Dt 8,2-9.14-16; 1Cor 10,16-17; Gv 6,51-58
Una tavola di comunione
Carissime sorelle, carissimi fratelli,
il Signore vi dia pace!
- Domenica scorsa abbiamo scoperto che la vita della Trinità è vita di comunione, è vita di famiglia. Abbiamo scoperto che, nella Chiesa, siamo invitati ad entrare in questa stessa famiglia e comunione e che i diversi doni e le diverse vocazioni sono al servizio di questa comunione. Ma ogni famiglia vive la comunione, cresce in essa e la alimenta quando si ritrova per un momento particolare: il pasto in comune. Papà, mamma e figli vivono un momento di incontro profondo attorno alla mensa e invitare qualcuno a mangiare a casa propria è un gesto importante. Non invitiamo chiunque a condividere la nostra tavola: invitiamo l'amico e invitiamo per manifestare amicizia e familiarità. Quando un giovane invita la fidanzata a mangiare a casa sua, con la sua famiglia, è segno che quell'amore comincia a diventare qualcosa di importante. Il Dio Trinità si lascia coinvolgere e ci vuole coinvolgere in questa esperienza profondamente umana del mangiare assieme e del sedere alla stessa tavola di famiglia. Nell’Eucaristia l’esperienza umana della convivialità diventa esperienza divina.
- Nella festa del Corpus Domini prendiamo coscienza di quanto sia indispensabile la mensa che Dio apparecchia per noi ogni domenica. Questa mensa nella quale lui ci regala la sua parola, di cui abbiamo bisogno, perché «l'uomo non vive soltanto di pane, ma di quanto esce dalla bocca del Signore» (Dt 8,3). Questa mensa nella quale Dio ci fa capire che la nostra vita è "manna", qualcosa di gratuito, qualcosa che deve far nascere la meraviglia, lo stupore, il canto di ringraziamento. Questa mensa sulla quale viene deposto un pane che è Gesù Cristo stesso, pane di comunione, pane preparato per noi dal Padre, pane che ci comunica lo Spirito, pane che ci introduce nella comunione trinitaria, pane che ci dona la vita eterna: «Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue rimane in me e io in lui. Come il Padre, che ha la vita, ha mandato me e io vivo per il Padre, così anche colui che mangia me vivrà per me. Questo è il pane disceso dal cielo; non è come quello che mangiarono i padri e morirono. Chi mangia questo pane vivrà in eterno» (Gv 6,56-58).
- La festa del Corpo e Sangue del Signore ci ricorda però che dalla comunione ricevuta nasce l'impegno per la comunione da realizzare. Dal dono della comunione con Dio discende la grazia e l’impegno per la comunione autenticamente umana in tutte le sue forme, da quella della socialità a quella della Chiesa, da quella del matrimonio a quella della fraternità: «Fratelli, il calice della benedizione che noi benediciamo, non è forse comunione con il sangue di Cristo? E il pane che noi spezziamo, non è forse comunione con il corpo di Cristo? Poiché c'è un solo pane, noi, pur essendo molti, siamo un corpo solo: tutti infatti partecipiamo dell'unico pane» (1Cor 10,16-17). Questo ci ricorda anche che è qualcosa di molto grave e contraddittorio ricevere o voler ricevere il corpo di Cristo – che è segno e strumento di comunione con Dio e tra di noi – e fare scelte o compiere azioni che feriscono o rompono la comunione con Cristo, la comunione con il suo corpo che è la Chiesa, ma anche la comunione tra le persone nel matrimonio, nella comunità, nella fraternità.
- In questa solennità è bene perciò che teniamo unite la consapevolezza del dono di comunione che ci vien fatto nel Corpo e Sangue del Signore e la chiamata all’impegno per la comunione che questo dono contiene. Siamo certamente consapevoli che il dono è immenso e che noi siamo piccoli e fragili. Proprio per questo la festa del Corpus Domini ci invita non solo a ricevere il Corpo e Sangue del Signore ma anche ad adorarlo: a stare in silenzio davanti a questo dono e a questa reale presenza del Signore, ad avere un cuore colmo di meraviglia e di stupore per evitare di considerare l’Eucaristia un diritto da rivendicare o un premio da ricevere, quand’essa invece è il pane dei pellegrini, un dono da accogliere con fede, con riconoscenza e con amore, ma anche con trepidazione ed umiltà.
Ripetiamo allora con l’animo dei pellegrini e con il cuore ricolmo di fede, di amore e di speranza le parole dell'antica sequenza composta da S. Tommaso d’Aquino, che abbiamo cantato prima del Vangelo di oggi: «Buon pastore, vero pane, o Gesù, pietà di noi: nutrici e difendici, portaci ai beni eterni nella terra dei viventi. Tu che tutto sai e puoi, che ci nutri sulla terra, conduci i tuoi fratelli alla tavola del cielo nella gioia dei tuoi santi».