Un patto di sacra alleanza contro la Croce? Un altro passo verso il baratro dell'intolleranza | Custodia Terrae Sanctae

Un patto di sacra alleanza contro la Croce? Un altro passo verso il baratro dell'intolleranza

Domenica 11.09.2005

A Mons. Paolo Urso, Vescovo di Ragusa, tenuto conto del clima che si respira a Gerusalemme soprattutto in alcuni luoghi, avevo suggerito, per precauzione, di coprire la croce pettorale, dono del Santo Padre.

Allo stesso modo avevo chiesto ai sacerdoti, che lo accompagnavano nel pellegrinaggio in Terra Santa, di evitare qualsiasi atteggiamento o gesto che potesse dar adito a spiacevoli e pretestuosi incidenti.

Dovevamo attraversare il quartiere ebraico per recarci al Muro del Pianto e alla Spianata delle moschee. Beninteso, non abbiamo camminato sulla punta dei piedi.

Nessuno poteva avere l’idea di quanto ci aspettava.

All’ingresso alla Spianata ci accoglie un agente della sicurezza, uno dei tanti giovanotti che attraversano armati le via della città e che piantonano ogni edificio pubblico.

L’esordio è stato di routine. “Quanti siete?”, “Da dove venite?”. Poi, cosa finora a me mai capitata: “Avete croci?”. La domanda è suonata tanto inaspettata quanto assurda. Tanto che lì per lì sono rimasto disorientato. Avevo capito bene? La risposta non poteva che essere una domanda: “Cosa hai detto, prego?”. La risposta dell’agente, naturalmente, non poteva che essere la domanda precedente, ma c’è stata un’aggiunta: “Avete croci, bibbie?”. E’ inutile dire che il tono era seccato e perentorio. Ma ciò rientra nella normalità, oramai non ci si fa più caso.

Forse il giovanotto si sarà accorto del nostro tentennamento e dei nostri sguardi sorpresi, per cui ha voluto dare una veste legale alla suddetta domanda: “Qui è proibito entrare con croci e bibbie!”. Ciò detto, con fare da sbirro del KGB, si è messo a rovistare nella mia borsa senza dirmi nulla. Dalla borsa di un seminarista è riuscito ad estrarre finalmente il corpo del delitto: una coroncina del Rosario in legno con dieci grani. Roba di pochi grammi!

Gli ha detto, non diciamo ‘intimato’!, di riporla in un cesto posto in un angolo fuori dalla garitta.

Cosa volete? Mi son fatto sentire. Ma alla mia reazione non ha fatto altro che ripetere i termini del divieto di accesso. Ancora l’aspetto legale, nel caso avessimo avuto ancora qualche dubbio sull’assurdità del fatto: ha chiamato un agente di polizia più attempato per farci ribadire l’inappellabilità dell’interdizione.

Potremmo chiederci perché se la ridessero - la mente va ad atteggiamenti simili assunti da ceffi nel passato e non solo -, ma lascio la risposta ai gentili lettori.
Rifuggo dalle generalizzazioni, sono ingiuste e pericolose. Hanno smesso di ridere però quando gli ho detto che non erano Israeliani ma Giudei Sauditi.

Il nostro tentativo di dissacrare la Spianata si è fermato a questo punto.

Se l’accaduto non rientrasse in un quadro più generale di intimidazione o, se volete, di ostilità nei confronti dei cristiani, avrei lasciato perdere. Ma il mosaico è fatto di tessere coerenti. Ed è conveniente sollevare il caso, non lasciandolo obliterare per (finto) amore di pace.

Mi chiedo perciò dietro al pesce piccolo quale pesce grosso si nasconda, l’autorità civile o religiosa israeliana, o i responsabili musulmani della Spianata?

Sarebbe doveroso da parte di chi ha emanato anche solo a voce una così incivile norma, giustificare, secondo quanto prescrivono invece le consuetudini civili, i termini dell’accaduto.

Michele Piccirillo