A Gerusalemme riprende vita l’antico e minacciato patrimonio siriano | Custodia Terrae Sanctae

A Gerusalemme riprende vita l’antico e minacciato patrimonio siriano

Dal cielo Fr. Ignacio Peña, Fr. Romualdo Fernández e Fr. Pasquale Castellana, a braccetto, guardano verso il convento di San Salvatore di Gerusalemme lasciando cadere lacrime di gioia. Una parte incompiuta del loro lavoro è in fase di studio; promessa per una nuova mostra.

I tre Francescani, due Spagnoli e un Italiano, durante gli anni trascorsi in Siria al servizio della Custodia, attraversarono il Paese alla scoperta del suo antico patrimonio. Si specializzarono in archeologia cristiana nella regione dominata dal Massiccio Calcareo. I lavori eseguiti sono stati raccolti e pubblicati in quattro Inventari (1). Lavori talmente importanti che i tre religiosi, nel 2009, furono onorati con la medaglia “Pro Ecclesia et Pontifice” (Per la Chiesa e il Pontefice) da papa Benedetto XVI, come benemerenza: «Dei servizi resi alla Chiesa e al papato».

Tuttavia, a discapito degli autori, i libri non avevano lo spazio necessario per la pubblicazione del patrimonio fotografico raccolto nei siti inventariati. Nei cassetti giacevano dimenticati migliaia di negativi, documenti, film, diapositive.
Fr. Ignacio e Fr. Pasquale, deceduti, il primo nel 2010, il secondo nel 2012, non vennero mai a conoscenza degli avvenimenti che dal 2011 hanno sconvolto la Siria.
Fr. Romualdo, il beniamino dei tre, durante un soggiorno a Gerusalemme a fine 2012, aveva una sola preoccupazione: la sua salute peggiorava ed ormai era rimasto l’unico in grado d’interpretare le immagini, che la Custodia avrebbe dovuto digitalizzare.

Fu proprio grazie alla sua richiesta che nacque il Dipartimento fotografico degli Archivi storici della Custodia, affidato a Fr. Sergey Loktionov. Fr. Sergey nel 2013, si avvalse della collaborazione di Rossella, una volontaria, per riordinare il mucchio di foto, raccolto in varie buste sparpagliate.

«Senza il lavoro di Rossella, non avrei potuto fare il mio», afferma Emmanuelle Main che da due anni ne ha preso il testimone. «Rossella ha tolto le foto dalle buste, le ha messe su fogli di plastica (secondo le norme di conservazione). È stata lei a compilare la prima lista dell’inventario del patrimonio fotografico. Ha svolto un lavoro tanto considerevole quanto ingrato, ma assolutamente necessario». Mentre si svolgeva questo lavoro, la salute di padre Romualdo, ancora in Siria, non gli permetteva di lasciare il Paese per venirsi a curare presso l’Infermeria del convento di Gerusalemme. Né la situazione politica consentiva di fargli pervenire alcun documento che avrebbe potuto ampliare. Nel 2015, quando Emmanuelle ha iniziato il suo lavoro, si è ritrovata orfana di coloro che ha imparato a conoscere attraverso i negativi che digitalizzava.

Storica di formazione, Emmanuelle ha dovuto scoprire tutto riguardo le tecniche della digitalizzazione. Ma non è stata questa la sfida la maggiore. «Ero al lavoro per digitalizzare le foto e dare informazioni. Ma su quali basi? Le annotazioni dei frati erano rarissime. Le grafie dei nomi arabi variavano da un autore all’altro. Chi poteva certificare che, tutte le foto trovate nella busta, attribuite ad un sito, prevenissero effettivamente da lì?».
La sua eccezionale memoria visiva le ha permesso a volte di classificare automaticamente ciò che stava scoprendo. «A forza di guardare le foto si capisce, dalla vegetazione o dalla geografica di quel determinato luogo, se quel negativo sia potuto essere scattato proprio lì».

Emmanuelle, dal fondo del convento gerosolimitano, distante circa 500 chilometri in linea d’aria dal Massiccio Calcareo siriano, oggi in mano ai ribelli (conteso dal califfato islamico a Est e dall’armata siriana a Ovest), è diventata un’investigatrice grazie a Google, al punto di conoscere la Regione come gli stessi bravi padri Francescani, o quasi...

Dopo gli inizi, cominciati alla cieca, bisogna ascoltarla oggi parlare di Dar Qita, di Djeradeh, del djebel Zawiyé, fino al boschetto d’alberi al centro del sito di Kefert Aqab (Djebel Wastani). A sentirla, vien voglia di prendere una jeep e: «all’uscita del villaggio, prendere la prima a destra» per andare con lei a contemplare l’iscrizione siriaca misurata da Fr. Romualdo a Banabel, o decifrare con lei le prime parole in greco del Padre Nostro, fotografate à Frikiya.

Durante questi due anni, Emmanuelle non è diventata soltanto un’esperta visualizzatrice dell’archeologia siriana del Massiccio Calcareo; non ha soltanto digitalizzato circa 10.000 documenti fotografici, ma ha costruito una banca dati di 282 pagine per 326 siti.

Ogni voce presenta tutti i grafici di un luogo e descrive il negativo, il cui nome di file è evidentemente codificato. Inoltre con il prezioso Google Earth, Emmanuelle ha potuto identificare ogni sito.

Accanto alle foto della «Collezione Peña» – dal nome di uno dei «Tre moschettieri», come li chiama affettuosamente Emmanuelle, che ha scattato più foto – Emmanuelle ha creato un altro fascicolo d’immagini più recenti trovate su internet. Ha organizzato tutte le informazioni trovate, dopo aver letto molto, indicandone la fonte online. Così, per esempio, si apprende che il Leone di Chnan è stato distrutto nel 1990, come attesta un articolo del professore Marc Griesheimer, trovato sul web.

Grazie a questi negativi, alla loro conservazione, alla loro documentazione si è potuta conservare la traccia di un passato antico e di una ricchezza, spesso di rara bellezza, già usurati dal tempo, per carenza di manutenzione e dei danni subiti, in questi ultimi anni, dalla devastazione della guerra e dai saccheggi.

Questo lavoro, commissionato dalla Custodia, sarà parzialmente presentato il prossimo 17 ottobre a Gerusalemme, nell’ambito delle celebrazioni per gli 800 anni di Presenza Francescana in Medio Oriente (2).
La domanda è cosa fare affinché questo lavoro non sia vanificato? È a questo punto, che un lavoro così prezioso dovrebbe essere messo a disposizione dei ricercatori. È a questo punto, che non si deve correre il rischio che tali informazioni cadano in mano di quanti vorrebbero vederlo distrutto, per motivi che vanno al di là di ogni umana comprensione.

La Custodia dovrà fare delle scelte, cercare finanziamenti per conservare la memoria di queste scoperte, onorando il lavoro competente e puntiglioso dei suoi religiosi.

Marie-Armelle Beaulieu

1. Inventario del jebel Baricha, 1987; Inventario del jebel A’ala,1990; Inventario del jebel Wastani,1999; Inventario del jebel Dweili 2000.
2. La conferenza di Emmanuelle Main (in inglese) è in programma il 17 ottobre alle ore 17,00 nella Sala dell’Immacolata, presso il convento di San Salvatore a Gerusalemme.