Seguire l’insegnamento e le orme del Signore nostro Gesù Cristo - Follow the teaching and in the footsteps of our Lord Jesus Christ | Custodia Terrae Sanctae

Seguire l’insegnamento e le orme del Signore nostro Gesù Cristo - Follow the teaching and in the footsteps of our Lord Jesus Christ

Transito del Serafico Padre san Francesco e rinnovo professioni - Transitus of our Seraphic Father and renewal of religious profession

  1. Carissime sorelle e carissimi fratelli, carissimi amici e amiche che ci seguite da casa attraverso il Christian Media Center, il Signore vi dia Pace!

Ci troviamo ancora una volta assieme a celebrare il transito del Serafico Padre san Francesco, cioè la sua morte vissuta come un passaggio pasquale. E in questa stessa celebrazione alcuni nostri giovani confratelli rinnovano i loro voti, cioè si impegnano pubblicamente a rispondere alla chiamata del Signore Gesù a seguirlo.

Nei giorni scorsi abbiamo ascoltato varie riflessioni sui capitoli della “Regola non bollata”, della quale ricorre quest’anno l’ottavo centenario.

Nella riflessione di questa sera desidero anch’io riprendere alcuni aspetti di questo testo straordinario perché, illuminandoci sul modo di vivere di san Francesco, ci illumina anche sul suo modo di morire. Non solo, ci illumina anche sul senso che ha la nostra professione di vita evangelica.

  1. La “Regola non bollata” ci propone una forma di vita secondo il Vangelo, cioè un modo concreto di vivere la vita cristiana. Comincia e finisce come una liturgia, perché il suo prologo inizia “Nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo” e il capitolo conclusivo, il XXIV, termina con la dossologia con la quale concludiamo tutti i Salmi: “Gloria al Padre e al Figlio e allo Spirito Santo, come era nel principio e ora e sempre e nei secoli dei secoli. Amen”.

Questa semplice annotazione ci permette di cogliere che per san Francesco tutta la nostra vita ha da essere una liturgia di lode, un “culto vivente santo e gradito a Dio”, come direbbe san Paolo nel capitolo XII della “Lettera ai Romani” (cfr Rm 12,1).

San Francesco è in grado di vivere il momento della morte con la serenità e la letizia descritta nelle fonti biografiche e che stupisce sia il medico che i suoi confratelli, perché, dal giorno della sua conversione in poi, ha vissuto ogni istante immerso in questa relazione di amore con la Santissima Trinità, Padre e Figlio e Spirito Santo. San Francesco è in grado di vivere anche il morire terreno come parte di questa liturgia viva attraverso la quale rendiamo gloria a un Dio che è uno e trino, relazione di amore, sorgente della vita di ogni persona e di ogni creatura, meta e punto di arrivo, attraverso l’esperienza della morte vissuta come passaggio pasquale, “porta della vita” in Dio (cfr 2Cel 217: FF 810).

  1. Nel capitolo primo della “Regola non bollata”, san Francesco ci ricorda in cosa consiste la nostra vita di frati minori: “La regola e la vita di questi fratelli è la seguente, cioè vivere in obbedienza, in castità e senza nulla di proprio, e seguire l’insegnamento e le orme del Signore nostro Gesù Cristo”.

Seguire l’insegnamento e le orme di nostro Signore Gesù Cristo non è riservato ai soli frati o ai soli consacrati. Seguire l’insegnamento e le orme di nostro Signore Gesù Cristo è per ogni persona che voglia semplicemente vivere il senso e il contenuto del proprio battesimo.

Ciò che è particolare e specifico di chi come noi fa una professione di vita consacrata è che viviamo questa sequela – come ci ricorda san Francesco – assumendo l’impegno di essere obbedienti, casti e poveri come Gesù Cristo.

  1. Anche la conclusione della “Regola non bollata” ci offre uno spunto prezioso per comprendere ciò che stiamo celebrando. All’inizio del capitolo XXIV, conclusivo di tutta la regola, leggiamo:

“Nel nome del Signore! Prego tutti i frati di imparare la lettera ed il significato delle cose che in questa vita sono state scritte a salvezza della nostra anima, e di richiamarle frequentemente alla memoria. [..] E supplico tutti, baciando loro i piedi, che le amino molto, le custodiscano e le conservino”.

