Meditazione di fr. Alberto Pari, 20 marzo

Meditazione di fr. Alberto Pari, 20 marzo

Dal Vangelo secondo Giovanni

Gv 8,31-42

Pace e bene dalla Terra Santa,

sono fra Alberto Joan Pari, responsabile del dialogo inter religioso per la Custodia di Terra Santa.

Il brano evangelico di oggi ci parla di una verità che libera. La prima cosa interessante da notare è il particolare che descrive i destinatari delle parole di Gesù, abbiamo ascoltato che Gesù disse queste cose a quei Giudei che avevano creduti a lui. Mi sorprende la schiettezza del maestro, che sebbene abbia di fronte i pochi che tra gli ebrei gli avevano creduto, non teme di parlare senza mezzi termini, quasi offendendoli, perché sa che la loro fede è ancora superficiale, ha bisogno di essere scossa. Anche noi siamo un po’ come quei Giudei, abbiamo creduto in Lui, affermiamo che è il Cristo, ma rimaniamo spesso sulla superficie e dà fastidio anche a noi essere interrogati su cose più profonde. Gesù li accusa di essere schiavi. Per il popolo ebraico questa è uno degli insulti che più li irritano, loro che dopo essere stati liberati dalla mano del faraone e dalla schiavitù dell’Egitto hanno potuto entrare liberi nella Terra Promessa. Tuttavia sono ancora, come lo siamo noi, schiavi del peccato. Schiavi di tante piccole abitudini non sane, di credenze non fondate, di pregiudizi, di giudizi, schiavi di egoismo e superbia. Gesù ci paragona a servi che stanno nella casa di un padrone, che ci stanno per un po’ di tempo, ma che prima o poi se ne andranno, ma se il figlio del padrone di casa ci fa liberi, allora diveniamo sui fratelli, membri della stessa famiglia e rimarremo per sempre con il Padre. Poi continua accusandoli di non essere veri figli di Abramo. Provo ad immaginare l’indignazione di quegli ascoltatori, prima accusati di non essere liberi e poi di non essere discendenti del padre Abramo, il patriarca che ha dato origine al popolo eletto. L’insulto si inasprisce e gli interlocutori di Gesù si sentono minacciati nella loro identità di figli legittimi a tal punto da dire che non sono figli di prostituzione, ma sono figli di Dio! Di fronte a questa affermazione Gesù li sfida ad interrogarsi veramente: si può essere figli di Dio se nel cuore ancora abitano odio, rancore, rabbia ed insulti? Possiamo dichiararci fedeli e devoti figli di Dio se non abbiamo compreso che la verità è Gesù, il salvatore? Che ci ha resi liberi perché si è offerto per noi in riscatto dei nostri peccati e che la nostra vita non dovrebbe essere altro che un continuo ringraziamento e una testimonianza vivente della sua misericordia e del suo amore? Oggi come allora queste parole devono scuoterci, svegliarci dal sonno della mediocrità per invogliarci a migliorare. Proviamo oggi a ripensare al nostro essere figli, al nostro stato di liberi e liberati per testimoniarlo nella vita, con le nostre azioni e le nostre scelte.

Buon cammino di quaresima a tutti e un caro saluto dalla Terra Santa.