Celebrando l’Ascensione del Signore | Custodia Terrae Sanctae

Celebrando l’Ascensione del Signore

Gerusalemme risplendeva, vista dall’alto del Monte degli Ulivi, mentre un forte sole arroventava l’aria e la terra. Proprio lì una folla di frati e pellegrini si è radunata il 24 maggio davanti alla Cappella dell’Ascensione e alle tende che circondano il Luogo Santo. La tenda “sacrestia”, la tenda “refettorio”, la tenda “dei superiori ” e, infine, la tenda “dormitorio”!» sono molto utile nel grande caldo delle ore del primo pomeriggio, in cui hanno fatto il loro ingresso solenne i capi delle chiese cristiane di Gerusalemme. Le diverse confessioni hanno celebrato la solennità dell’Ascensione del Signore tutti nello stesso giorno, perché cadeva nella stessa data, come per la Pasqua.
La cappella ottagonale dell’Ascensione è del periodo crociato e si trova ad oggi dentro una proprietà musulmana. È consentito l’accesso ai cristiani in occasione di questa festa. Presente ancora oggi all’interno, una pietra che, secondo tradizione, recherebbe le impronte dei piedi di Gesù che ascendeva al cielo.

I latini sono stati i primi ad entrare nel Luogo Santo, seguiti da armeni, copti, siriaci e greco-ortodossi. Fuori dalla cappella, un clima di festa ha contraddistinto tutta la giornata, all’insegna della preghiera ma anche della comunione fraterna. Nelle tende montate sopra ai piccoli altari in pietra, che rimangono scoperti tutto l’anno, si sono incontrati francescani, armeni, siriaci, copti e greci, non solo sacerdoti, ma anche laici. Una studentessa cristiana copta ha espresso la sua gioia: «È bello essere qui a celebrare questa festa, vedere cosa succede qui intorno, pregare tutti insieme».
Per i francescani, dopo l’ingresso del Vicario della Custodia Fr. Dobromir Jasztal, si sono succedute le preghiere dei Vespri, della Compieta e della Vigilia. Tra i canti latini e sotto il forte sole del primo pomeriggio, una processione solenne ha girato per tre volte attorno all’edicola della Ascensione. Come a ricordare ciò che avviene anche al Santo Sepolcro, dalle loro tende poste ai lati dell’edicola, i membri delle altre chiese erano fermi a guardare i francescani, mentre passavano davanti ai loro occhi.
Alle 11 della sera i frati si sono ritrovati nuovamente per la Vigilia dell’Ascensione. È stata una preghiera notturna, come quella dei discepoli sul Monte degli Ulivi la notte in cui catturarono Gesù. Stipati nella piccola cappella, hanno proclamato canti e letture anche per i fedeli che, non avendo trovato posto, hanno seguito la liturgia da fuori. Da mezzanotte in poi sono iniziate le messe una dopo l’altra in una differente lingua. Grande afflusso di fedeli per le messe in arabo, per cui sono arrivati in piena notte pullman carichi di persone.

Non era ancora l’alba quando è iniziata l’ultima messa, quella in latino. I suoni dell’organo e della parola di Dio hanno squarciato il silenzio e dato il benvenuto al sole che piano piano sorgeva.
«L’Ascensione è ciò che lega la domenica di Pasqua alla Pentecoste – ha detto nell’omelia Fr. Dobromir Jasztal -. Ci fa capire il fine dell’incarnazione, della passione, della morte e resurrezione di Gesù. Egli si è fatto uomo perché l’uomo potesse essere elevato alla gloria e alla comunione con Dio». Il Vicario ha poi spiegato che nell’Ascensione viene a compiersi la profezia dell’Emmanuele, già nominato da Isaia sette secoli prima di Cristo, che vuol dire “Dio con noi”. Emmanuele è anche il nome con cui l’angelo spiega a Giuseppe il senso della gravidanza di Maria. «Emmanuele è il nome con cui Gesù saluta i suoi discepoli in questo luogo, dicendo “io sono con voi” fino alla fine del mondo», ha detto Fr. Dobromir.

Beatrice Guarrera