Della nostra regola di vita, così come del Vangelo per intero, dobbiamo imparare a conoscere la lettera e il significato. Se non conosciamo la nostra regola così com’è, ce ne faremo una di comodo, che non conterrà il Vangelo nella sua essenza e nella sua integralità ma solo quei frammenti di Vangelo che sono alla moda sul momento, o che mi risulta più facile vivere, o che non richiedono eccessivo impegno di conversione e cambiamento personale.

  1. Al tempo stesso non basta conoscere la lettera della Regola e del Vangelo, ma occorre comprenderne anche il significato, altrimenti saremo gli interpreti di un copione teatrale, saremo pezzi da museo delle cere e trasformeremo la regola e il vangelo in reperti archeologici, utili a conoscere il passato ma insufficienti per interpretare il presente. Solo se comprendiamo la lettera e il suo significato, saremo capaci di fare quello che ci chiese san Francesco in punto di morte: “Io la mia parte l’ho fatta, la vostra ve la insegni Cristo” (LM XIV,3: FF 1239). Questa è la fedeltà dinamica al carisma, che ci chiede la Chiesa (VC 37).
  1. L’ultima indicazione che ci viene da questo capitolo conclusivo della “Regola non bollata” è che dobbiamo fare memoria, mettere in pratica e amare “le cose che in questa vita sono state scritte a salvezza della nostra anima”. E allora il Dio onnipotente e trino nel quale viviamo e verso il quale ci porta il cammino della vita ci benedirà, ci accompagnerà, ci donerà la sua grazia perché riusciamo davvero a vivere con pienezza e con letizia il nostro cammino sulle orme di Gesù, fino all’ultimo respiro, come san Francesco.
  1. Carissimi giovani confratelli, che oggi rinnovate i vostri voti, è semplicemente questo che vi auguro oggi: di riuscire a vivere questa nostra forma di vita, questo nostro camminare sulle orme di Gesù, a lode e gloria della Trinità e come un continuo crescere dentro questa relazione di amore con il Padre e il Figlio e lo Spirito Santo.

Vi auguro di saper conoscere la lettera e comprendere il significato del Vangelo e della nostra Regola, in modo da vivere nell’oggi la vostra consacrazione, sapendo che il Vangelo e la Regola non cambiano, perché “Gesù Cristo è lo stesso ieri oggi e sempre” (Eb 13,7), ma cambiano i tempi e i contesti in cui noi siamo chiamati a seguire Gesù e vivere il Vangelo in obbedienza, senza nulla di proprio e in castità.

Vi auguro infine di saper fare memoria, mettere in pratica e amare questa forma di vita, perché ci regala la possibilità di vivere in modo pieno e gioioso questa vita terrena e di entrare nel regno di Dio dove è già entrato il nostro Serafico Padre e dove – ci ricorda lui stesso nella sua “Parafrasi del Padre nostro” – “la visione di Dio è senza veli, l’amore di Lui è perfetto, la comunione con Lui è beata, il godimento di Lui senza fine” (Pater 4: FF 269).

______________________________________________________

  1. Dear brothers and sisters, dear friends and those who follow us from home through the Christian Media Center,

May the Lord give you Peace!

We find ourselves together again to celebrate the transitus of our Seraphic Father St. Francis, that is, his death lived as an Easter passage. In this same celebration some of our young friars will renew their vows, that is, they will commit themselves publicly to respond to the call of the Lord Jesus to follow Him.

In recent days we have listened to various reflections on the chapters of the “Regula non bullata”, whose eighth centenary anniversary falls this year.

In this evening's reflection, I too would like to look at some aspects of this extraordinary text because, by enlightening us on the way of life of St. Francis, it also enlightens us on his way of dying. Not only that, it (the Rule) also enlightens us on the meaning of our profession of evangelical life.

  1. The “Regula non bullata” offers us a form of life according to the Gospel, that is, a concrete way of living the Christian life. It begins and ends like a liturgy, because its prologue begins "In the name of the Father and of the Son and of the Holy Spirit" and the concluding chapter, the XXIV, ends with the doxology with which we conclude all the Psalms: "Glory to the Father and to the Son and the Holy Spirit, as it was in the beginning is now and ever shall be, world without end. Amen".

