Festa del Primato di Pietro - Feast of the Primacy of Peter | Custodia Terrae Sanctae

Festa del Primato di Pietro - Feast of the Primacy of Peter

Il Primato dell’amore
At 10,34a.37-43; Sal 88,2 5.21-22.25.27; 1 Pt 5,1-4; Gv 21,1-24

Carissime sorelle, carissimi fratelli,
il Signore vi dia pace!

1. “Simone, figlio di Giovanni, mi ami tu più di costoro?” È questa la domanda che Gesù rivolge a Pietro qui a Tabga sulla riva del Lago di Galilea. È dalla risposta a questa domanda, che Gesù ripete per ben tre volte, che sgorga il “Primato di Pietro”, che è perciò anzitutto il primato dell’amore.
“Simone, figlio di Giovanni, mi ami più di costoro?” chiede Gesù; e Pietro risponde: “Certo, Signore, tu lo sai che ti voglio bene”. La risposta di Pietro non è presuntuosa come durante l’ultima cena, quando aveva detto a Gesù: “Signore, perché non posso seguirti ora? Darò la mia vita per te!”. E Gesù gli aveva risposto: “Darai la tua vita per me? In verità, in verità io ti dico: non canterà il gallo, prima che tu non m'abbia rinnegato tre volte” (cfr. Gv 13,37-38). Adesso Pietro viene interrogato sull’amore per tre volte, gli vien chiesto se è capace di amore pieno e gratuito e riesce solo a dire: “Tu lo sai che ti voglio bene”.

2. Il primato dell’amore non è infatti il primato dell’amore presuntuoso, ma dell’amore umile che è passato attraverso l’esperienza della propria fragilità. Infatti, l’amore di cui siamo capaci noi esseri umani è un amore che ha bisogno di maturare, come quello di Pietro, che è inizialmente presuntuoso, che viene poi messo alla prova e purificato dalle circostanze della vita e soprattutto dall’esperienza della propria fragilità. Alla fine, quello di Pietro diventa un amore umile, consapevole della propria debolezza e perciò stesso diventa un amore maturo, che non giudica e che è chiamato a prendersi cura dei propri fratelli e sorelle.

3. Ben altro è l’amore che ha manifestato il Signore Gesù e al quale noi stessi siamo chiamati ad attingere costantemente per poter diventare a nostra volta capaci di amare. Il suo amore, infatti, che fa parte del suo essere da tutta l’eternità e si è manifestato soprattutto negli ultimi giorni della sua vita terrena, è un amore gratuito che arriva fino al dono di sé: nell’ultima cena quando dona il suo corpo ed il suo sangue per le moltitudini, e lava i piedi ai discepoli, e dona il comandamento dell’amore. Nel momento della cattura, quando non oppone resistenza e guarisce chi viene ad arrestarlo. Sulla croce quando dona la vita per la salvezza del mondo intero e manifesta così l’amore più grande, quello che arriva fino al dono di sé e trasforma il mondo e la storia e vince il male e la morte.

4. Nella vita di Gesù si è manifestato il Primato dell’amore che arriva fino al dono di sé che riconcilia, perdona, redime, risuscita. Nella vocazione di Pietro si manifesta il primato dell’amore che è possibile solo attingendo all’amore di Gesù in modo costante. È un Primato umile e di servizio. Gesù, infatti, a Pietro che risponde: “Ti voglio bene, ti voglio bene, tu sai tutto, tu sai che ti voglio bene”, affida una missione. E la missione è quella di pascere e di pascolare gli agnelli e il gregge del Maestro. Pascere e pascolare sono due verbi che indicano il procurare da mangiare al gregge e il condurlo al pascolo e custodirlo. 
È il Primato dell’amore e del servizio umile. Pietro non ha un gregge suo e non lo rivendica, ma è chiamato a guidare al pascolo e trovare nutrimento per il gregge del Signore. È chiamato cioè a prendersi cura di coloro per i quali Gesù ha dato la vita. È chiamato a nutrirli perché non muoiano di fame; ed è chiamato a guidarli, perché non si perdano. È una immagine bellissima di un primato umile e di servizio del quale fa parte il guidare i propri fratelli nel pellegrinaggio della storia, l’insegnare ed educare per poter affrontare il cammino della vita, così come l’offrire la Parola e il pane di vita eterna.

