Meditazione di fr. Alessandro Cavicchia, 22 febbraio

Meditazione di fr. Alessandro Cavicchia, 22 febbraio

Dal Vangelo secondo Matteo
Mt 16,13-19

Pace e bene da fr. Alessandro Cavicchia, frate minore in servizio nella Custodia di Terra Santa e docente di NT presso lo SBF.

Il brano di Marco che abbiamo ascoltato ci presenta un bellissimo e intenso dialogo tra Gesù e i suoi discepoli. Se vogliamo uno di quei dialoghi che segnano il destino di una persona, e possibilmente di ciascuno di noi. Perché tanta enfasi su questo passo? Vediamolo insieme.

Gesù prende l’iniziativa e domanda ai suoi discepoli cosa dice la gente riguardo a lui. Come in altri passi evangelici emerge una questione centrale per la nostra vita, quella dell’identità, la nostra identità, chi siamo. La riflessione contemporanea sull’identità ha portato a prendere coscienza che il nostro essere si fonda sulla relazione e perciò sul dialogo. Esistono una varietà quasi infinita di modalità di costruire il nostro dialogare, dalla chiacchiera più superficiale a quella più coinvolgente e profonda, che tocca appunto il nostro essere, il nostro sentire più intimo. Proviamo a pensare quanto anche per noi è centrale per il nostro equilibrio cosa gli altri dicono di noi. Ma mentre esiste una cerchia di persone che vive al margine, in un ambito periferico rispetto a noi stessi, esistono anche le persone che come siamo anche soliti dire “ci stanno a cuore”, le persone che abitano la nostra intimità, alle quali ci siamo consegnati e che sono i depositari della nostra vita. Il nostro essere si va formando attraverso i nostri numerosi incontri e dialoghi, e alcuni di questi diventano decisivi. I dialoghi dell’amore, i dialoghi dell’amicizia, i dialoghi di lavoro, i dialoghi che condividono e custodiscono lacrime segrete. Questo tipo di dialoghi segna la storia di ciascuno di noi e forma la nostra identità.

Nel nostro brano Gesù sta condividendo con i suoi discepoli uno di questi dialoghi preziosi riguardo la sua identità, la verità su se stesso. E dinanzi agli sguardi più superficiali, che non colgono la sua profondità, Gesù chiede ai discepoli cosa pensano essi stessi di lui. Non si tratta di una domanda che coinvolge solamente lui, ma riguarda anche il tipo di relazione che i discepoli intendono instaurare con lui. Esprimere una professione di fede come quella di Pietro — “Tu sei il Cristo il Figlio del Dio vivente” — non lascia la vita come la trova, la cambia radicalmente, coinvolge tutta la nostra vita, le nostre scelte e il nostro agire. Rispondere alla domanda: “chi è per me Gesù”, non in terza persona, ma in un dialogo diretto, faccia a faccia, con lo sguardo aperto alla profondità della propria interiorità e verità, può cambiare radicalmente la nostra esistenza.

Sapete? Ci sono momenti nella nostra vita nei quali non possiamo essere sostituiti, dove non esistono deleghe, ciascuno si gioca possiamo dire “tutto” con le proprie qualità e le proprie scelte. Il dialogo con Gesù è uno di questi. La fede e se vogliamo la pretesa cristiana di un Dio immenso incarnato in Gesù si gioca in questo dialogo intimo tra se stessi e Gesù. Da questo dialogo intimo alla ricerca di Dio è possibile che si dischiuda in noi l’incontro con il Signore; è possibile fare l’esperienza di una vera e propria esperienza di riconoscimento che apra le immense possibilità di una relazione intima e trasformante con Gesù stesso. Vivere con Gesù e tutte le nostre relazioni a partire da Gesù ci rende capaci di vivere una vita come quella sua, partecipi della comunione filiale con Dio e capaci di amare come lui ha amato, persino di dare la vita come lui l’ha donata.

E in questo momento troviamo il terzo aspetto del dialogo del nostro brano e il punto dove Pietro inciampa, non riesce a comprendere il maestro e Signore. Quando Gesù spiega e annuncia che essere re alla sua maniera, e perciò secondo Dio, significa amare fino a dare la propria vita, Pietro non lo sa comprendere, né si mostra capace di seguire Gesù. Si tratta di un passo difficile per tutti noi, amare nella misura di Dio. Per Dio e per Gesù, vivere, essere, significa amare, significa usare tutte le proprie energie e la propria autorità, la propria regalità e il proprio potere per amare. Ecco perché così pochi riescono a seguire veramente Gesù e a condividere la sua vita fino in fondo…

Non mi resta altro che lasciarvi al dialogo misterioso e intimo, eppure reale, con lui: buona chiacchierata e buon cammino di sequela dietro al Maestro e Signore.