Sof 3, 14-18; Is 12, 2-3.4bcd. 5-6; Rm 12, 9-16; Lc 1, 39-56
Carissime sorelle, carissimi fratelli,
il Signore vi dia pace!
- Ho pensato di dedicare l’omelia di quest’anno ai piedi di Maria. Vi potrà sembrare una cosa stravagante, eppure mi pare che i piedi di Maria ci possano suggerire una bella sintesi del messaggio che la Parola di Dio ci propone per questa festa della Visitazione.
I piedi di Maria sono i piedi di chi evangelizza, di chi si mette in cammino in fretta per venire da Nazareth fin qui ad Ain Karem per condividere la gioia della maternità e la gioia della salvezza che si fa vicina. Pensando a Maria che viene in fretta a visitare la cugina Elisabetta qui ad Ain Karem mi sono venute in mente, infatti, le parole del profeta Isaia: “Come sono belli sui monti / i piedi del messaggero di lieti annunzi / che annunzia la pace, / messaggero di bene che annunzia la salvezza, / che dice a Sion: «Regna il tuo Dio»” (Is 52,7). Ricevuto dall’angelo l’annuncio che l’ha resa madre del Salvatore Maria si mette in viaggio in fretta. Ciò che porta non è un messaggio astratto ma una persona concreta, non è una parola che risuona nell’aria e svanisce ma una parola che si è fatta carne.
Noi siamo chiamati a evangelizzare, è la nostra vocazione cristiana e francescana. Come sono i nostri piedi? Sanno muoversi in fretta o sono piedi lenti e pigri, magari fermi in un luogo dal quale non ci vogliamo affatto muovere?
- I piedi di Maria sono piedi che sanno danzare. Infatti, Maria qui canta il “Magnificat”: “L’anima mia magnifica il Signore e il mio spirito esulta in Dio mio salvatore!”. La prima lettura è un invito a esultare. E la stessa Elisabetta dice a Maria che appena ha udito il suo saluto anche il suo bambino ha cominciato a esultare dentro il suo grembo. Quando ci accorgiamo della presenza del Signore nella nostra vita, della sua vicinanza a noi come salvatore, del mondo nuovo e della nuova prospettiva di vita che ci porta non possiamo far altro che esultare, cioè metterci a saltare e cantare di gioia, danzare! Uno dei padri dell’ateismo moderno, Friedrich Nietzsche, nella sua opera “Così parlò Zarathustra” dice: “Potrei credere solo a un dio che sapesse danzare” (Parte prima, Del leggere e scrivere). Il nostro Dio, che nel suo Figlio Gesù si è fatto uomo, non solo sa danzare, ma fa danzare ed esultare chi lo accoglie, come Maria, come i poveri e i bisognosi del vangelo. San Paolo VI, di cui ricorreva la memoria liturgica il 29 maggio, in uno dei suoi scritti giovanili, pensando alla bontà di Dio che lo aveva chiamato anche se era malaticcio e infermo, scriveva a un amico pochi giorni prima dell’ordinazione diaconale: «Provo le vibrazioni del “Magnificat”, che Maria m’ha insegnato, col Vangelo, a ripetere dal primo giorno che ho sperimentato i disegni di Dio e che ho capito di lodarlo attraverso la folle bontà che voleva d’un infermo un eletto.» (Paolo VI, Lettera a don Francesco Galloni, 6 marzo 1920).
A volte dalla nostra vita non traspare che proviamo le vibrazioni del Magnificat e il Dio che testimoniamo, talvolta, non è un Dio che esulta e fa esultare, non è un Dio che appassiona ma che addormenta e deprime. Bisogna che ritroviamo anche noi la sintonia coi piedi di Maria che sanno danzare e col suo cuore che sa esultare.
- I piedi di Maria sono i piedi di chi è persona operosa nella carità. Tutti noi immaginiamo che se Maria va in fretta a visitare Elisabetta è perché desidera assistere ed aiutare la cugina nel momento più delicato e fisicamente impegnativo della sua vita, quello del dare alla luce, lei ormai anziana, il primo figlio. Anche la carità ha fretta, nel senso che è urgente e non può essere frenata da alcuna forma di pigrizia o di calcolo umano. Quella di Maria è certamente una carità genuina, senza finzioni, che si immedesima nel bisogno della cugina. Ma è anche qualcosa di più, è una carità che manifesta la venuta del Regno di Dio da lei cantata nel Magnificat e che suo Figlio Gesù proclamerà nelle Beatitudini. Con la sua carità operosa ed empatica Maria manifesta che chi ha accolto il Figlio di Dio e gli ha permesso di diventare carne già vive in una realtà nuova in cui c’è attenzione per gli umili, per i deboli, per gli affamati, i poveri e gli ammalati, per gli esclusi e gli scartati dal mondo.
E passati i tre mesi in cui la cugina aveva bisogno del suo aiuto Maria se ne torna a casa. Ci sono altre persone che stanno aspettando il dono che Maria farà di portare il suo Figlio e la carità le fa muovere i piedi in fretta e glieli farà muovere in fretta per tutta la vita, fin sotto la croce.
Chiediamoci perciò se i nostri piedi sanno muoversi in fretta quando siamo chiamati a essere operosi nella carità. E se fatto ciò che dovevamo fare sappiamo ripartire con altrettanta rapidità, per non rendere le persone dipendenti da noi ma libere di seguire la via che per loro ha disposto il Signore.
