Il pane del nostro cammino | Custodia Terrae Sanctae

Il pane del nostro cammino

Domenica XIX Tempo Ordinario B

Continua la collaborazione tra VITA TRENTINA  e fr. Francesco Patton, Custode di Terra Santa nella rubrica "In ascolto della Parola". 

1Re 19,4-8; Ef 4,30-5,2; Gv 6,41-51

«Àlzati, mangia, perché è troppo lungo per te il cammino». 1Re,7

Se la vita è un lungo cammino, da percorrere tra mille difficoltà e incertezze, allora abbiamo bisogno di un cibo speciale, che ci dia l’energia necessaria per giungere alla nostra mèta. Elia, protagonista della prima lettura, ci aiuta a prendere coscienza di ciò. Egli è il profeta per eccellenza, ma è pure il simbolo esistenziale di ognuno di noi: talvolta riusciamo a sintonizzarci profondamente sulla Parola e sulla volontà di Dio, talvolta ci sentiamo sconfitti, scoraggiati, inutili e fallimentari: «Ora basta, Signore! Prendi la mia vita, perché io non sono migliore dei miei padri» (1Re 19,4). Paradossalmente è proprio in questi momenti che Dio si rende a noi più vicino, che fa lo sforzo massimo per incontrarci sul nostro terreno, lì dove la nostra presunzione e il nostro orgoglio sono finalmente costretti ad alzare bandiera bianca. È in questo contesto che Dio ci risolleva, ci rimotiva, ci nutre di speranza, ci indica una nuova mèta, ci prospetta la possibilità di incontrarlo.

Nel vangelo di Giovanni questa vicinanza, questo cibo, questo incoraggiamento, questa mèta e questo incontro assumono il volto personale di Gesù Cristo: «solo colui che viene da Dio ha visto il Padre. In verità, in verità io vi dico: chi crede ha la vita eterna» (Gv 6,46-47), «Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo» (Gv 6,51). Nel momento in cui accogliamo Cristo nella fede lo sperimentiamo davvero come cibo che ci nutre e ci sostiene nel nostro cammino, che ci riapre alla speranza, che ci conduce alla comunione con Dio, mèta ultima della nostra vita. Giungere a questa fede è però dono del Padre: «Nessuno può venire a me, se non lo attira il Padre che mi ha mandato» (Gv 6,43).

Forse a volte non ci rendiamo conto dell’immensità del dono che il Padre ci fa in ogni Eucarestia, forse non ci rendiamo conto di quanto sia nutriente questo Pane, forse anche a noi fa difetto la fede, proprio come ai contemporanei del Cristo. Essi riuscivano a vederlo nella sua fisicità ma non lo sapevano accogliere come il Figlio prediletto del Padre, che si stava donando per la vita del mondo. Così a noi può succedere di ricevere il Pane Eucaristico senza che ci rendiamo conto che è il Corpo di Cristo, Pane Santo donato a coloro che percorrono il cammino di questa vita totalmente proiettati verso l’incontro finale col Padre (cfr. S. Francesco, Ammonizione I: FF 141-145).

Questa domenica ricorre anche la memoria di santa Chiara d’Assisi. La sua devozione eucaristica è talmente forte che viene normalmente raffigurata con un ostensorio in mano. Accogliamo il suo invito a ricevere il Signore e diventare la dimora di Dio: “Ecco, è ormai chiaro che per la grazia di Dio la più degna tra le creature, l’anima dell’uomo fedele, è più grande del cielo, poiché i cieli con tutte le altre creature non possono contenere il Creatore, mentre la sola anima fedele è sua dimora e sede” (3LAg 21-22: FF 2892).

di fr. Francesco Patton, ofm

Custode di Terra Santa