1Re 17,10-16; Sal 145; Eb 9,24-28; Mc 12,38-44
Carissima Madre Maria Tita Superiora Generale e carissima Madre Elena, Superiora Provinciale di Terra Santa, carissime Sorelle Francescane missionarie del Cuore Immacolato di Maria, carissimi fratelli e sorelle,
il Signore vi dia pace!
- Le letture di questa domenica XXXII del tempo ordinario sono particolarmente significative per riflettere sul senso della vita cristiana e sul senso della vita consacrata.
In questa domenica le protagoniste della prima lettura e del vangelo sono due donne, due vedove, che ci vengono proposte per la loro capacità di donare tutto. Nella seconda lettura è lo stesso Gesù a donare se stesso per la redenzione dell’umanità intera. Vi viene richiamata così una verità profonda che illumina la vita di Gesù, la vita dei cristiani e anche la vita dei consacrati e delle consacrate: la vita trova il suo senso più vero e più profondo quando sappiamo donare noi stessi. Queste letture e il loro contenuto illuminano anche i 100 anni di presenza qui a Nazareth delle Suore Francescane Missionarie del Cuore Immacolato di Maria.
- Potremmo dire che le letture di questa domenica ci aiutano a capire meglio il comandamento del duplice amore di Dio e del prossimo che ci è stato proposto la scorsa domenica. L’amore vero per Dio e per il prossimo si manifesta nella capacità di donare, in un crescendo continuo che va dal donare qualcosa e trova il suo culmine nel donare se stessi, la propria vita.
Nella prima lettura e nel vangelo questo atteggiamento è vissuto da due figure femminili, che hanno in comune la caratteristica dell’essere vedove. Questa annotazione fa meglio risaltare la grandezza della loro fede da un lato e la generosità del loro cuore dall’altro: per la Bibbia le vedove sono una delle categorie sociali meno garantite, perché non hanno difesa né ricchezza. Nella seconda lettura l’atteggiamento dell’offrire, del donare è incarnato da Gesù in persona, Gesù che ha offerto se stesso allo scopo di prendere su di sé i nostri peccati e riconciliarci con il Padre e tra di noi.
- Da queste letture emergono alcuni elementi rilevanti per una autentica spiritualità del donare e per una vita cristiana coraggiosa. Il donare diventa anzitutto espressione della nostra fede in Dio e del nostro amore per lui (come ci hanno ricordato la prima lettura e il vangelo). Entrambe le vedove fanno delle scelte veramente rischiose e coraggiose, perché entrambe donano ciò che avevano per vivere e non il loro superfluo. Lo fanno perché hanno fede in Dio e nella sua Parola. Lo fanno perché vogliono manifestare il proprio amore a Dio. Lo fanno perché sanno che Dio si prende cura di chi ama fidandosi e di chi si fida amando.
- In secondo luogo il donare sa andare al di là degli steccati etnico-religiosi: la vedova della prima lettura non appartiene al popolo d’Israele, è (probabilmente) una pagana di Zarepta di Sidone! Pochi chilometri da qui. Questo ci fa capire che per chi ama Dio non esistono vincoli o pregiudizi etnico religiosi che impediscano di amare il prossimo. Da questo punto di vista le opere sociali come le scuole sono un esempio evidente. Qualche volta sono un esempio non compreso.
- In terzo luogo, se stiamo alle parole di Gesù, il donare che Dio apprezza è quello gratuito e non quello che facciamo per promuovere la nostra immagine. A Dio non piace chi dona per farsi vedere e ottenere pubblici riconoscimenti. A Dio piace che noi doniamo in modo tale che «non sappia la tua destra ciò che fa la tua sinistra». A Dio piace che doniamo in modo veramente gratuito. Questo provoca una domanda che può anche essere irritante ma che ci dobbiamo fare: sappiamo donare gratuitamente? Sappiamo donare semplicemente perché qualcuno ha bisogno ed è bene dare? O diamo per essere visti e suscitare (o pretendere) riconoscenza?
- Infine il donare autentico diventa manifestazione del dono di sé (seconda lettura), è esattamente quello che fa Gesù Cristo in croce: privato di tutto, anche delle vesti, altro non può donare che se stesso ed è quello il dono, quella l’offerta che trasforma la nostra esistenza. Ogni dono sincero e gratuito manifesta il nostro desiderio di donare noi stessi in comunione col Cristo. Come possiamo manifestare questa essenza dell’amore?
- Carissime sorelle del che festeggiate il centenario di presenza qui a Nazareth, queste lettura parlano anche a voi e illuminano la vostra presenza e la vostra opera missionaria, che è dentro la spiritualità cristiana e francescana.
Vi auguro con tutto il cuore che sappiate ispirarvi alla vedova di Zarepta, alla vedova del Vangelo e allo stesso Gesù nel vivere la vostra vocazione e la vostra missione, non solo qui a Nazareth ma anche in tutti gli altri luoghi in cui vi trovate.
Vi auguro di saper esprimere attraverso la vostra presenza e attraverso le vostre opere la forza dell’amore che sa fidarsi e che si dona; la forza dell’amore che sa andare oltre i confini etnico religiosi; la forza dell’amore che si manifesta nel dono gratuito di sé.
