Transito del Serafico Padre San Francesco | Custodia Terrae Sanctae

Transito del Serafico Padre San Francesco

Io ho fatto ciò che spetta a me; quanto spetta a voi, ve lo insegni Cristo!

  1. Carissime sorelle e carissimi fratelli, il Signore vi dia Pace!

Nel raccontare il transito, cioè la morte, di san Francesco, Tommaso da Celano nella cosiddetta “Vita Secunda”, introduce così la sua narrazione:

“«Alla morte dell'uomo – dice il saggio – sono svelate tutte le sue opere» (Sir 11,29). È appunto ciò che vediamo gloriosamente compiuto nel Santo. Percorrendo con animo pronto la via dei comandamenti di Dio (cfr Sal 118,32), giunse attraverso i gradi di tutte le virtù alla più alta vetta, e rifinito a regola d'arte, come un oggetto in metallo duttile, sotto il martello di molteplici tribolazioni, raggiunse il limite ultimo di ogni perfezione (Sal 118,96)…

Infatti, dimostrò di stimare una infamia vivere secondo il mondo, amò i suoi sino alla fine (Gv 13,1), accolse la morte cantando…

Sfinito da quella malattia così grave, che mise termine ad ogni sua sofferenza, si fece deporre nudo sulla terra nuda, per essere preparato in quell'ora estrema, in cui il nemico avrebbe potuto ancora sfogare la sua ira, a lottare nudo con un avversario nudo.

In realtà aspettava intrepido il trionfo e con le mani unite stringeva la corona di giustizia (Cfr 2Tm 4,8). Posto così in terra, e spogliato della veste di sacco, alzò, come sempre il volto al cielo (Cfr Gb 11,15; Lc 18,13) e, tutto fisso con lo sguardo a quella gloria, coprì con la mano sinistra la ferita del lato destro, perché non si vedesse. Poi disse ai frati: «Io ho fatto ciò che spetta a me; quanto spetta a voi, ve lo insegni Cristo!» (Cfr Ef 4,21)” (2Cel 214: FF 804).

  1. Ognuno di questi paragrafi meriterebbe un commento e un approfondimento. Desidero però limitarmi a evidenziare due aspetti:

- il cammino di Francesco, che è un cammino pasquale di sequela radicale del Signore Gesù;

- ciò che Francesco ci ha consegnato nell’ora della morte, cioè l’invito a essere personalmente docili all’insegnamento di Cristo.

Tutta la vita di Francesco è un cammino di sequela del Signore Gesù, nel quale si è lasciato modellare – ci suggerisce il Celano – dalla Parola di Dio, dagli incontri fatti e dagli eventi della vita, comprese le malattie.

Tutta la vita di Francesco è stata una continua lotta per non farsi risucchiare dalla mentalità del mondo e per imparare ad amare i suoi fratelli fino alla fine, cioè in modo pieno, fino al dono di sé, come Gesù.

Tutta la vita di Francesco è stata un transito, cioè un cammino pasquale, per arrivare pronto all’ultimo istante e poter così accogliere la morte cantando anziché con timore e disperazione, con lo sguardo luminoso rivolto al Cielo.

  1. Tutta la vita di Francesco è stata cercare di fare ciò che aveva percepito come chiamata e dono del Signore, fino all’ultimo respiro. Ma giunto al termine della vita Francesco dice ai frati che gli stanno attorno, e attraverso di loro, anche a ciascuno di noi: «Io ho fatto ciò che spetta a me; quanto spetta a voi, ve lo insegni Cristo!». Questo è un vero e proprio mandato che ci è stato consegnato ed è un invito a prendere sul serio la nostra vocazione lasciandoci istruire e guidare da Cristo, personalmente e come fraternità intera, allo stesso modo in cui Francesco si è lasciato istruire e guidare da Lui. Francesco, giunto al termine della vita terrena, non dice a noi suoi frati di replicare in modo ripetitivo quello che ha fatto lui, ma ci dice di coltivare una relazione profondamente personale col Cristo per poter fare quello che Cristo chiede, in modo singolare e originale, a ciascuno di noi e alla nostra fraternità qui e oggi.
  1. Questo vale per tutti noi, frati minori. Questo può motivare, cari giovani confratelli, il rinnovo dell’impegno a osservare il Vangelo di nostro Signore Gesù Cristo, vivendo in obbedienza, senza nulla di proprio e in castità. Questo può ispirare la vita di ogni cristiano.

Anche la nostra vita è chiamata a essere un transito, un cammino pasquale sulle orme di Gesù, un cammino nel quale i nostri piedi affondano nella terra ma lo sguardo rimane costantemente rivolto al Cielo. Anche la nostra persona è chiamata a lasciarsi modellare dalla Parola del Vangelo, dagli incontri che il Signore ci fa fare nel corso della vita e dalle esperienze, comprese quelle dolorose che ci mettono alla prova e ci purificano. Anche noi siamo chiamati a una continua lotta per non lasciarci omologare alla mentalità del mondo, che è una mentalità ripiegata unicamente sull’io e i suoi bisogni, per aprirci invece alla mentalità del Vangelo, che porta ad amare fino alla fine, cioè al dono di sé. Anche ciascuno di noi è chiamato a porsi la domanda: “Cosa vuoi, da me Signore Gesù Cristo? Cosa vuoi che faccia nella mia vita e della mia vita? In che modo vuoi che ti segua? In che modo mi chiedi di vivere il tuo Vangelo, qui ed ora e fino al termine della mia vita?”

  1. Possa davvero realizzarsi nella vita di ognuno di noi l’invocazione con la quale concluderemo la preghiera di questo vespro: “O Dio, che nel Serafico padre san Francesco, povero e umile, hai offerto alla tua Chiesa una viva immagine del Cristo, concedi a noi di seguire il tuo Figlio nella via del Vangelo e di unirci a te in carità e letizia”.

Così sia.