Gn 46,1-7; dal Sal 66 (67); Rom 4, 13.16-18.22; Mt 2, 13-23
- Carissime sorelle e carissimi fratelli, il Signore vi dia Pace!
All’interno dell’anno dedicato a san Giuseppe siamo di nuovo qui a Betlemme, questa volta nella Grotta del Latte, che ci ricorda la prima sosta della Sacra Famiglia in fuga verso l’Egitto, per scampare alla furia omicida di Erode e ci ricorda pure il gesto tenero e materno di Maria che allatta il bambino Gesù.
Nella nostra riflessione vogliamo guardare a san Giuseppe lasciandoci guidare dal racconto dell’evangelista Matteo che abbiamo appena ascoltato. Vogliamo anche prendere spunto dal contesto di questo racconto per scoprire quanto sia attuale la figura e l’agire di san Giuseppe.
- Da un lato emerge la sua costante capacità di fidarsi di Dio, che si traduce poi in obbedienza a ciò che Dio chiede attraverso il sogno e la visione.
In secondo luogo, emerge il suo prendersi cura del bambino Gesù e di sua madre Maria: la cura di Giuseppe non è narcisisticamente rivolta a se stesso, ma sempre alle persone che gli sono affidate.
In terzo luogo, vediamo che, attraverso l’obbedienza di Giuseppe e attraverso ciò che Lui fa, si realizzano le Scritture e si fa concreta la Salvezza che Dio vuole operare nella nostra storia attraverso il suo Figlio Gesù. Così, assieme a Giuseppe, il bambino Gesù e sua madre scendono in Egitto e, assieme a Giuseppe, faranno ritorno in Galilea dopo la morte di Erode il Grande e andranno a vivere a Nazaret, dando compimento alle Scritture.
- Questo ci fa riflettere sul tipo di insegnamento che san Giuseppe – pur senza mai dire una parola – ci suggerisce: ci suggerisce di impostare la nostra esistenza mettendo al centro la Parola di Dio, che illumina tutte le situazioni della nostra vita, che illumina anche i momenti difficili, che trasforma gli imprevisti e perfino le tragedie in anelli della catena di una possibile e reale storia di salvezza e di redenzione. Tutto ciò a patto che ci fidiamo della Parola che Dio ci dice, e obbediamo alla Parola anche se può sembrare solo un sogno o una visione.
- San Giuseppe poi ci insegna che è fondamentale che ci prendiamo cura del bambino Gesù e di sua madre, cioè permettiamo a Gesù Cristo di rimanere vivo in noi, anche e soprattutto quando ci troviamo a vivere in un ambiente ostile, che vuole eliminarlo. Se ci prendiamo cura del bambino e di sua madre, anche attraverso di noi continuerà a realizzarsi la Scrittura, oggi! E proprio quel bambino potrà continuare a portare salvezza, anche attraverso di noi. Certo, questo significa preoccuparci meno per noi stessi e concentrarci invece sul bambino e sua madre, permettendo al bambino di crescere in noi e alla madre di nutrirlo in noi per donarlo a noi.
- Anche il contesto del racconto è oltremodo significativo e attuale, per questa Terra Santa in cui ci troviamo a vivere, ma anche per il mondo intero.
Giuseppe si trova costretto a emigrare, non perché sogna un luogo migliore o una condizione economica più ricca, ma perché deve scappare da un ambiente ostile, da una situazione di violenza e di guerra e deve – per senso di responsabilità e per vocazione – prendersi cura delle persone che ama, dei suoi familiari e cercare di tutelare la loro incolumità, la loro vita, la loro sopravvivenza, il loro futuro.
Giuseppe si trova nella stessa situazione in cui si trovano molti dei nostri cristiani di Terra Santa, di Gaza e di Betlemme, della Siria, del Libano e dell’Iraq, ma anche di molti altri Paesi dell’Asia, dell’Africa e dell’America Latina, anch’essi in fuga, non per scelta ma per necessità. Anch’essi in esilio perché costretti a cercare un lavoro altrove. Anch’essi spinti ad emigrare da una situazione che non permette a loro e alle loro famiglie di vivere con dignità a casa propria, perché la guerra li ha sradicati dal proprio Paese e li ha resi profughi, o perché le difficoltà economiche li hanno costretti a cercare altrove un futuro per sé e per i propri cari.
- Celebrare qui a Betlemme, in questo luogo della prima sosta della Santa Famiglia sulla via della fuga in Egitto, deve perciò renderci più sensibili verso chi si trova oggi nella situazione di Giuseppe, che è costretto a prendere con sé il bambino Gesù e sua madre Maria e scappare. Se ciò non accade tutta la nostra devozione sarà inutile, saremo come quei tali che nel giudizio finale chiedono a Gesù: “«Signore, quando ti abbiamo visto affamato o assetato o straniero o nudo o malato o in carcere, e non ti abbiamo servito?». Allora egli risponderà loro: «In verità io vi dico: tutto quello che non avete fatto a uno solo di questi più piccoli, non l'avete fatto a me»” (Mt 25,44-45).
