Tra una partenza e l'altra in giro per il mondo, il tempo di Padre Aquilino Castillo Álvarez è prezioso, eppure quando parla del suo incarico come animatore vocazionale della Custodia, sembra non avere più alcuna fretta. Dal 2013 svolge questo compito con passione e impegno, vedendo nascere nei giovani di tutto il mondo il primo germoglio della vocazione a essere frati. L'obiettivo è quello di aiutare gli aspiranti al seminario a capire qual è la loro strada e far conoscere loro cosa significa essere frati della Custodia. «Tra i miei compiti quotidiani c'è il tenermi sempre in contatto con i ragazzi che hanno la vocazione e a volte organizzarmi per trovare una giornata da passare insieme», racconta Fr. Aquilino.
ESSERE FRATI DELLA CUSTODIA. Che cosa implica realmente diventare frate in Terra Santa? «La Custodia è una rinuncia alla propria famiglia, al proprio Paese, al proprio ambiente culturale - spiega Padre Aquilino -. Ciò che la vita francescana in Terra Santa permette, però, è seguire Gesù, è "gettare le reti", lasciare le proprie sicurezze, fidarsi completamente di Gesù e cambiare vita. E si trovano anche dei nuovi fratelli che non si scelgono, ma che Dio ti mette davanti». I ragazzi che contattano l'animatore vocazionale solitamente sono di varie culture e cercano cose diverse, ma Fr. Aquilino sa che cosa li muove: «La principale motivazione è la sete di missione, della vita in missione. La seta di radicalità, di vivere un cristianesimo più puro, che in alcuni territori può anche essere sotto le persecuzioni».
Il percorso per diventare frati della Custodia passa per il contatto con l'animatore vocazionale, la permanenza di un anno in una casa di accoglienza (a Betlemme o a Harissa, in Libano), per poi recarsi in Italia per il postulantato a Montefalco e il noviziato al santuario francescano della Verna. Le tappe successive sono in Terra Santa: i seminaristi studiano filosofia per due anni ad Ain Karem e poi una delle tre lingue usate per la pastorale (greco, arabo ed ebraico). È previsto infine il quadriennio teologico al seminario di San Salvatore a Gerusalemme.
LA PAURA DI RISPONDERE ALLA VOCAZIONE. Il primo contatto con Fr. Aquilino avviene tramite il web, attraverso le email o su Facebook . Altre volte sono i frati stessi o i commissari che nel mondo parlano della Terra Santa a fare da tramite. Ottimi seminatori di vocazioni sono anche i seminaristi del seminario teologico internazionale di Gerusalemme, che ritornano poi nei loro paesi di origine e raccontano le loro storie. «Quando si sente la vocazione, la paura è normale - rivela Fr. Aquilino -. Se trovo qualcuno che vuole lasciare tutto subito e venire in Terra Santa, senza nemmeno pensare alle difficoltà, non penso sia pronto ad affrontare la vita qui. La vocazione non è un impulso, deve essere scoperta con consapevolezza di quello che si sente e di ciò che comporta questa scelta Tutti noi frati abbiamo avuto paura e la sentono anche i giovani, perché questa paura è una vertigine: ci si butta in una terra di conflitto. Ma la cosa importante è che capiscano che il Signore li sceglie proprio per la loro debolezza. Noi siamo vasi di creta, diceva san Paolo, che il Signore riempie del suo spirito. La vocazione è prima di tutto imparare qual è la via che il Signore ci sta indicando in ogni momento».
STORIA DI UNA CHIAMATA. Fra Aquilino ricorda con gioia gli anni della sua chiamata a diventare frate della Custodia e li racconta come la Genesi di una storia incredibile: «Nel 1996 studiavo filologia ebraica e aramaica all'Università di Madrid. Mi diedero una borsa di studio per un corso all'università ebraica di Gerusalemme e così, attraverso le suore francescane missionarie di Maria dove abitavo, ebbi il primo contatto con il mondo francescano. Poi scoprii il Santo Sepolcro: all'inizio mi facevano orrore il chiasso, i pellegrini, i rumori, ma una seconda volta rimasi sorpreso dalla pace che lì si può sentire in alcune ore del giorno. Cominciai a innamorarmi del Santo Sepolcro e ogni giorno, dopo i corsi, andavo alla processione quotidiana. La mia vocazione è nata in Terra Santa, senza cercarla. Ero un giovane normale, battezzato, cresimato, che ogni tanto andava in Chiesa e neppure ogni settimana. Venuto qui, il Santo Sepolcro mi toccò in profondità e mi toccò anche osservare la fede dei musulmani, degli ebrei, dei frati. Mi avvicinai a parlare allora con due frati, con i quali continuò poi una corrispondenza a mano, finché nel 1998 tornai in Terra Santa. Era una conferma che volevo diventare frate».
A tutti coloro che sentono la sua stessa vocazione, Fr. Aquilino fa un appello «Che nessuno abbia paura, ma che si fidino di Cristo. Anche se Dio non ha destinato loro a una vita religiosa, se sentono la chiamata a vivere un'esperienza in Terra Santa, vale la pena farla per l'intimità con Dio che si può avere nei santuari che noi francescani custodiamo. Possono tornare alla loro vita quando vogliono, ma vivere l'esperienza della Terra Santa, rimarrà nei loro cuori».
Beatrice Guarrera
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