5. Guardando a questo commovente dialogo tra Gesù e Pietro comprendiamo che anche nella nostra vita deve esserci il primato dell’amore, indipendentemente da quale sia la nostra vocazione. E comprendiamo che per essere capaci di amare bisogna che attingiamo costantemente alla relazione con Gesù. Comprendiamo che l’amore matura piano piano e matura anche attraverso l’umile riconoscimento dei nostri fallimenti. Comprendiamo infine che amare vuol dire imparare a prenderci cura dei nostri fratelli e delle nostre sorelle senza voler rivendicare diritti di possesso su di loro.
Questo primato dell’amore non riguarda solo Pietro e il suo successore, il Papa. Riguarda ogni sacerdote che ha da imparare a prendersi cura dei fedeli che gli sono affidati ben sapendo che essi appartengono al Signore e non a lui. 
Riguarda i genitori che pure hanno da imparare a prendersi cura dei figli sapendo che essi sono del Signore e dovranno essere aiutati a scoprire ciò che il Signore vuole da loro piuttosto che gratificare le aspettative e i desideri degli stessi genitori. 
Questo primato dell’amore riguarda noi che siamo stati chiamati a seguire più da vicino le orme del Signore Gesù in fraternità e siamo chiamati a scoprire che i fratelli sono un dono e che dobbiamo prenderci cura gli uni degli altri più di quanto una madre faccia con i propri figli.

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The primacy of love

Act 10.34a.37-43; Ps 88.2 5.21-22.25.27; 1 Pt 5,1-4; Jn 21: 1-24

Dear Brothers and Sisters,
May the Lord give you peace!

1. "Simon, son of Jonah, do you love me more than these?" This is the question that Jesus asks Peter here at Tabgha on the shore of the Sea Galilee. It is from the answer to this question, which Jesus repeats three times, that the "Primacy of Peter" flows, which is above all: the primacy of love.
"Simon, son of Jonah, do you love me more than these?" asks Jesus; and Peter replies: "Of course, Lord, you know that I love you." Peter's answer is not presumptuous as it was during the Last Supper, when he said to Jesus: "Lord, why can I not follow You now? I will give my life for You!" Jesus replied: “Will you lay down your life for Me? Truly, truly, I say to you, the cock will not crow before you have denied me three times "(cf. Jn 13: 37-38). Now Peter is asked about love three times, he is asked if he is capable of full and free love and can only say: "You know that I love You".

2. The primacy of love is not in fact the primacy of presumptuous but of humble love. It has gone through the experience of our own fragility. In fact, the love that we human beings are capable of is a love that needs to mature, like that of Peter, which is initially presumptuous but then is tested and purified by the circumstances of life and above all by the experience of our human fragility. In the end, Peter's love becomes humble love, aware of its own weakness which then allows it to mature. This love does not judge, instead it is a call to take care of brothers and sisters.

3. The love that the Lord Jesus manifested and to which we ourselves are constantly called to draw from in order to become capable of loving in our turn, is quite different. His love, in fact, which has been part of his being for all eternity and has manifested itself above all in the last days of His earthly life, is a free love that reaches even to the gift of Himself; we see it at the Last Supper when He gives His Body and His blood for many. We see it as He washes the feet to the disciples, establishing the commandment of love. At the moment when He is captured, He does not resist at all, He even heals those who come to arrest Him. On the Cross when He gives His life for the salvation of the whole world He shows the greatest love of all, the gift of Himself. He transforms the world, our history and conquers evil and death.

4. In the life of Jesus the primacy of love manifested in the gift of Himself, reconciles, forgives, redeems, resurrects. In the call of Peter the primacy of love is manifested and can only be made possible by drawing from the love of Jesus constantly. It is a primacy of humbleness and service. Jesus, in fact entrusts a mission to Peter who replies: "I love You, Yes I love You, You know everything, You know that I love You", This mission is to feed and shepherd the lambs and the Master's flock. Feeding and shepherding are two verbs that indicate providing food for the flock and guiding and guarding it. This is exactly what the primacy of love is: humble service. Peter does not have a flock of his own and does not make such a claim, but he is called to drive to pasture and find nourishment for the Lord's flock. That is, he is called to take care of those for whom Jesus gave His life. He is called to feed them so that they do not starve; and is called to guide them, so that they do not get lost. It is a beautiful image of a primacy of humbleness and service which includes guiding our brothers on the pilgrimage of history, teaching and educating them to be able to face the path of life, as well as offering the Word and the Bread of life eternal.

5. Looking at this moving dialogue between Jesus and Peter we understand that even in our life there must be the primacy of love, regardless of what our vocation is. We are called to understand that in order to be able to love, we must constantly draw on our relationship with Jesus. We are led to understand that love matures slowly and also matures through the humble recognition of our failures. Finally, we should understand that loving means learning to take care of our brothers and sisters without wanting to claim ownership or rights over them.
This primacy of love does not concern only Peter and his successor, the Pope. It concerns every priest who has to learn to take care of the faithful who are entrusted to him knowing full well that they belong to the Lord and not to him.
It is about parents who also have to learn how to take care of their children knowing that they are from the Lord and may need to be helped to find out what the Lord wants from them rather than just gratifying the expectations and desires of the parents.
This primacy of love concerns us, who have been called to follow in the footsteps of the Lord Jesus in fraternity and are called to discover that our brothers are a gift and that we must take care of each other more than a mother does with her own children.