Ez 37,21-28; Sal 22; 1 Pt 5,1-4; Mt 16,13-19
Carissime sorelle, carissimi fratelli,
il Signore vi dia pace!
1. A circa metà del suo vangelo, Matteo presenta un passaggio che costituisce una svolta nel cammino di Gesù e nel cammino dei discepoli, in particolare nel cammino di Pietro. È un passaggio che fonda la festa che celebriamo oggi, la “cattedra” di san Pietro, cioè il ministero che Gesù ha dato solennemente a Pietro e ai suoi successori di custodire e trasmettere la fede in Lui, come Figlio e inviato di Dio. Su questa fede si fonda la Chiesa e quando viene meno questa fede viene meno anche l’appartenenza alla Chiesa, cioè alla comunità dei discepoli di Gesù o – come dirà san Paolo – al corpo di Cristo.
2. Il racconto è ambientato nei dintorni di Cesarea di Filippo, l’antica Panea, oggi Banyas, dove si trovava un tempio dedicato al dio greco Pan e una grotta che si credeva fosse una delle porte d’ingresso nel regno degli inferi.
In questo contesto Gesù fa due domande ai suoi discepoli:
- La gente chi dice che io sia?
- Ma voi chi dite che io sia?
È come se Gesù volesse entrare in argomento un po’ alla volta. E prima chiede ai Dodici di riferire le voci che hanno ascoltato e raccolto, poi chiede loro di sbilanciarsi ed esprimere la propria opinione personale.
Già Erode Tetrarca si era chiesto chi fosse Gesù, come ci riferisce l’evangelista Marco (Mc 6,14-15): “Il re Erode sentì parlare di Gesù, perché il suo nome era diventato famoso. Si diceva: «Giovanni il Battista è risorto dai morti e per questo ha il potere di fare prodigi». Altri dicevano invece: «È Elia». Altri ancora dicevano: «È un profeta, come uno dei profeti»”.
La seconda domanda che Gesù pone è però quella decisiva e personale: “Ma voi chi dite che io sia?”. Non si tratta più di riferire le opinioni degli altri, i “si dice”. Ma di sbilanciarsi in modo personale. Ed è proprio Pietro a prendere la parola a nome di tutti e a confessare: “Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente”.
3. Cosa significa questa risposta? Significa che Pietro riconosce che Gesù è l’inviato di Dio per il popolo d’Israele e per l’intera umanità. Significa che Pietro riconosce che Gesù è quel discendente di Davide che da secoli Israele sta attendendo. Significa anche che Pietro riconosce che Gesù può essere il messia e l’inviato di Dio solo perché è lo stesso Figlio di Dio, il vivente e colui che dona la vita, che si è fatto uomo.
4. L’evangelista Matteo riporta anche la replica di Gesù alla professione di fede di Pietro: “Beato sei tu, Simone, figlio di Giona, perché né carne né sangue te lo hanno rivelato, ma il Padre mio che è nei cieli”.
Gesù ricorda perciò a Pietro ed anche a ciascuno di noi che la “fede retta”, cioè la fede intesa come il saper riconoscere chi è Gesù, non è frutto di intelligenza personale e di un ragionamento umano ma è dono gratuito, una grazia che il Padre ci fa, illuminando la nostra mente e il nostro cuore con l’azione dello Spirito Santo.
Questo vale per Pietro e per ciascuno di noi, per tutta la gente del nostro tempo e di ogni tempo. Se riusciamo a recitare il “Credo” e a credere veramente a quel che diciamo nella professione di fede, non è perché siamo più intelligenti e più bravi degli altri, ma è per dono e grazia di Dio.
5. Nel racconto di Matteo, Gesù mette poi in relazione la professione di fede di Pietro con l’edificazione della Chiesa: “E io ti dico: tu sei Pietro e su questa pietra – cioè sulla tua professione di fede – edificherò la mia Chiesa e le porte degli inferi non prevarranno su di essa”. Che equivale a dire che la Chiesa continuerà a esistere e a crescere fino alla fine della storia, nonostante tutte le persecuzioni che la Chiesa può subire dall’esterno e anche nonostante il fatto che noi, con i nostri peccati, sabotiamo l’edificazione della Chiesa dall’interno.
