At 2,1-11; Sal 103; Rm 8,8-17; Gv 14,15-16.23-26
1. Carissime sorelle, carissimi fratelli,
il Signore vi dia Pace!
Siamo riuniti insieme nella Pentecoste per accogliere il dono dello Spirito Santo. La parola Pentecoste, che ritroviamo nella prima lettura, significa cinquantesimo, la Pentecoste è infatti il cinquantesimo giorno trascorso dopo la risurrezione di Gesù.
Nel calendario ebraico era – ed è – la festa in cui viene celebrato il dono della Legge, 50 giorni dopo l’uscita dall’Egitto. La Legge è quel dono che Dio ha fatto al suo popolo per sostenere la sua fragile libertà e orientarlo al bene in modo stabile e sicuro, aiutarlo a superare l’individualismo e la divisione, per farlo diventare un popolo vero e unito.
Come la segnaletica stradale ci indica verso dove camminare, e come i paracarri ci aiutano a non finire fuori strada, così la Legge di Dio ci educa a conoscere la volontà di Dio e ci aiuta a camminare restando dentro la carreggiata della Sua volontà. Infatti, da un lato non è facile uscire dalle nostre schiavitù, perché quasi sempre il Faraone che ci fa schiavi non ci corre dietro, ma ce lo portiamo dentro, dall’altro lato camminare nella libertà non è facile, non è facile impegnare la propria libertà e volontà alla ricerca del bene.
2. A modo suo anche la Pentecoste cristiana ha a che fare con il dono della Legge, perché lo Spirito scrive la Parola di Dio, il comandamento nuovo dell’amore, dentro il nostro cuore, ci ricorda le parole di Gesù e ce le fa conoscere in modo sempre più profondo, ci fa fare l’esperienza di cosa significa essere figli di Dio e poter chiamare Dio “Abbà-Padre”, ci sostiene interiormente per vivere da figli di Dio.
San Paolo ce lo ha spiegato in modo molto chiaro mettendo in contrapposizione una forma di vita che lui chiama “secondo la carne” con un’altra forma di vita che consiste nel “lasciarsi guidare dallo Spirito”.
Quando viviamo secondo la carne ci lasciamo semplicemente portare dalla nostra umana fragilità, ci limitiamo ad assecondare i nostri bisogni e desideri, le nostre pulsioni e le nostre voglie, i nostri umori e le nostre passioni. Quando viviamo secondo la carne, se c’è da scegliere tra qualcosa di impegnativo e qualcosa di facile, optiamo per la cosa più facile, anche se dannosa per noi e per gli altri.
Quando ci lasciamo guidare dallo Spirito invece sottoponiamo alla luce della Parola di Dio i nostri bisogni e desideri, se c’è da scegliere tra un bene impegnativo e un male facile, scegliamo il bene impegnativo, impariamo anche l’arte della mortificazione, che è l’arte di educare noi stessi a scegliere il bene, ad assecondare la Parola di Dio e la sua volontà, anche quando ci costa. Il risultato finale è che quando ci lasciamo guidare dallo Spirito cominciamo un po’ alla volta a sperimentare la bellezza dell’essere figli di Dio e di avere un Dio che è Padre, impariamo ad amare in modo autentico, fino al dono della nostra vita.
3. Non c’è però solo un’azione interiore dello Spirito che riguarda la vita del singolo, ma c’è un’azione interiore che dal singolo si espande alla vita della comunità, della Chiesa, nel caso nostro potremmo dire della fraternità.
Il Padre e il Figlio, grazie al dono e all’azione dello Spirito, vengono a dimorare, cioè a stare in modo stabile e permanente dentro di noi: «Se uno mi ama, osserverà la mia parola, e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui, e prenderemo dimora presso di lui» (Gv 14,23).
Non si tratta di un’espressione simbolica, si tratta della descrizione di ciò che realmente avviene in noi, in modo misterioso, già a partire dal giorno del nostro battesimo.
Nella Regola non bollata, san Francesco ci esorta perciò a prendere molto sul serio le parole di Gesù e ci dice: “E sempre costruiamo in noi una abitazione e una dimora permanente a Lui, che è il Signore Dio onnipotente, Padre e Figlio e Spirito Santo” (Rnb XXII,27: FF 61).
La presenza in noi della Santissima Trinità è la presenza in noi del Padre e del Figlio e dello Spirito che si amano reciprocamente e infinitamente e vivono questo loro reciproco amore dentro di noi. Questa presenza interiore e amante è paragonabile a una centrale a fusione nucleare, che produce energia pulita anziché scorie radioattive. E l’energia prodotta dalla presenza in noi dal Padre e dal Figlio e dallo Spirito nel loro movimento di amore reciproco è l’energia pulita dell’amore gratuito, che realizza comunione anche tra di noi, che anziché produrre scorie brucia le scorie del nostro peccato attraverso l’energia purificatrice della riconciliazione e del perdono.
È una cosa quasi incredibile, tanto è grande e meravigliosa.
4. Alla luce di quanto ci suggerisce la Parola di Dio che abbiamo ascoltato forse comprendiamo meglio perché san Francesco, nel capitolo X della Regola bollata ci dice che ciò che dobbiamo “desiderare sopra ogni cosa è di avere lo Spirito del Signore e la sua santa operazione”, dobbiamo cioè desiderare sopra ogni cosa il dono dello Spirito Santo e lasciarlo agire in noi, lasciarci guidare da Lui, assecondarlo.
Allora sperimenteremo contemporaneamente la bellezza dell’essere figli del Padre, amati come il Figlio unigenito e capaci di amare come Lui, e al tempo stesso la bellezza della comunione tra di noi, come riflesso ed effetto della comunione della Trinità che vive in noi.
Sperimenteremo anche la libertà interiore che ci dà l’osservare la Legge di Dio, la sua Parola, il camminare lasciandoci guidare dallo Spirito.
Non ci resta altro da fare che pregare con fede il versetto al Vangelo, che abbiamo cantato poco fa e che vi suggerisco di imparare a memoria e di pregare spesso: «Vieni, Santo Spirito, riempi i cuori dei tuoi fedeli e accendi in essi il fuoco del tuo amore».