This simple note allows us to grasp that for St. Francis our whole life has to be a liturgy of praise, a "holy and pleasing living worship to God", as St. Paul would say in chapter XII of the "Letter to the Romans" (cf. Rom 12.1).

St. Francis is able to live the moment of his death with the serenity and joy described in the biographical sources and which amazes both the doctor and his brothers, because, from the day of his conversion onwards, he lived every moment immersed in this relationship of love with the Holy Trinity, Father and Son and Holy Spirit. St. Francis is also able to experience earthly dying as part of this living liturgy through which we give glory to a God who is one and three, a relationship of love, source of the life of every person and of every creature, goal and point of arrival, through the experience of death lived as a paschal passage, "door of life" in God (cf. 2Cel 217: FF 810).

  1. In the first Chapter of the "Regula non bullata", St. Francis reminds us of what our life as “lesser” brothers consists of: "The Rule and the life of these brothers is the following, that is, to live in obedience, in chastity and without precisepreciselyg at all, and to follow the teaching and the footsteps of our Lord Jesus Christ”.

Following the teaching and footsteps of our Lord Jesus Christ is not reserved for friars or consecrated persons only. Following the teaching and footsteps of our Lord Jesus Christ is for every person who simply wants to live the meaning and content of his own baptism.

What is particular and specific to those who, like us, make a profession of consecrated life is that we live this following - as Saint Francis reminds us - assuming the commitment to be obedient, chaste and poor like Jesus Christ.

  1. The conclusion of the “Regola non bollata",” also offers us a valuable starting point for understanding what we are celebrating. At the beginning of Chapter XXIV, which concludes the whole Rule, we read:

“In the name of the Lord! I ask all the friars to learn the letter and the meaning of the things that in this life have been written for the salvation of our souls, and to recall them frequently to memory. [..] And I beg everyone, kissing their feet, that they love them very much, observe them and keep them ".

Of our Rule of life, as well as of the whole Gospel, we must learn to know the letter and its meaning. If we do not know our Rule as it is, we will make a comfortable one, which will not contain the Gospel in its essence and in its entirety but only those fragments of the Gospel that are fashionable at the moment, or that it is easier for me to live, or that do not require excessive commitment to conversion and personal change.

  1. At the same time it is not enough to know the letter of the Rule and the Gospel, but it is also necessary to understand their meaning, otherwise we will be the interpreters of a theatrical script, we will be pieces from a wax museum and we will transform the rule and the Gospel into archaeological finds, useful to know the past but insufficient to interpret the present. Only if we understand the letter and its meaning will we be able to do what St. Francis asked us on his deathbed: "I have done my part, Christ teaches you yours" (LM XIV, 3: FF 1239 ). This is the dynamic fidelity to the charism that the Church asks of us (VC 37).
  1. The last indication that comes to us from this concluding chapter of the “Regula non bullata", is that we must remember, put into practice and love "the things that in this life have been written for the salvation of our soul". And then the omnipotent and triune God in whom we live and towards whom the path of life leads us will bless us, accompany us, and give us His grace so that we can truly live our journey in the footsteps of Jesus with fullness and joy, until the last breath, like St. Francis.
  1. Dear young friars who are about to renew your vows today, this is simply what I wish for you today: to be able to live our form of life, our way of walking in the footsteps of Jesus, to the praise and glory of the Trinity and as a continuous growth within this relationship of love with the Father and the Son and the Holy Spirit.

I wish you to know the letter and understand the meaning of the Gospel and of our Rule, in order to live your consecration to-day, knowing that the Gospel dos not change, because "Jesus Christ is the same yesterday, to-day and forever "(Heb 13, 7), but the times and contexts in which we are called to follow Jesus and live the Gospel in obedience, without anything of our own and in chastity, change.

Finally, I wish you to know how to remember, put into practice and love this form of life, because it gives us the opportunity to live this earthly life in a full and joyful way and to enter the kingdom of God where our Seraphic Father has already entered and where - he himself reminds us in his "Paraphrase of the Our Father" - "God's vision is without veils, His love is perfect, communion with Him is blessed, His enjoyment is endless" (Pater 4: FF 269).