6. Le ultime parole di Gesù a Pietro, secondo Matteo, contengono il cosiddetto “potere delle chiavi” – nelle immagini dell’Apostolo siamo abituati a vederlo con un mazzo di chiavi in mano – il potere di legare e di sciogliere, cioè il potere di riconciliazione che è la missione affidata alla Chiesa e, in un certo modo, garantita dal ministero di Pietro. È la missione di riconciliare per aprirci le porte del regno dei cieli, e fare in modo che possiamo trovare aperta la porta della comunione con Dio, l’ingresso nella Sua stessa vita.
7. Il motivo per cui leggiamo questo vangelo nella festa odierna, è perché ci ricorda che nella Chiesa, a sostegno della nostra fede, c’è proprio la fede di Pietro e dei suoi successori. L’evangelista ci ricorda cioè che la nostra fede è appoggiata sulla fede di qualcuno che ci ha preceduto: noi professiamo oggi la nostra fede grazie al fatto che da duemila anni questa fede viene professata e trasmessa; e al tempo stesso noi continuiamo oggi ad appoggiare la nostra fede su chi ha ricevuto nella Chiesa il ministero di Pietro, cioè il Papa. E continuiamo a essere parte di questo edificio che attraversa i secoli solo se continuiamo a professare la fede di Pietro e continuiamo a professare la fede con Pietro.
8. Quando il vangelo secondo Matteo ha avuto la sua redazione finale, Pietro aveva già subito il martirio sotto Nerone nel 67 d.C., ma evidentemente la Chiesa continuava a crescere e le porte degli inferi non l’avevano inghiottita, nonostante le violente persecuzioni. Altrettanto evidentemente il servizio di Pietro continuava attraverso coloro che gli erano succeduti e dei quali conosciamo perfino i nomi: Lino, Cleto, Clemente…; per arrivare fino a quelli che abbiamo conosciuto anche noi e che ricordiamo: Giovanni XXIII, Paolo VI, Giovanni Paolo I, Giovanni Paolo II, Benedetto XVI, Francesco e gli altri che si succederanno fino a quando Gesù tornerà e la Chiesa sarà l’intera umanità riunita come Corpo di Cristo e inserita col Cristo suo Capo nella vita e nella comunione della Trinità.
9. In questa celebrazione preghiamo in modo speciale per papa Francesco, che è chiamato a vivere il servizio di Pietro nella Chiesa. Non è un servizio facile; eppure, è un servizio necessario, perché possiamo anche noi fondare solidamente la nostra fede sulla fede di Pietro e perché possiamo beneficiare del servizio di questo portinaio di Cafarnao e dei suoi successori, che per volontà di Gesù hanno in mano le chiavi per aprirci le porte del Regno dei Cieli. Amen.
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Ezk 37,21-28; Ps 22; 1 Pt 5,1-4; Mt 16,13-19
Dear brothers and sisters,
May the Lord give you peace!
1. It is approximately in the middle of his Gospel, that Matthew presents a text that constitutes a turning point in the journey of Jesus and in that of his disciples, particularly in that of Peter. It is a text that lies at the basis of the feast that we are celebrating to-day, that is the “Chair” of Saint Peter, namely, the ministry that Jesus entrusted in a solemn way to Peter and to his successors, to be the custodians of the faith in Him, as the Son of God sent to this world, and to transmit this message of faith. The Church is built upon this faith. Whenever we are not faithful to this faith, we do not belong to the Church any longer. In other words, we are cut off from the community of disciples of Jesus, or - as Saint Paul would say - from the body of Christ.
2. The episode is set in the whereabouts of Caesarea Philippi, the ancient Panea, nowadays called Banyas, where there used to be a temple dedicated to the Greek god Pan and a cave which was believed to be one of the entrances leading down into the reign of the underworld.
It is in this context that Jesus presents two questions to his disciples:
- Who do people say that I am?
- Who do you say that I am?
It is as if Jesus wants to enter into an argument by stages. Firstly, He asks the twelve to make reference to the voices that they have heard and welcomed, and then he asks them to overbalance themselves and express their own personal opinion.
