Sangue dell’alleanza e del perdono | Custodia Terrae Sanctae

Sangue dell’alleanza e del perdono

Preziosissimo Sangue

Es 12,21-27; Sal 115 (116); Ap 7,9-14; Lc 22,39-44

 

Carissime sorelle, carissimi fratelli,

il Signore vi dia pace! 

Nella celebrazione eucaristica, quando arriviamo al momento della consacrazione, dopo aver invocato la trasformazione del pane nel corpo di Cristo, invochiamo la trasformazione del vino nel suo sangue. La formula che usiamo mette insieme la tradizione celebrativa che ci è giunta attraverso l’apostolo Paolo nella “Prima Lettera ai Corinzi” e l’evangelista Luca e quella che ci è giunta attraverso gli evangelisti Marco e Matteo.  

Queste sono le parole che utilizziamo: “Accipite et bibite ex eo omnes: hic est enim calix sanguinis mei novi et aeterni testamenti, qui pro vobis et pro multis effundetur in remissionem peccatorum. Hoc facite in meam commemorationem”. 

Tradotte alla lettera queste parole significano: “Prendete, e bevetene tutti: questo è infatti il calice del mio Sangue, della nuova ed eterna alleanza, che sarà versato per voi e per le moltitudini, in remissione dei peccati. Fate questo in memoria di me”. 

 

Nell’omelia non voglio fermarmi su troppi dettagli linguistici, anche se ogni tanto non è male riflettere a fondo sulle parole che usiamo ed è bene evitare di usare e comprendere le parole in modo superficiale. In ogni modo desidero fermarmi solo su due aspetti che ci aiutano a riflettere sulla festa che celebriamo oggi, la festa del Preziosissimo Sangue di nostro Signore Gesù Cristo. Gli aspetti sui quali voglio soffermarmi sono quelli del sangue della nuova ed eterna alleanza e del sangue per il perdono dei peccati.

 

Anzitutto il Sangue della nuova ed eterna alleanza. Nel libro dell’Esodo (cfr. Es 24) troviamo il racconto dell’alleanza ed è un racconto molto interessante, anche abbastanza complesso. A noi ora interessa la descrizione del rito dell’alleanza. Mosè ha ricevuto da Dio, sul Monte, la Sua Parola, la sua proposta di impegno, e la propone a sua volta al popolo d’Israele che è appena stato liberato dalla schiavitù. Il popolo si dichiara disposto a fare quanto il Signore propone e chiede. Questo impegno è necessario per continuare a rimanere liberi ed è più importante della stessa terra che Dio promette di donare al suo popolo.

Il rito dell’alleanza prevede un sacrificio di comunione e poi il sangue degli animali sacrificati viene sparso in parte sull’altare che rappresenta la presenza di Dio e in parte sul popolo. Nel rito dell’alleanza si esprime così il fatto che Dio e il popolo eletto diventano consanguinei. Dio si impegna ad accompagnare il popolo, il popolo si impegna a fare ciò che Dio ha chiesto. L’alleanza è in qualche modo un superamento del peccato di Adamo, che era stato un peccato di non ascolto e di disobbedienza, che anziché portare a una maggiore libertà aveva portato semplicemente all’esperienza della fragilità, della violenza e della morte. 

 

Nell’alleanza con il suo popolo Dio dà all’umanità una nuova possibilità. Questa alleanza verrà trasgredita subito dopo essere stata stipulata, e infatti in assenza di Mosè il popolo si farà il vitello d’oro e Mosè dovrà di nuovo salire sul monte, intercedere, e stipulare una nuova alleanza, basata sulle Dieci Parole riscritte dal dito di Dio sulla pietra.

I profeti ci dicono che anche questa nuova possibilità è andata a finire male. Geremia ed Ezechiele riconosceranno che anche questo nuovo tentativo è fallito, perché anche questa volta è venuta meno la corrispondenza al patto da parte della componente umana.  

 

E allora Dio promette un’alleanza nuova ed eterna (Isaia 55,3; 61,8; Geremia 31,31; 32,40; 50,5 ed Ezechiele 16,60; 37,26), qualitativamente nuova, un’alleanza nella quale la parola di Dio sarà scritta nel cuore degli uomini e non più su tavole di pietra, un’alleanza che il popolo di Dio saprà vivere perché Dio donerà il suo stesso Spirito e con lo Spirito donerà anche un cuore nuovo (Ez 11,19; 18,31; 36,26). 

Nell’ultima cena Gesù, proprio quando offre la coppa del vino ai suoi discepoli dice loro: “Questo è il calice dell’alleanza nuova ed eterna nel mio sangue”. Gesù non fa un sacrificio di animali e non ci cosparge di sangue, ma usando il vino della cena pasquale dice: questo è il mio sangue, questa è la mia vita che dono a voi e per voi, prendete e bevetene tutti, ricevete tutti questo dono che è il dono della mia stessa vita perché voi possiate vivere veramente. Noi non veniamo aspersi dal sangue di animali morti dirà l’autore della Lettera agli Ebrei (10,4), ma riceviamo il sangue (cioè la vita) di Cristo, che si è offerto al Padre nella potenza di uno Spirito eterno, dello Spirito Santo. 

 

Questo sangue diventa perciò il sangue della nuova alleanza che ci fa consanguinei di Dio, perché “trasfonde” in noi il sangue di Gesù Cristo suo Figlio e la potenza del suo Spirito. Ma al tempo stesso questo sangue diventa anche il sangue della remissione dei peccati per le moltitudini, cioè per l’intera umanità, proprio perché è il sangue di Cristo che trasfonde in noi il suo stesso Spirito.

Ecco perché questo sangue è prezioso, anzi, come dice il titolo della festa “preziosissimo”. Nello stesso atto, Gesù Cristo ci rende suoi consanguinei, cioè figli dello stesso Padre nello Spirito e ci fa rivivere e ci risana interiormente, perché se in noi non c’è il sangue di Cristo vuol dire che non c’è la vita di Cristo. Se in noi non c’è il sangue (la vita) di Cristo è come se fossimo gente il cui sangue, cioè la cui vita, è mortalmente avvelenata dal peccato in tutte le forme che esso può assumere nella nostra esistenza. Il sangue di Cristo è la sua vita donata per amore e con infinito amore, ed è per questo che è in grado di risanare la nostra stessa vita nel momento in cui lo riceviamo. 

 

Chiediamo al Signore la grazia di riceverlo con fede, per diventare, come suggerisce san Paolo in uno dei suoi scritti, “concittadini dei santi e familiari di Dio” (Ef 2,19).

Chiediamo al Signore la grazia di riceverlo insieme, per poter diventare il popolo della nuova ed eterna alleanza. 

Chiediamo al Signore la grazia di riceverlo in modo risanante, perché produca riconciliazione con Dio, tra di noi, con l’intero creato. 

Chiediamo al Signore la grazia di riceverlo in modo trasformante, perché questo sangue che è vita donata ci guarisca da ogni peccato e ci renda capaci di amare in modo oblativo, cioè fino a donare a nostra volta la vita.