Mi 2,1-5; Sal 9; Mt 12,14-21
- Carissimi fratelli, carissime sorelle,
il Signore vi dia pace!
Che la consolazione del Signore possa portare pace al cuore di ognuno di noi, al fratello di p. Camillo, a tutti i familiari, al cuore delle tante persone (religiosi/e, sacerdoti, laici, giovani e persone di tutte le età) che in questi anni hanno fatto ricorso alla saggezza di p. Camillo, condita sempre di umorismo e arguzia, e al suo ministero di sacerdote, soprattutto di padre spirituale e confessore.
Che il Signore porti pace ai frati della sua Provincia del SS: Nome di Gesù in Sicilia e a quelli della Custodia di Terra Santa, che porti pace ai frati e ai giovani aspiranti della fraternità di Betlemme.
Camillo amava la vita fraterna e amava i suoi fratelli. Amava vivere in fraternità ed è stato contento di poter morire in fraternità, nella nostra infermeria custodiale, anziché in un letto di ospedale. Me l’ha detto lui stesso pochi giorni prima di morire, pienamente consapevole della gravità della sua malattia ma anche pienamente unito e configurato a Cristo dalla sofferenza accettata con fede e offerta con amore.
- Nessuno di noi sceglie quando nascere e nessuno di noi sceglie quando morire. Però a volte il Signore ci fa dei regali, perfino in punto di morte. Il nostro p. Camillo, infatti, ha potuto festeggiare il suo santo patrono, grande amico degli ammalati, due giorni fa. È morto – lui che desiderava morire vicino al Santo Sepolcro – a due passi dalla cupola dell’Anastasi, e quando eravamo ormai entrati nella festa liturgica della dedicazione del Santo Sepolcro. E oggi, nel giorno in cui si fa memoria della beata Vergine Maria del Carmelo, celebriamo le sue esequie. E sappiamo quanto profonda e filiale fosse la sua devozione a Maria, specialmente attraverso la preghiera del rosario, che portava al collo come una collana, e che pregava e meditava frequentemente.
- Un saggio ha detto che come uno vive così uno muore, e la qualità di un uomo si vede nell’ora della morte. La vita di p. Camillo è stata caratterizzata da tre aspetti, che lui stesso ha esplicitamente sottolineato anche negli ultimi incontri e colloqui.
Il primo tratto che lo ha caratterizzato è una grande fede in Gesù Cristo, una fede integrale e al tempo stesso profondamente personale. Con la capacità di citare a memoria il catechismo, cioè i contenuti della fede, ma ancor di più con la capacità di esprimere che la fede è avere una profonda e personale relazione con Gesù, sentirsi amati e chiamati da Lui e sentire il valore del rispondere a questo amore e a questa chiamata in modo personale e appassionato.
- In secondo luogo p. Camillo aveva un senso fortissimo della grazia ricevuta da Gesù. Insisteva nel raccontare la sua gioia di essere stato redento. Credo che l’abbia detto a ognuno di noi. Era riconoscente a Gesù perché sapeva che lo aveva redento e si sentiva redento. Si sentiva cioè amato in modo personale, amato in modo pieno, amato pur con i suoi limiti, amato nell’essere perdonato. E di questa redenzione conosceva benissimo il prezzo: il dono di sé fatto da Gesù sulla croce con infinito amore.
L’esperienza di essere redento era per lui soprattutto l’esperienza della misericordia. Questa esperienza personale lo portava, anche nei momenti più dolorosi della malattia, a piangere e sorridere al tempo stesso, a piangere e sorridere di gioia. Potremmo dire che si identificava lui stesso in quella canna incrinata che Gesù non spezza e in quella fiamma smorta che Gesù non spegne.
- Il terzo aspetto che ha caratterizzato la sua vita di cristiano e di francescano è stato quello di sentirsi chiamato a cooperare alla redenzione operata da Gesù Cristo. Amava dire che era un redento e un corredentore. Non intendeva certo sostituirsi al Cristo, non aveva sicuramente questa presunzione lui che si sentiva tanto piccolo davanti all’amore del Signore. Intendeva invece dire che la sua vita di frate minore e il suo ministero di sacerdote consistevano nel far arrivare ad altri, non solo il messaggio, ma anche l’esperienza, gli effetti e l’efficacia della redenzione operata da Gesù. E questo era diventato il senso della sua vita.
Per questo il ministero che privilegiava era quello della celebrazione eucaristica e del sacramento della riconciliazione, sia quand’era in Provincia, in Sicilia, sia qui in Terra Santa. Sentiva vere per sé le parole che abbiamo cantato come versetto al vangelo: “Dio ha riconciliato a sé il mondo in Cristo, affidando a noi la parola della riconciliazione” (Cfr 2Cor 5,19). E in questo suo ministero sentiva di cooperare con Gesù nel far sperimentare a ogni persona la misericordia, la riconciliazione e il perdono che discendono dalla croce.
- In questo si identificava in certo qual modo in Maria, la madre di Gesù, che intercede per i nostri bisogni e donandoci Gesù ci dona il Salvatore, il Redentore, colui che è la misericordia fatta carne.
Chiediamo ora che si realizzino per lui e per noi le parole della preghiera che la Chiesa ci mette sulle labbra nella memoria odierna della Beata Vergine Maria del Carmelo: “Ci assista, o Padre, la materna intercessione della gloriosa Vergine Maria, perché sorretti dalla sua protezione possiamo giungere felicemente al santo monte, che è Cristo Signore” (colletta BV Maria del Carmelo).
La vita è un cammino di ascesa, è un pellegrinaggio in salita, ma la meta è Gesù Cristo, che ci introduce nella vita e nella comunione di amore della Trinità, per sempre.