Quello che Giuseppe ha fatto per Gesù e Maria è quello che Gesù ci chiede di fare oggi per coloro nei quali Lui continua a identificarsi.
- Chiediamo in questo luogo, attraverso la preghiera, l’intercessione di san Giuseppe.
O san Giuseppe uomo giusto, ottieni per noi la grazia di saperci fidare sempre della Parola di Dio e di metterla in pratica come hai fatto tu.
O san Giuseppe custode della Santa Famiglia, ottieni per noi la grazia di prenderci cura del bambino Gesù e di sua madre più che di noi stessi, di prenderci cura di coloro nei quali oggi il bambino Gesù continua a identificarsi e chiede di essere accolto e tutelato.
Così sia.
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Gn 46.1-7; from Ps 66 (67); Rom 4, 13.16-18.22; Mt 2, 13-23
Dear brothers and sisters,
May the Lord give you Peace!
Within this year dedicated to St. Joseph, we are again here in Bethlehem, this time at the Milk Grotto, which reminds us of the first stop of the Holy Family fleeing to Egypt, to escape the murderous fury of Herod and reminds us also of the tender and maternal gesture of Mary, nursing the baby Jesus. In our reflection let us look upon Saint Joseph, letting ourselves be guided by the story of the Evangelist Matthew that we have just heard. Let us also take a cue from the context of this story to find out how current the figure and actions of Saint Joseph are.
- On the one hand, his constant ability to trust in God emerges, which then translates into obedience to what God asks through dreams and visions. Secondly, his taking care of the child Jesus and his mother Mary emerges: the care of Joseph is not narcissistically addressed to himself, but always to the people entrusted to him. Thirdly, we see that, through Joseph's obedience and through what he does, the Scriptures are realized and the Salvation that God wants to work in our history through His Son Jesus becomes concrete. Thus, together with Joseph, the baby Jesus and his mother go down to Egypt and, together with Joseph, they will return to Galilee after the death of Herod the Great and will go to live in Nazareth, fulfilling the Scriptures.
- This enables us to reflect on the type of teaching that Saint Joseph - even without ever saying a word - suggests to us: he suggests that we plan our existence by placing the Word of God at the centre, which illuminates all the situations in our life, which illuminates even the difficult moments, which transform unexpected events and even tragedies into links in the chain of a possible and real history of salvation and redemption. All this as long as we trust the Word that God tells us and obey the Word even if it may seem like just a dream or a vision.
- St. Joseph then teaches us that it is fundamental that we take care of the child Jesus and his mother, that is, we allow Jesus Christ to remain alive in us, even and above all when we find ourselves living in a hostile environment, which wanted to eliminate him. If we take care of the child and his mother, even through us, the Scripture will continue to be fulfilled today! Indeed, that child will be able to continue to bring salvation, even through us. Of course, this means worrying less about ourselves and concentrating instead on the Child and His mother, allowing the child to grow in us and the mother to nourish Him in us and to give Him to us.
- The context of the story is also extremely significant and current, for this Holy Land in which we find ourselves living, but also for the whole world. Joseph is forced to emigrate, not because he dreams of a better place or a richer economic condition, but because he has to escape from a hostile environment, from a situation of violence and war and must - out of a sense of responsibility and vocation - take care of the people he loves, of his family members and try to protect their safety, their life, their survival, their future. Joseph is in the same situation as many of our Christians in the Holy Land, Gaza and Bethlehem, Syria, Lebanon and Iraq, but also many other countries in Asia, Africa, Iraq and Latin America, also on the run, not by choice but by necessity. They too are in exile because they are forced to look for work elsewhere. They too are forced to emigrate from a situation that does not allow them and their families to live with dignity at home, because the war has uprooted them from their country and made them refugees, or because economic difficulties have forced them to look elsewhere for a future for themselves and their loved ones.
- Celebrating here in Bethlehem, in this place of the first stop of the Holy Family on the way to escape to Egypt, must therefore make us more sensitive to those who are today in the same situation as Joseph, who is forced to take with him the child Jesus and his mother Mary and run away. If this does not happen, all our devotion will be useless, we will be like those who in the final judgment ask Jesus: “«Lord, when did we see you hungry or thirsty or stranger or naked or sick or in prison, and we didn't serve you?» Then he will answer them: «Truly I tell you, whatsoever you did not do to one of the least of these, you did not do it to me»” (Mt 25: 44-45). What Joseph did for Jesus and Mary is what Jesus asks us to do today for those with whom He continues to identify Himself.
- Let us ask in this place, through our prayers, the intercession of St Joseph. “O Saint Joseph, just man, obtain for us the grace of knowing how to always trust the Word of God and putting it into practice as you did. O Saint Joseph, guardian of the Holy Family, obtain for us the grace to take care of the Child Jesus and His mother more than we do of ourselves, taking care of those with whom today the child Jesus continues to identify with and asks to be welcomed and protected. Amen”.