San Giuseppe

Solennità di S. Giuseppe, Omelia di Fra Ibrahim Sabbagh

Il Mistero pasquale, mistero dell’amore, nella sua vita

Reverendissimo Padre Francesco Patton, Custode di Terra Santa;

cari sacerdoti e religiose e religiose, in modo particolare le Suore di S. Giuseppe che festeggiano oggi la festa del loro Patrono;

cari laici, in modo particolare quelli che portano il nome di S. Giuseppe e chiedono la sua intercessione e protezione, di giovani e di padri e madri di famiglie

Celebriamo oggi la Solennità di S. Giuseppe, che capita durante il cammino quaresimale. In questa festa, “assaggiamo” tutto il mistero pasquale, il mistero della passione, morte e risurrezione del Signore, un mistero davanti al quale ci fermeremo di più nel Triduo pasquale ma è un mistero che siamo chiamati a viverlo ogni giorno.

Nella vita di S. Giuseppe, infatti, il mistero pasquale era molto presente e chiaramente definito, in quanto la sua vita era una morte e una risurrezione allo stesso tempo. È il mistero dell’amore. Solo questo mistero che può spiegare e manifestare nel modo più bello possibile il mistero pasquale che appare nella vita del nostro santo; questo mistero che siamo chiamati tutti noi a viverlo nella vita di ogni giorno.

Il chicco di grano che muore

“Se il chicco di grano caduto in terra non muore, rimane solo; rimane solo; se invece muore, produce molto frutto” (Gv 12,24). È il mistero di Gesù Cristo, il mistero di amore che si trasfigura nella vita di S. Giuseppe, che ha saputo dare sé stesso per amore; offrendo tutto sé stesso al Signore e al prossimo, nella persona di Maria e di Gesù. Il suo dono di sé non era un dono di una parte del suo intelletto, del suo cuore o delle sue forze, ma era un dono totale di tutta la sua esistenza; non era un dono per un tempo determinato ma per ogni istante e per tutta la vita…

In questo modo, il mistero di chicco di grano che muore si è riflesso nella sua vita, per dare Gesù Cristo, il Frutto, a tutta l’umanità.

L’amore è sempre una mortee il mistero d’amore è sempre un mistero di morte, morte da sé stessi.

La vita di S. Giuseppe era una morte quotidiana per fare la volontà di Dio. Lo contempliamo come faceva morire tutti i suoi sogni, tutti i suoi progetti per far prevalere il piano di Dio; lo immaginiamo offrire sé stesso sull’altare dell’amore, nella vita di impegno quotidiano, in ogni istante, per poter dare il piatto quotidiano a Maria e a Gesù; lo vediamo morire in ogni momento, nel nascondimento della vita quotidiana monotona, per essere una fiamma di amore acceso per Maria e per Gesù.

“La gioia dell’amore”

Allo stesso tempo, S. Giuseppe viveva il mistero della risurrezione, che è il mistero della vittoria dell’amore. Perché °l’amore è forte come la morte” (Cantico dei Cantici 8,6), anzi, è più forte di esso; e “l’amore non viene mai meno” (1 Cor 13,8). Così, nel donarsi totalmente, assaggiava la gioia infinita, gustava la pace e la consolazione, sperimentava la dolcezza del cielo; assaggiava già il gusto della risurrezione.

Chi può rubare la gioia di un padre di famiglia che si dona totalmente ad essa a sua moglie e ai figli?

Chi può togliere da lui la consolazione, visto che egli “dona fino a quando l’amore duole” (Madre Teresa)?

Chi può rubare la felicità del cielo dal cuore di una madre, che si dona a sua famiglia, senza limiti, in continuazione, nonostante tutta la fatica e tutte le difficoltà?

Chi può rubare la felicità infinita da un sacerdote che dona sé stesso completamente nel Servizio umile della lavanda dei piedi?

La gioia del morire per gli altri… S. Paolo spiegava questo mistero della connessione tra morte e risurrezione, mentre metteva insieme, sia la fatica, del servizio, con la gioia della risurrezione. Da una parte, egli diceva: “completo nella mia carne quello che manca ai patimenti di Cristo, a favore del suo corpo che è la Chiesa”; ma, prima di questo, mentre parlava della gioia dell’amore che sentiva, diceva: “Sono lieto delle sofferenze che sopporto per voi” (Col 1,24).

È quello che S. Giuseppe viveva ogni giorno, anzi ogni istante, dalla felicità del cielo, dalla gioia del cielo.

La nostra vocazione cristiana

È la vocazione di ognuno di noi, la vocazione all’amore, la vocazione dalla donazione, quella che troviamo nella vita di S. Giuseppe. È una chiamata all’immersione nel mistero di passione, morte e risurrezione.

Nonostante la diversità delle nostre chiamate, se siamo padri o madri di famiglie, consacrati o sacerdoti, siamo chiamati a vivere lo stesso mistero, quello dell’amore, che non è altro se non mistero di morte e di risurrezione.

Circondati e protetti da un così grande testimone, “deponiamo ogni peso e il peccato che così facilmente ci avvolge, e corriamo con perseveranza la gara che ci è proposta, fissando lo sguardo su” S. Giuseppe, che è un riflesso della vita e del mistero di Gesù, “colui che crea la fede e la rende perfetta”, che “sopportò la croce, disprezzando l’infamia, e si è seduto alla destra del trono di Dio” (Eb. 12,1-2).

Conclusione

Chiediamo oggi al Signore, per intercessione di S. Giuseppe, di darci il coraggio, perché non esitiamo nel donarci completamente per il Signore e per gli altri; di non esitare nell’amare gli altri sopra tutte le cose, e senza limiti e senza condizioni; che non esitiamo di essere un “chicco di grano” che cade per terra e muore, per. Amore, affinché diamo frutti di salvezza a tutti attorno a noi.

Chiediamo oggi a S. Giuseppe e a nostra Madre Maria, e a tutti i santi, che ci diano il coraggio dell’amore, che ci danno la forza di andare avanti nel cammino dell’amore, in modo da vivere ogni giorno e in ogni istante, il mistero pasquale di Cristo, il mistero della passione, morte e risurrezione, in modo da testimoniare un Dio che ci ha amati “sino alla fine” (Gv. 13,1); Egli che è degno di ogni lode e gloria per tutti i secoli dei secoli; amen.