Continua la collaborazione tra VITA TRENTINA e fr. Francesco Patton, Custode di Terra Santa nella rubrica "In ascolto della Parola". Al suo fianco le formichine di Fabio Vettori, interpreti della Parola, di domenica in domenica.
At 13,14.43-52; Ap 7,9.14-17; Gv 10,27-30
«Le mie pecore ascoltano la mia voce e io le conosco ed esse mi seguono». Gv 10,27
La quarta domenica di Pasqua, tradizionalmente chiamata la “domenica del Buon Pastore”, è dedicata dalla Chiesa a pregare in modo particolarmente intenso per le vocazioni di speciale consacrazione e a riflettere sul senso che queste hanno, oggi, dentro la Chiesa. Le letture di questa domenica sono legate da un filo che ci aiuta a comprendere il rapporto personale esistente tra Gesù ed i suoi discepoli, un rapporto che ha le sue radici nella Storia ed il suo punto di arrivo nella Gloria, comincia qui su questa terra per condurci al Cielo. È proprio guardando a Gesù e al suo essere “totalmente per” che possiamo intuire anche il senso di una vocazione di speciale consacrazione.
L’evangelista Giovanni ci presenta la vita di Gesù come una vita spesa totalmente per compiere la volontà del Padre e per procurare vita vera, vita eterna a noi. Quella di Gesù è quindi una «vita per»: Gesù è tutto per il Padre, del quale condivide la natura divina «Io e il Padre siamo una cosa sola» (Gv 10,30); Gesù è tutto per noi, dal momento che ha scelto di assumere e condividere anche la nostra povera natura umana allo scopo di darci «la vita eterna» ed evitare che «andiamo perduti» (Gv 10,28). E noi siamo chiamati ad entrare in quella relazione di conoscenza personale con Gesù che è la relazione del pastore con le sue pecore, una relazione che si compie quando decliniamo nella nostra vita due verbi fondamentali, ascoltare e seguire: «Le mie pecore ascoltano la mia voce e io le conosco ed esse mi seguono» (Gv 10,27).
Seguire Gesù non è però realtà riservata a pochi eletti. L’Apocalisse, che pure in molti passi è oscura, nel brano di questa domenica è sufficientemente esplicita: «Vidi: ecco, una moltitudine immensa, che nessuno poteva contare, di ogni nazione, tribù, popolo e lingua» (Ap 7,9). È la moltitudine dei martiri, di coloro che hanno testimoniato di essere discepoli di Gesù Cristo facendo ciò che Gesù Cristo ha fatto: donare la vita. L’amore del Pastore che dà la propria vita per le sue pecorelle comincia ad essere fecondo in coloro che in risposta e per fedeltà a questo stesso amore hanno accettato di versare il proprio sangue, di morire, di dare la vita. E l’Agnello, cioè il Cristo della Pasqua, il Cristo morto e risorto per ogni uomo si prende cura di questo gregge e conduce questa moltitudine «alle fonti delle acque della vita» (Ap 7,17).
Comprendiamo allora perché è di capitale importanza entrare in rapporto personale con Gesù Cristo, ascoltare la sua parola e seguirlo nelle vicende spesso dolorose e difficili di questa nostra vita. Comprendiamo perché occorre seguire il Cristo Pastore dentro quel gregge «storico» che è la Chiesa «terrena». Per poterlo poi seguire nella comunione e nell’unità con il Padre in quella dimensione che sta ormai al di là della storia, lì dove si trovano le fonti della vita, lì dove l’umanità è ormai riconciliata nella comunione, lì dove non ci sono più lacrime ma solo piena felicità in Dio.
È a servizio di questo cammino che porta dalla “terra” al “Cielo” che il Buon Pastore, Gesù, chiama alcuni a seguirlo più da vicino e li associa alla sua stessa missione.
di fr. Francesco Patton, ofm
Custode di Terra Santa