Desidero concludere parafrasando una parte della preghiera che san Giovanni Paolo II rivolge alla Vergine della visitazione al termine del documento sulla Vita Consacrata:
“A Te, / Vergine della Visitazione, / ci affidiamo, / perché sappiamo correre incontro / alle necessità umane, / per portare aiuto, ma soprattutto per portare Gesù.
Insegnaci a proclamare le meraviglie / che il Signore compie nel mondo, / perché i popoli tutti magnifichino il suo nome.
Sostienici nella nostra opera a favore dei poveri, / degli affamati, dei senza speranza, / degli ultimi e di tutti coloro / che cercano il Figlio tuo con cuore sincero. Amen.” (Cfr. Giovanni Paolo II, Vita Consecrata, n. 112).
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Sof 3, 14-18; Is 12, 2-3.4bcd. 5-6; Rom 12: 9-16; Lk 1, 39-56
Dear brothers and sisters,
May the Lord give you peace!
- I thought of dedicating this year's homily to the feet of Mary; this may perhaps, seem rather unusual to you, yet it seems to me that feet of Mary can suggest a beautiful synthesis of the message that the Word of God offers us for this feast of the Visitation.
Mary's feet are the feet of those who evangelize, of those who set off quickly in order to come from Nazareth to Ain Karem here to share the joy of motherhood and the joy of salvation that comes close to us. Thinking of Mary who comes in a hurry to visit her cousin Elizabeth here in Ain Karem, the words of the prophet Isaiah came to mind: “How beautiful upon the mountains/ are the feet of him who brings good news/, Who proclaims peace/, Who brings glad tidings of good things,/ Who proclaims salvation/, Who says to Zion/, “Your God reigns!”" (Is 52: 7). Mary received from the angel the announcement that He had made her the Mother of the Saviour, so she travels quickly. What it brings is not an abstract message but a concrete person, it is not a word that resonates in the air and disappears but a word that has become flesh.
We are called to evangelize, it is our Christian and Franciscan vocation. How are our own feet? Do they know how to move quickly or are they slow and lazy feet, perhaps stuck in a place from which we do not want to move at all?
- Mary’s feet are feet that know how to dance. In fact, Mary sings the "Magnificat" here: "My soul magnifies the Lord and my spirit rejoices in God my Saviour! The first reading is an invitation to exult. Elizabeth herself tells Maria that as soon as she heard her greeting, her baby too began to cheer inside her womb. When we become aware of the presence of the Lord in our life, of His closeness to us as Saviour, of the new world and of the new perspective of life that He brings us, we cannot help but cheer, that is, to start jumping and singing with joy, even dancing! One of the fathers of modern atheism, Friedrich Nietzsche, in his work "Thus spoke Zarathustra" says: "I could only believe in a god who knew how to dance" (Part one, Of Reading and Writing). Our God, who in His Son Jesus became man, not only knows how to dance, but makes those who welcome Him dance, and exult, like the poor and those in need of the gospel. Saint Pope Paul VI, whose liturgical memorial occurred on 29th May, in one of his youthful writings, thinking of the goodness of God who had called him even if he was sickly and infirm, he wrote to a friend a few days before the diaconal ordination: "I feel the vibrations of the" Magnificat ", which Mary taught me, with the Gospel, to repeat from the first day that I experienced the designs of God and that I understood to praise him through the mad goodness that a chosen one wanted.» (Paul VI, Letter to Don Francesco Galloni, March 6, 1920).
Sometimes it does not transpire from our lives that we experience the vibrations of the Magnificat and the God we testify is sometimes not a God who exults and exults, he is not a God who is passionate but who falls asleep and depresses. We too must find harmony with the feet of Mary who know how to dance and with her heart who knows how to cheer.
- Mary's feet are the feet of someone who is an active person in charity. We can well imagine that if Mary is hurrying to visit Elizabeth, it is because she wants to assist and help her cousin in the most delicate and physically demanding moment of her life, that of giving birth, she now being elderly, and giving birth to her first child. Even charity is in a hurry, in the sense that it is urgent and cannot be curbed by any form of laziness or human calculation. Mary's is certainly a genuine charity, without pretense, which identifies itself in the need of her cousin. However, it is also something more, it is a charity that manifests the coming of the Kingdom of God sung by her in the Magnificat and that her Son Jesus will proclaim in the Beatitudes. With her industrious and empathic charity Mary manifests that whosoever welcomed the Son of God and allowed Him to become flesh already lives in a new reality where there is attention shown towards the humble, the weak, the hungry, the poor and the sick, towards those excluded and discarded by the world.
And after the three months in which her cousin needed her help, Mary returns home. There are other people who are waiting for the gift that Mary will bring from her Son and this charity makes her move her feet quickly and make them move swiftly throughout her life, even at the foot of the Cross.
So let us ask ourselves if our own feet know how to move quickly when we are called to be active in charity. Moreover, if we have done that which we ought to do, that we should then know how to start again just as quickly, in order not to make people dependent on us but free to follow the way that the Lord has prepared for them.
I would like to conclude by paraphrasing a part of the prayer that Pope St. John Paul II addresses to Our Lady of the Visitation at the end of the document on Consecrated Life:
“Unto you, / O Virgin of the Visitation, / we entrust ourselves, / because we know how to run to meet / human needs, / to bring help, but above all to bring Jesus.
Teach us to proclaim the wonders / that the Lord does in the world, / for all peoples to magnify His name.
Support us in our work on behalf of the poor, / of the hungry, of the hopeless, / of the least and of all those / who seek Your Son with a sincere heart. Amen." (Cf. John Paul II, Consecrated Life, n. 112).