father” (Sermon of Holy Thursday, n. 8). To bend one’s knees in prayer is a necessity also for us, if we want to succeed in tuning our will with the same wavelength of the will of the Father.
4. The knees of Anthony are also the knees of one who walked tirelessly in order to proclaim the Word of God. In only six years he travelled thousands of kilometres in order to live this missionary commitment that Jesus entrusted to his Apostles in the Gospel which we have heard just a few moments ago: “Go in all the world and proclaim the Gospel to all creatures” (Mk 16,15). Anthony teaches us what it means to proclaim the Gospel in an authentic way. When he speaks of the preacher Anthony compares him to an archer: “His bow is preaching; it is like in the bow which has two elements, the wood and the chord. In the same way in preaching there must be the wood of the Old Testament and the chord of the New”. Then he adds: “The bow is reinforced in the hand, when preaching gains its value through good works” and lastly he reminds us that: “this bow should be sustained by Him who is Strong, and not by the weak, that is, it should not be sustained by the preacher himself, but by Christ, in order to attribute all goodness to him, since without him we cannot do any good” (Sermons, III Sunday of Lent, n. 7). To consume one’s knees in the proclaiming of the Gospel asks on our part a coherence of life and also demands that we lean upon Christ, and not on ourselves, and that we place Him at the centre, and not our own person.
5. The knees of Anthony are finally those of a saint who bowed down to serve the little ones and the poor. Until the final days before his death Anthony battled in favour of the poor. On 15 March 1231, just some months before Anthony died, the mayor of Padua Stefano Badoer modified the law regarding debts: “upon the insistence of the venerable brother the blessed Anthony, confessor of the Order of Friars Minor”, and established that the insolvent debtor who was not guilty could not be imprisoned or exiled. Once again Anthony drew from the example of Jesus this ability to kneel down and serve. In the Sermon of Holy Thursday he makes a parallel reading of the gesture of Abraham who washes the feet of his guests and that of Jesus who washes the feet of his disciples: “What Abraham did to the three messengers. Christ also did to his holy apostles, messengers of truth, who were to preach in all the world the faith in the Trinity; he bowed down upon their feet like a servant, and in this way, he washed their feet. O such great lowliness! The one who is adored by the angels in heaven, bows down in front of the feet of fishermen; that head which makes the angels tremble bows down under the feet of the poor. For this reason Peter was afraid and said: ‘You will never wash my feet!’ (Jn 13,8). He was so taken up by fear that he could not tolerate that God would humble himself and bow down before his feet” (Sermon of Holy Thursday, n. 2). To bend our knees to serve is not a humiliating experience, but instead it is a divinely humble gesture!
6. Let us ask, through the intercession of Saint Anthony our Patron, that we may be able to present ourselves one day in front of the Lord with our knees consumed by the time we spent in prayer, by the journeys we undertook to proclaim the Word of God, and by our bowing down to help the little ones and the poor. Amen.
Fr. Francesco Patton ofm
Custos of the Holy Land