Meditazione di fr. Giovanni Claudio Bottini, 25 febbraio, II Domenica di Quaresima

Meditazione di fr. Giovanni Claudio Bottini, 25 febbraio, II Domenica di Quaresima

Dal Vangelo secondo Marco
Mc 9,2-10

Il racconto della trasfigurazione fa parte della unità letteraria centrale nel Vangelo di Marco, 8,27-10,52, una unità incentrata sui temi dell’identità di Gesù e della condizione del discepolo. In essa abbiamo una specie di schema ternario ripetuto tre volte: (1) predizione della passione, (2) incomprensione dei discepoli, (3) istruzione di Gesù.

Ora il racconto della trasfigurazione resta fuori di tale schema e si presenta come un “complemento catechetico” della prima istruzione di Gesù: Pietro ha finalmente riconosciuto e confessato che Gesù è il Messia, Gesù ha iniziato a rivelare che egli sarà Messia sofferente, ma Pietro non capisce e si oppone; allora Gesù insegna che anche chi vuol essere suo discepolo deve prendere la croce e seguirlo sulla via della sofferenza. È un momento critico nel cammino di Gesù e nell’esperienza dei discepoli.

Ebbene a questo punto si inserisce l’evento della trasfigurazione con al centro la voce divina del Padre: «Questi è il Figlio mio, l’amato: ascoltatelo!» (9,7) che risulta una conferma: dell’identità messianica di Gesù confessata da Pietro, della rivelazione sulla sua missione di Figlio dell’uomo sofferente (8,31-33) e della sua istruzione sulla necessità della sofferenza per il discepolo (8,34-38). È questo Gesù che i discepoli e ogni cristiano è invitato ad ascoltare!

Il racconto è semplice e lineare nei suoi elementi: Gesù con i tre discepoli è sul monte (la tradizione cristiana antica lo ha identificato con il Monte Tabor) (v. 2a-b); l’evento della trasfigurazione con la gloria e l’apparizione di  Mosè e Elia (vv. 2c-4); la reazione meravigliata dei discepoli espressa da Pietro (le capanne) (vv. 5-6; l’interpretazione della manifestazione di Dio (teofania: la nube, la voce) (v. 7); v. 8: conclusione (v. 8); l’obbligo del segreto e stupore dei discepoli (vv. 9-10).

Tutto fa pensare che l’evento della trasfigurazione è stato ricevuto dalla tradizione e ritrasmesso dall’evangelista Marco. Questo il primo messaggio fondamentale: Dio rivela che Gesù, il figlio amato, è il personaggio promesso e atteso in vista della salvezza e insieme il Cristo riconosciuto poco prima da Pietro e il Servo sofferente appena annunciato da Gesù.

Impossibile commentare in pochi minuti la ricchezza di questo racconto dove oggi dettaglio è significativo: l’«alto monte» su cui Gesù sale non è soltanto un’indicazione topografica, ma, insieme al fatto che Gesù porta con sé solo tre discepoli e soltanto essi assistono alla trasfigurazione con la quale Gesù è rivelato da Dio, il Padre, come il «Figlio», «l’amato»; valore simbolico possono avere anche le «vesti splendenti»; Mosè ed Elia che «conversavano con Gesù» rappresentano certamente la Legge e i Profeti ma sono anche i soli personaggi dell’Antico Testamento che hanno visto Dio sul Monte Sinai e sull’Oreb e ora parlano con Gesù Figlio di Dio. Infine il comando che nello scendere dal monte Gesù dà ai tre fortunati discepoli di non divulgare il fatto della trasfigurazione va compreso alla luce del cosiddetto «segreto messianico» o meglio del mistero di Gesù che è insieme Messia, ma anche Figlio dell’uomo o Servo sofferente. È come dire che non è consentito confessare che Gesù è il Cristo Signore senza credere e annunciare che egli è contemporaneamente il Cristo Crocifisso.

L’evento della trasfigurazione di Gesù – come per i primi discepoli, così per noi – è un potente raggio di luce per la nostra fede e una lezione impegnativa per la nostra vita. Lo dice con termini elevati il Prefazio per la Messa di questa Domenica: «Egli [Gesù], dopo aver dato ai discepoli l’annuncio della sua morte, sul santo monte manifestò la sua gloria e chiamando a testimoni la legge e i profeti indicò agli apostoli che solo attraverso la passione possiamo giungere al trionfo della risurrezione».

Amiche e amici in ascolto, la Quaresima sia per noi un cammino di vita e di fede nel quale accogliere sempre nuovamente la rivelazione di Dio in Gesù che ci precede e insegna a vivere come discepoli e discepole del suo Vangelo.

  1. Claudio Bottini, Studio Biblico Francescano, Gerusalemme