Es 12,21-27; Sal 115 (116); Ap 7,9-14; Lc 22,39-44
1. Carissime sorelle, carissimi fratelli,
il Signore vi dia pace!
Negli “Scritti” del nostro Serafico Padre san Francesco, il dono del sangue di Cristo viene menzionato ben 33 volte. Non so se sia un caso, ma sta di fatto che le citazioni che san Francesco fa di questo dono di amore che è il sangue del Signore, sono tante quanti sono gli anni della vita terrena di Gesù, secondo la tradizione. È come se implicitamente san Francesco ci ricordasse che tutta la vita di Gesù è una vita donata per amore.
Vorrei ricordare alcune di queste citazioni perché sono molto belle, ma anche perché ci rinviano a tre luoghi – qui a Gerusalemme – che hanno una particolare attinenza al sangue preziosissimo del nostro Salvatore: il luogo dove ci troviamo ora a celebrare, cioè il Getsemani, dove Gesù suda sangue; il Cenacolo, dove Gesù ci consegna il sacramento del suo corpo e del suo sangue; il Calvario, dove il sangue di Gesù viene versato fino all’ultima goccia.
2. Nel capitolo XXIII della Regola non bollata, in un testo che costituisce una lunga azione di grazie al Padre, san Francesco contempla tutta la vita di Gesù come vita donata per amore, e così si rivolge al Padre: “E ti rendiamo grazie, perché come tu ci hai creato per mezzo del tuo Figlio, così per il santo tuo amore, con il quale ci hai amato, hai fatto nascere lo stesso vero Dio e vero uomo dalla gloriosa sempre vergine beatissima santa Maria, e per la croce, il sangue e la morte di lui ci hai voluti redimere dalla schiavitù” (Rnb XXIII,3: FF 64). San Francesco ci ricorda così che tutto il mistero dell’incarnazione è motivato da un profondo amore del Padre nei nostri confronti, e questo amore raggiunge il culmine quando Gesù, il Figlio incarnato, dona la vita per noi sulla croce, per la nostra redenzione.
3. Nella seconda redazione della Lettera ai Fedeli, san Francesco unisce il mistero del Cenacolo, quello del Getsemani e quello del Calvario. La citazione è un po’ lunga ma è così significativa che ho pensato di leggerla per esteso: “E, prossimo alla passione, celebrò la Pasqua con i suoi discepoli e, prendendo il pane, rese grazie, lo benedisse e lo spezzò dicendo: «Prendete e mangiate, questo è il mio corpo». E prendendo il calice disse: «Questo è il mio sangue della nuova alleanza, che per voi e per molti sarà sparso in remissione dei peccati». Poi pregò il Padre dicendo: «Padre, se è possibile, passi da me questo calice». E il suo sudore divenne simile a gocce di sangue che scorre per terra. Depose tuttavia la sua volontà nella volontà del Padre dicendo: «Padre, sia fatta la tua volontà; non come voglio io, ma come vuoi tu». E la volontà del Padre suo fu questa, che il suo figlio benedetto e glorioso, che egli ci ha donato ed è nato per noi, offrisse se stesso, mediante il proprio sangue, come sacrificio e vittima sull’altare della croce, non per sé, poiché per mezzo di lui sono state create tutte le cose, ma in espiazione dei nostri peccati, lasciando a noi l’esempio perché ne seguiamo le orme. E vuole che tutti siamo salvi per mezzo di lui e che lo riceviamo con cuore puro e con il nostro corpo casto.” (2 LFed 6-14: FF 183-184).
4. In poche righe san Francesco ci ricorda la celebrazione pasquale nel Cenacolo con il dono del sacramento del corpo e del sangue del Signore. Ci ricorda il mistero del Getsemani, dove il sudore che diventa sangue su questa roccia ci richiama tutta la fatica che sperimenta la volontà umana – anche in Gesù – per conformarsi alla volontà del Padre. Ci ricorda il mistero della croce come mistero di espiazione nel sangue di Gesù, tema che è caro alla Lettera di san Paolo ai Romani, e alla Lettera agli Ebrei, che è anche una omelia sul valore unico ed infinito del sangue di Cristo per espiare i nostri peccati e metterci finalmente in comunione con Dio.
5. Le parole di san Francesco ci ricordano infine che tutto ciò che il Cristo ha fatto per noi, dando la sua vita fino all’ultima goccia di sangue, deve trovare un’accoglienza e una corrispondenza in noi.
Siamo chiamati anzitutto ad un’accoglienza esistenziale, che passa attraverso il nostro modo di vivere, il nostro “seguire le orme di Gesù”. Questa accoglienza esistenziale dovrebbe essere il cuore della nostra vita cristiana, ma anche della nostra vita consacrata, che è essenzialmente un seguire le orme del Signore Gesù.
Siamo chiamati anche ad un’accoglienza sacramentale nel ricevere degnamente e consapevolmente il corpo e il sangue di Cristo: san Francesco, riprendendo la 1 Corinti, in un altro passaggio della Lettera ai Fedeli dice che occorre ricevere il corpo e il sangue del Signore “sapendolo distinguere dagli altri cibi” (2 LFed 24: FF 189) e nel testo che abbiamo letto per esteso insiste sul fatto che occorre riceverlo “con cuore puro e corpo casto”.
6. In un altro passo ancora, il Serafico Padre, ci ricorda che tutto ciò è possibile solo perché in noi abita la Santissima Trinità. In un passo di grande spessore teologico e mistico, nella Ammonizione I, san Francesco ci ricorda infatti che: “Il Padre abita una luce inaccessibile, e Dio è Spirito, e nessuno ha mai visto Dio. Perciò non può essere visto che nello Spirito, poiché è lo Spirito che dà la vita; la carne non giova a nulla. Ma anche il Figlio, in ciò in cui è uguale al Padre, non è visto da alcuno in maniera diversa da come si vede il Padre né da come si vede lo Spirito Santo” (Amm I,5-7: FF 141). E applicando questa riflessione alla capacità di ricevere il corpo e il sangue del Signore, poco dopo san Francesco aggiunge: “perciò lo Spirito del Signore, che abita nei suoi fedeli, è lui che riceve il santissimo corpo e sangue del Signore” (Amm I,12: FF 143).
7. Celebrando la festa del Preziosissimo sangue di nostro Signore Gesù Cristo, ricordiamo quindi tutto ciò che ci richiama. Ci richiama il mistero della vita di Gesù interamente donata per amore. Ci richiama il mistero della sua volontà umana che faticosamente si sintonizza sulla lunghezza d’onda della volontà del Padre. Ma ci richiama anche il mistero della nostra chiamata ad accogliere questo dono grazie alla presenza in noi dello Spirito Santo, che ci rende capaci sia di ricevere il Sacramento, sia di seguire le orme di Gesù, e insieme a Lui sintonizzare la nostra volontà su quella del Padre e insieme a Lui arrivare a fare della nostra stessa vita un dono di amore.
Desidero concludere con un’ultima citazione del Serafico Padre san Francesco, due versetti dell’Ufficio della Passione, sono parole di benedizione al Signore per il dono che ci ha fatto, ma sono parole che mettono dentro il nostro cuore anche una grande fiducia e speranza: “Benedetto il Signore Dio di Israele, che ha redento le anime dei suoi servi con il proprio santissimo suo sangue, egli non abbandonerà tutti quelli che sperano in lui” (Uff VI,15: FF 287).