Come ha ricordato il santo papa Giovanni Paolo II nell’omelia di beatificazione della vostra fondatrice, madre Caterina Troiani: “Verso il prossimo, vittima del dolore, della malattia, della miseria, la sua carità non ebbe mai preclusioni: cattolici, ortodossi, musulmani trovarono in lei accoglienza e aiuto, perché in ogni persona, segnata dal dolore, suor Caterina intravedeva il volto sofferente di Cristo” (Giovanni Paolo II, Omelia di beatificazione, 14 aprile 1985).
Che il Signore vi ricolmi di ogni benedizione e metta dentro il cuore di tante giovani il desiderio di condividere la vostra vocazione e la vostra missione, quella di donare se stessi per amore, sull’esempio di Cristo che ha offerto la sua vita per noi.
Così sia.
_______________________________________________________________
1 Kings 17: 10-16; Ps 145; Heb 9 ,24-28; Mk 12: 38-44
Dear Mother Maria Tita General Superior and dear Mother Elena, Provincial Superior of the Sisters CIM in the Holy Land, dear Franciscan Missionary Sisters of the Immaculate Heart of Mary, dear brothers and sisters,
May the Lord give you peace!
- The readings of this XXXII Sunday in Ordinary Time are particularly significant for reflecting on the meaning of Christian life and the meaning of consecrated life. On this Sunday the protagonists of the first reading and of the Gospel are two women, two widows, who are offered to us for their ability to give everything. In the second reading, it is Jesus Himself who gives Himself for the redemption of all humanity. A profound truth is thus recalled to you which illuminates the life of Jesus, the life of Christians and also the life of consecrated men and women: life finds its truest and deepest meaning when we know how to give ourselves. These readings and their content also illuminate the 100 years of presence here in Nazareth of the Franciscan Missionary Sisters of the Immaculate Heart of Mary.
- We could say that this Sunday's readings help us to better understand the commandment of the double love of God and neighbour that was offered to us last Sunday. True love for God and neighbour is manifested in the ability to give, in a continuous crescendo that goes from giving something and finds its culmination in giving oneself, one's life. In the first reading and in the Gospel, this attitude is experienced by two female figures, who have in common the characteristic of being widows. This annotation highlights the greatness of their faith on the one hand and the generosity of their hearts on the other: according to the Bible, widows are one of the least insured social categories, because they have no defense or wealth. In the second reading, the attitude of offering, of giving is embodied by Jesus Himself, Jesus who offered Himself in order to take our sins upon Himself and reconcile us with the Father and among ourselves;
- From these readings emerge some relevant elements for an authentic spirituality of giving and for a courageous Christian life. Giving becomes above all an expression of our faith in God and of our love for Him (as the first reading and the Gospel reminded us). Both widows make some really risky and courageous choices, because both give what they had to live and not was superfluous to them. They do it because they have faith in God and in His Word. They do it because they want to show their love for God. They do it because they know that God takes care of those He loves by trusting and who He trusts by loving.
- Secondly, giving knows how to go beyond ethnic-religious barriers: the widow of the first reading does not belong to the people of Israel, she is (probably) a pagan from Zarepta of Sidon! A few kilometers from here. This makes us understand that for those who love God there are no ethnic religious bonds or prejudices that prevent them from loving their neighbour. From this point of view, social works such as schools are an obvious example. Sometimes they are a misunderstood example.
- Thirdly, if we adhere to the words of Jesus, the giving that God appreciates is free and not what we do to promote our own image. God does not like those who give in order to be seen and to obtain public recognition. God likes us to give in such a way that "your right hand does not know what your left is doing." God wishes that we give truly freely. This raises a question that can also be irritating but we must ask ourselves: do we know how to donate freely? Do we know how to give simply because someone needs it and is it good to give? Or do we give to be seen and generate (or demand) gratitude?
- Finally, authentic giving becomes a manifestation of the gift of self (second reading), it is exactly what Jesus Christ does on the Cross: deprived of everything, even of His clothes, He cannot give other than Himself and that is the gift and offering that transforms our existence. Every sincere and gratuitous gift manifests our desire to give ourselves in communion with Christ. How can we manifest this essence of love?
- Dearest sisters who are celebrating the centenary of your presence here in Nazareth, these readings also speak to you and illuminate your presence and your missionary work, which is centered on Christian and Franciscan spirituality. I wish with all my heart that you will be inspired by the widow of Zarepta, the widow of the Gospel and Jesus Himself in living your vocation and your mission, not only here in Nazareth but also in all the other places where you are. I wish you to be able to express through your presence and through your works the power of love that knows how to trust and that gives itself; the power of love that knows how to go beyond ethnic-religious borders; the power of love that manifests itself in the free gift of self.
As Pope John Paul II recalled in the beatification homily of your foundress, Mother Caterina Troiani: “Towards her neighbour, victim of pain, illness, misery, her charity was never precluded: Catholics, Orthodox, Muslims found welcome and help in her, because in each person, marked by pain, Mother Catherine glimpsed the suffering face of Christ” (John Paul II, Homily for her beatification, 14th April, 1985).
May the Lord fill you with every blessing and place within the hearts of many young people the desire to share your vocation and your mission, that of giving oneself out of love, following the example of Christ who offered His life for us. Amen