Meditazione di fr. Piermarco Luciano, 8 febbraio, I Domenica di Quaresima

Meditazione di fr. Piermarco Luciano, 18 febbraio, I Domenica di Quaresima

Il Signore vi dia Pace. Sono fr. Piermarco, vicario del convento di San Salvatore in Gerusalemme e vice maestro nello Studentato teologico situato nel mede-simo convento.

Il Vangelo della prima Domenica di Quaresima, in ognuno dei tre cicli domenicali dell’Anno Liturgico A B e C, ci presenta Gesù che nel deserto viene tentato da Satana.

Iniziamo con una questione di “significato”. Nella lin-gua italiana corrente la parola “tentare” ha un valore esclusivamente negativo (pensiamo a tutto il problema che suscitava “e non ci indurre in tentazione”!). Non è così nel greco con cui sono stati scritti i Vangeli dove il termine indica “fare una prova” o “mettere alla pro-va”. Questo senso ha conservato anche nella lingua la-tina dove significa “sondare, mettere alla prova”, ma anche “provocare”. Detto questo, che ci servirà per comprendere bene quello che è successo a Gesù nel de-serto (e non solo in quel luogo), e che succede anche a noi, passiamo a vedere cosa ci dice il testo.

Nella versione liturgica, quella che ascoltiamo nella S. Messa, il Vangelo inizia “In quel tempo, lo Spirito so-spinse Gesù nel deserto ….” A questo riguardo bisogna fare due chiarificazioni. Nel testo evangelico al pasto di “in quel tempo” troviamo “e subito”: rispetto a cosa? I versetti precedenti riportano il racconto del Battesimo di Gesù, e quello immediatamente prima la voce del Padre che dice: “Tu sei il Figlio mio, l’amato: in te ho posto il mio compiacimento”. La seconda chiarifica-zione riguarda “lo Spirito sospinse”: nel testo greco il verbo usato da Marco è molto più duro, potremmo benissimo tradurlo con “scacciare”, “scaraventare”; forse Marco ci vuole indicare il dominio completo del-lo Spirito sulla vita di Gesù. Ma possiamo anche pensa-re che alla proclamazione dell’identità e dignità di es-sere Figlio (Gesù in assoluto e noi in Lui!) segua l’indicazione di dove questa identità e dignità viene vis-suta, messa alla prova e testimoniata.

Il deserto infatti è figura di questa nostra vita terrena che è una situazione provvisoria, un passaggio: come uscito dall’Egitto il Popolo d’Israele per arrivare alla Terra Promessa ha attraversato il deserto, così noi, usciti dal Fonte Battesimale attraversiamo questa vita per giungere alla Gerusalemme Celeste che, come ci dice S. Paolo è nostra Madre, dimora stabile e definiti-va.

Questo senso lo suggerisce anche il proseguo del Van-gelo. Marco è molto scarno nel suo racconto, non ci riporta, come Matteo e Luca il contenuto delle tenta-zioni, ma la forma verbale che utilizza dice che per quaranta giorni Gesù era tentato, non solo alla fine, quando ebbe fame! Anche questo richiama l’esperienza che il Popolo d’Israele ha fatto nel deserto, luogo di tentazione di rivolgersi ad altri dei, di mormo-razione continua nei confronti di Dio, di incredulità nella sua presenza, ma anche luogo in cui si sperimenta la Provvidenza con la quale Dio soccorre il Suo popolo.

Il Popolo nel deserto è stato tentato, Gesù nel deserto è stato tentato, noi, nel deserto della vita terrena, sia-mo tentati. Ma cosa è la tentazione, in cosa consiste? È la proposta che ci fa il diavolo, o la pretesa che viene dalla nostra superbia, di vivere la nostra esistenza, le nostre scelte, le nostre azioni a prescindere da Dio e dalla Sua volontà; il considerare nostra proprietà quel-lo che è Suo dono e di abusare di ciò che ci è dato ma non ci appartiene. E Gesù vince le tentazioni, e ci inse-gna come vincerle (e ci dona anche la forza per farlo) scegliendo la via dell’obbedienza e del dono di sé.

E nell’obbedienza a Dio e nella non appropriazione dei suoi doni, l’uomo ritorna a quella innocenza e a quella armonia che esisteva prima del peccato: questo signifi-cherebbe lo stare di Gesù con le fiere, le bestie selvati-che, questo significherebbe anche il rapporto partico-lare che molti santi (e non solo san Francesco) ebbero con le creature animate e inanimate. E una volta “ser-vi di Dio”, è Dio stesso che si prende cura dei Suoi ser-vi, mediante i Suoi Angeli.

E il Vangelo continua, col racconto dell’inizio della predicazione di Gesù. Gesù ci presenta quattro azioni: due compiute da Dio e due che l’uomo dovrebbe com-piere. È Dio che nella Sua bontà ha fatto arrivare la “pienezza dei tempi” e nella Persona del Suo Figlio ha fatto sì che il Suo Regno si facesse prossimo a noi: a questa opera della misericordia di Dio, che è proposta di salvezza, l’uomo deve dare il suo assenso converten-dosi e credendo. E non solo la proposta di salvezza è dono di Dio, ma anche la sua accoglienza: è una volon-tà sorretta dalla grazia quella che fa le scelte concrete per uscire da una vita che gira attorno alle proprie esi-genze, e aderire a Dio con una vita che gira attorno al-le esigenze del Vangelo.

All’inizio di questo tempo di grazia, allora, siamo invi-tati, come dice la Liturgia, a ripercorrere la strada dell’esodo quaresimale, perché, vinte le tentazioni, si manifesti pienamente la nostra dignità di popolo dell’Alleanza nuova ed eterna, chiamato da Dio ad ascoltare la Sua Parola, e fare esperienza dei Suoi pro-digi, a cantare le Sue lodi. E questo convertirsi e crede-re non è opera di un giorno, ma un cammino progres-sivo che dura per l’intera vita: dal bene al meglio; oggi più di ieri e meno di domani!

Saremo così preparati a vivere la Pasqua in “spirito e verità”: non solo e non tanto la prossima Pasqua di Resurrezione, ma la nostra Pasqua, quando con Gesù e come Gesù compieremo il nostro esodo da questo mondo al Padre.

A lode di Cristo. Amen.