Continua la collaborazione tra VITA TRENTINA e fr. Francesco Patton, Custode di Terra Santa nella rubrica "In ascolto della Parola". Al suo fianco le formichine di Fabio Vettori, interpreti della Parola, di domenica in domenica.
Letture: Gn 18,1-10; Col 1,24-28; Lc 10,38-42
«Gesù entrò in un villaggio e una donna, di nome Marta, lo ospitò». Lc 11,38.
L’ospitalità è stata sempre considerata una realtà sacra in tutta la tradizione del Vicino Oriente. Ancora oggi quando una famiglia araba ti accoglie in casa, compie i gesti pieni di premura compiuti da Abramo. In Giordania, dove è ancora viva la cultura beduina (che è la più vicina a quella di Abramo), quando arriva un ospite di riguardo viene offerto un piatto chiamato “manzaf”, simile a quello offerto da Abramo, a base di agnello, riso, pane e yogurt naturale (ciò che nella traduzione della prima lettura viene chiamato panna, in realtà è un tipo di yogurt bianco). Le pagine della Genesi narrano più di un episodio capace di farci comprendere il valore dell’ospite e dell’ospitalità. Questa domenica sono due le figure che incarnano questo valore: Abramo nella prima lettura e Marta di Betania nel vangelo.
Cerchiamo di lasciarci aiutare da questa Parola di Dio per scoprire un modo sbagliato ed uno corretto di essere ospitali, per aprirci infine al senso profondo dell’ospitalità. Il modo sbagliato di essere ospitali è quello in cui al centro del gesto di ospitalità non è la persona che ci visita ma siamo noi che ospitiamo. Detta in altro modo il modo sbagliato di essere ospitali è quello in cui siamo più preoccupati di far bella figura che non di accogliere l’altro con ciò che l’altro esprime nel suo visitarci. È lo sbaglio di Marta.
Il modo corretto di essere ospitali è invece quello rappresentato da Maria: risulta autenticamente ospitale perché si mette in ascolto dell’ospite, non lo sommerge di preoccupazioni e non si lascia sommergere dalla frenesia di far bella figura, mette invece l’ospite a proprio agio, perché gli permette di essere quel che è, il Maestro, e gli permette di donare quel che ha da donare, la sua Parola. Essere autenticamente ospitali significa quindi fare attenzione alla singolarità della persona che abbiamo di fronte, metterla al centro della nostra attenzione. Questo atteggiamento vale quando siamo davanti al Cristo così come nelle occasioni di ospitalità feriale, quando accogliamo un’altra persona. Come ci ha ricordato anche papa Francesco “Il mettersi seduti ad ascoltare l’altro, caratteristico di un incontro umano, è un paradigma di atteggiamento accogliente, di chi supera il narcisismo e accoglie l’altro, gli presta attenzione, gli fa spazio nella propria cerchia” (Papa Francesco, Fratelli tutti, 48).
Le letture di questa domenica ci aiutano infine a cogliere il senso profondo dell’ospitalità: nell’ospite si manifesta il volto di Dio. È l’esperienza di Abramo e Sara visitati dal Signore presso le querce di Mamre, è l’esperienza di Marta e Maria che nel volto di Cristo possono contemplare il volto del Padre e nelle sue parole ne possono ascoltare la voce. In ogni ospite si manifesta, ancor oggi, in un certo qual modo il volto di Cristo, nell’ospite noi possiamo ancor oggi accogliere Cristo. Nel Vangelo secondo Matteo, sarà lo stesso Gesù a identificarsi esplicitamente in colui che ha bisogno di essere accolto: «ero straniero e mi avete accolto» (Mt 25,35), facendo dell’accoglienza dello straniero un requisito necessario per poter a nostra volta sperimentare la “sua” ospitalità in Cielo: «Venite, benedetti del Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi fin dalla creazione del mondo» (Mt 25,34).
di fr. Francesco Patton, ofm
Custode di Terra Santa