Solennità del Corpo e Sangue del Signore

Nutrimento personale che ci trasforma

Solennità del Corpo e Sangue del Signore

Es 24,3-8; Eb 9,11-15; Mc 14,12-16.22-26

Carissime sorelle, carissimi fratelli, il Signore vi dia pace!

La solennità del SS. Corpo e Sangue di Cristo è nata sul finire del medioevo (1264) per affermare e radicare nella Chiesa la dottrina e la pietà eucaristica dopo secoli di controversie, di precisazioni e di approfondimenti. Il Concilio Vaticano II ha voluto riportare questa solennità popolare nel solco della spiritualità biblico liturgica.

Le letture di quest’anno ci fanno cogliere una serie di connessioni che possono arricchire la nostra partecipazione all’Eucaristia settimanale. L’insistenza sul tema dell’alleanza esprime la sua valenza comunitaria. L’Eucaristia è un dono fatto da Dio al suo popolo, ma nella prospettiva dell’alleanza l’Eucaristia accolta diventa anche un impegno che il popolo di Dio assume nei confronti del suo Signore. Da questo punto di vista la pietà eucaristica costituisce un forte critica a una pratica cristiana individualista: senza comunità non c’è Eucaristia, senza Eucaristia non costruiamo comunità, questo di fatto suggeriscono la prima lettura ed il Vangelo.

Con questo non si vuole certo sminuire la sua importanza per la singola persona. La lettera agli Ebrei, che indica il significato del sacrificio del Cristo nella prospettiva dell’offerta, insiste proprio sulla sua valenza personale. Il sangue dell’alleanza è il sangue di Cristo, che «con uno Spirito eterno» ha offerto se stesso e raggiunge l’obiettivo di purificare le nostre coscienze perché possiamo servire Dio.

La pratica cristiana, pertanto, non è individualista ma profondamente personale: l’Eucaristia riguarda ciascuno di noi e raggiunge ciascuno di noi, è nell’Eucaristia che io ho un accesso personale a Dio, è nell’Eucaristia che Dio si apre una via personale per raggiungere ciascuno di noi.

Un ulteriore spunto lo prendiamo dal contesto nel quale Gesù celebra la nuova alleanza: è il contesto familiare della cena pasquale e non quello sacrificale del Tempio di Gerusalemme. Questo ci suggerisce l’importanza della dimensione familiare dentro la celebrazione Eucaristica della Chiesa. Le nostre celebrazioni Eucaristiche non hanno come modello il sacrificio del Tempio, quello in cui si offrivano sacrifici animali, bensì l’ultima cena, che anticipava sì il sacrificio sulla croce, ma con tutta la ricchezza di umanità, di familiarità e di contatto personale che si può ottenere solo attorno a una mensa.

San Francesco applica questa idea alla vita della fraternità e nella lettera che scrive a tutto l’Ordine verso il 1221, cioè dopo il suo pellegrinaggio in Terra Santa, ci ricorda che la fraternità si costruisce proprio attorno all’Eucaristia: “Per questo motivo ammonisco ed esorto nel Signore, che nei luoghi in cui i frati dimorano, si celebri una sola Messa al giorno, secondo la forma della santa Chiesa. Se poi nel luogo vi fossero più sacerdoti, l’uno, per amore di carità, si accontenti dell’ascolto della celebrazione dell'altro sacerdote, poiché il Signore Gesù Cristo riempie presenti ed assenti che sono degni di lui” (LOrd 30-32: FF 222-223).

Infine, sempre scrivendo a tutto l’Ordine, san Francesco ci indica il giusto atteggiamento col quale accogliere il Sacramento. Nella sua pietà eucaristica semplice e profondissima Francesco d’Assisi, davanti al mistero eucaristico, esulta di gioia e ci invita ad esultare e adorare il mistero dell’umiltà di Dio che nell’Eucaristia si manifesta in modo sublime: “Tutta l’umanità trepidi, l’universo intero tremi e il cielo esulti, quando sull’altare, nella mano del sacerdote, è presente Cristo, il Figlio del Dio vivo. O ammirabile altezza e stupenda degnazione! O umiltà sublime! O sublimità umile, che il Signore dell’universo, Dio e Figlio di Dio, si umili a tal punto da nascondersi, per la nostra salvezza, sotto poca apparenza di pane! Guardate, fratelli, l’umiltà di Dio, ed aprite davanti a lui i vostri cuori; umiliatevi anche voi, perché siate da lui esaltati. Nulla, dunque, di voi trattenete per voi, affinché tutti e per intero vi accolga colui che tutto a voi si offre” (LetOrd 26-29: FF 221).

Anzitutto, riceviamo perciò e accogliamo con umiltà e riconoscenza questo dono con il quale il Signore si dona a noi e ci trasforma in lui in modo personale e al tempo stesso ci rende suo corpo, sua Chiesa, sua famiglia, sua fraternità.

In secondo luogo, adoriamo il Signore che si offre a noi in questo modo e mettiamolo al centro della nostra vita e della nostra persona: che sia lui a occupare il centro del nostro cuore, dei nostri pensieri e a muovere tutte le nostre scelte e azioni.

Infine, impariamo a vivere eucaristicamente, cioè a fare della nostra vita un canto di ringraziamento e della nostra persona un dono a Dio e ai fratelli.

Così sia.