The Tetrarch Herod has already asked who Jesus was, as the Evangelist Mark tells us (Mk 6,14-15): “King Herod had heard about him, since by now his name was well known. Some were saying: «John the Baptist has risen from the dead, and that is why miraculous powers are at work in him.» Others said, «He is Elijah.» Others again, «He is a prophet, like the prophets we used to have.»”.
The second question that Jesus asks is, however, the one which is decisive and personal: “Who do you say that I am?” This was not a question regarding reference to the opinion of others, namely, “who do people say I am?” It is a question aimed at overbalancing the ones involved in a personal manner. And it is precisely Peter who speaks out in the name of all the others and confesses: “You are the Christ, the Son of the living God.”
3. What does Peter’s response mean? It means that Peter recognises that Jesus is the One sent by God to the people of Israel and to all mankind. It means that Peter recognises that Jesus is the descendant of David, expected for so many centuries by the people of Israel. It also means that Peter recognises that Jesus can be the Messiah and the One sent by God only because He is the same Son of the living God and of Him who gives life, who has become man.
4. Matthew the Evangelist also presents the answer of Jesus to Peter’s profession of faith: “Simon son of Jonah, you are a blessed man. Because it was no human agency that revealed this to you but my Father in heaven.”
In this way Jesus reminds Peter and each and every one of us that “true faith”, namely the faith understood as a way of knowing how to recognise Jesus, is not the fruit of personal intelligence or of a human reasoning. It is rather a gift which is freely given; it is a grace that the Father bestows upon us, by enlightening our mind and our heart with the action of the Holy Spirit.
This gift is valid for Peter and for each and every one of us, as well as for the people of our times and of all times. If we succeed in reciting the “Creed” and to believe truly the words which we utter in the profession of faith, this is not thanks to the fact that we are more intelligent and more capable than others, but it is a gift and a grace from God.
5. In the episode narrated by Matthew, Jesus places the profession of faith of Peter in relation to the building of the Church: “So now I say to you: You are Peter and, upon this rock, I will build my Church. And the gates of the underworld can never overpower it.” These words are equivalent to saying that the Church will continue to exist and to grow to the end of times and of history, in spite of all the persecutions that the Church has to undergo both from outside and from inside, by us, who sabotage the building of the same Church with our sins.
6. The last words of Jesus to Peter, according to Matthew, contain the so-called “power of the keys” - in the images of the Apostle we are accustomed to see him holding keys in his hand - the power to bind and to loosen, that is, the power of reconciliation which is the mission entrusted to the Church and, in a certain way, which is guaranteed by the ministry of Peter. It is the mission of reconciliation to open to us the gates of the kingdom of heaven, and to make it possible for us to find the open door of our communion with God, the entrance to His own life.
7. The aim for which we read this Gospel in to-day’s feast is because it reminds us that in the Church, as a support for our own faith, there is precisely the faith of Peter and of his successors. The Evangelist reminds us that our faith rests upon the faith of someone who has preceded us: to-day we profess our faith thanks to the fact that this same faith has been professed and transmitted throughout two thousand years of history. At the same time, we to-day continue to support our faith on the one who has received the ministry of Peter in the Church, namely the Pope. And we continue to be part of this building that lasts through all centuries, but only if we continue to profess the faith of Peter, and to profess the faith with Peter.
8. When the final edition of the Gospel according to Matthew was written, Peter had already suffered martyrdom under Nero in the year 67 AD., but evidently the Church continued to grow and the gates of hell had not swallowed her, in spite of the violent persecutions. Equally evident is the service of Peter that continues through the centuries through the action of his successors, and whose names are well known to us: Linus, Cletus, Clement...; to arrive then to the names of those we have known and remember: John XXIII, Paul VI, John Paul I, John Paul II, Benedict XVI, Francis and the others who will come in succession to the end of times when Jesus returns and the Church will be made up of the entire humanity reunited as the Body of Christ and inserted with Christ its Head into the life and communion of the Trinity.
9. In this celebration let us pray in a special way for Pope Francis, who is called to live the service of Peter in the Church. It is not an easy service; however, it is an essential service, since we need it in order to be able to establish our own faith solidly upon the faith of Peter and so that we can benefit from the service of this door-keeper of Capernaum and of his successors, who with the will of Jesus hold in their hands the keys to open for us the gates to the Kingdom of Heaven. Amen.