Mt 23,1-12

Meditazione di fr. Massimo Luca, 27 febbraio

Dal Vangelo secondo Matteo
Mt 23,1-12

Il Signore vi doni pace. Sono frate Massimo Luca, dello Studium Biblicum Francescano, convento della Flagellazione di Gerusalemme.

Gesù, citando la cattedra di Mosè, rimprovera gli scribi e i farisei, i capi e i maestri del popolo. La cattedra è la sedia riservata al maestro, a colui che ha il compito di insegnare; Mosè ricorda la legge ricevuta da Dio sul monte Sinai per istruire il popolo di Israele. Cattedra e Mosè indicano l’autorità e l’insegnamento dei precetti di Dio, un compito affidato a scribi e farisei. Gesù non contesta loro questo compito, anzi invita i suoi ascoltatori ad accogliere quanto dicono scribi e farisei, ma, continua dicendo, “non agite secondo le loro opere, perché dicono ma non fanno”.

Gesù li sta accusando di ipocrisia perché scribi e farisei da un lato sono coloro che insegnano i precetti di Dio, mentre gli mancano di lealtà e rettitudine, coerenza e fedeltà. Scribi e farisei fanno il doppio gioco e si nascondono nell’ambiguità.

Forti della loro posizione autorevole assumono un atteggiamento esteriore colmo di superbia e vanagloria, che li porta ad apparire, a mettersi in mostra per ricevere titoli e riconoscimenti dalla gente, ad ambire ai primi posti e a quelli d’onore. La loro ipocrisia è rimarcata dall’arrogante rigidità che hanno nei confronti del popolo al quale impongono di portare pesanti fardelli, che contrasta con l’accondiscendenza che hanno con sé stessi. Gesù invece li smaschera dicendo che questi fardelli loro “non vogliono muoverli neppure con un dito”.

Gesù si serve di questo comportamento per ammonire i suoi discepoli affinché imparino a prenderne le distanze. A differenza di scribi e farisei ogni discepolo del Signore è chiamato a vigilare, perché quel tratto ipocrita, che potrebbe facilmente nascondersi nell’intimo di ogni persona, non lo sovrasti e lo porti ad usurpare il prezioso dono che Dio gli ha dato, quello cioè di essere fratello (sorella) di ogni uomo. Gesù afferma che la verità e la bontà di ogni servizio è verificata nella capacità che il discepolo ha nel recare sollievo e conforto ai fratelli e sorelle, non certo nella tendenza di imporre “fardelli pesanti e difficili da portare”.

L’incontro odierno con Gesù ci aiuti a guardarci dentro con onestà e lealtà, affinché la sua parola smascheri quegli atteggiamenti “farisaici” che offuscano e deformano la sua immagine in noi. Gesù è venuto per manifestarci l’amore che Dio ha per tutti gli uomini, scribi e farisei compresi, è venuto a fasciare le nostre ferite, curarle e guarirle. Lui ci chiede di essere e di rimanere umili suoi discepoli, di imparare da lui perché egli è la nostra Guida e il nostro Maestro (rabbi), lui che si proclama “mite e umile di cuore” (Mt 11,29).

Come Guida e Maestro ci insegna a curare e prevenire l’ipocrisia con l’umiltà, l’arroganza con la minorità, a comportarci da fratelli minori. L’ipocrisia e l’arroganza tendono a fare di ciascuno di noi una “guida”, un “rabbi”, un “padre”. L’umiltà e la minorità trasformano invece il discepolo in “servo” capace di camminare e di rimanere al fianco del fratello o sorella, per aiutarlo a portare la sua croce, talvolta di portarla per lui. In questo modo ciascun “servo” farà brillare l’immagine di Gesù che è in lui, testimoniando che è stato trasformato dal suo amore e che lo sta restituendo a Dio nel servizio al fratello o sorella.

Il Signore vi doni pace.