Sap 7,7-14; dal Sal 39; Ef 4,7.11-15; Mc 16,15-20
Carissime sorelle, carissimi fratelli,
Il Signore vi dia Pace!
- Quest’anno, nel celebrare la festa di sant’Antonio vogliamo scoprirlo soprattutto come testimone e annunciatore di pace. Antonio appartiene alla prima generazione di frati minori, quelli che avevano potuto conoscere di persona san Francesco d’Assisi e da lui avevano attinto una forma di vita cristiana radicalmente evangelica. Sappiamo che il saluto caro a Francesco era proprio quello con cui ho iniziato l’omelia, cioè: “Il Signore vi dia pace”. Sappiamo che san Francesco ha cercato di portare riconciliazione e pace tra le famiglie, dentro le città, tra le istituzioni civili e religiose, tra le varie città, tra cristiani e musulmani, con lo stesso creato. Sant’Antonio segue la stessa linea, la pratica di persona e la predica nelle sue omelie.
- Uno degli episodi più significativi dell’azione di Antonio a favore della pace è il suo incontro con il Conte Ezzelino da Romano III. Ezzelino a quel tempo governava Verona ed era alleato dell’imperatore Federico II. Da tutti era conosciuto come un tiranno spietato, che metteva a ferro e fuoco le città nemiche. Quelli che catturava in battaglia, indipendentemente che fossero nobili o persone semplici, finivano spesso condannati a morte. Nel 1231, poco prima di morire, Antonio si recò a Verona per incontrare Ezzelino e chiedere la grazia per un gruppo di nobili Padovani che erano stati fatti prigionieri da Ezzelino e condannati a morte. L’incontro fu duro. Sul momento Antonio non ottenne niente e tornò a Padova con un apparente fallimento. Lo storico Rolandino annota che Antonio «fu totalmente disprezzato e non gli si concesse niente di quello che chiedeva». Nel 1232, circa un anno dopo la morte di Antonio, Ezzelino fece un raro gesto magnanimo e liberò i prigionieri.
Nel “discorso della montagna”, Gesù chiede a chiunque voglia essere suo discepolo di diventare un operatore di pace. Antonio prende molto sul serio questo insegnamento e, attraverso l’esempio, ci insegna che chi è chiamato a operare per la pace deve agire anche se sembra non avere alcuna probabilità di successo. Antonio col suo esempio ci insegna che per la pace dobbiamo essere disposti a rischiare la vita.
Antonio però non si mise in gioco solo per riportare pace tra le città di allora o per riscattare nobili prigionieri. Antonio il più delle volte cercò di portare pace soprattutto dentro le città e dentro le famiglie, specialmente nei casi frequenti di violenza domestica in cui i mariti maltrattavano le mogli arrivando fino a quello che oggi si chiama femminicidio. Questi casi si presentavano soprattutto in un contesto di povertà sociale, di educazione inesistente e di scarsa moralità.
- Se passiamo dalle biografie ai “Sermoni” di S. Antonio, che contengono anche i temi della sua predicazione, la parola “pace” risulta essere una delle più pronunciate: ricorre ben 266 volte.
Senza dilungarmi troppo, voglio ricordare almeno quello che Antonio evidenzia nei sermoni pasquali. Riflettendo sul vangelo dell’apparizione di Gesù agli apostoli riuniti nel cenacolo la sera di Pasqua, S. Antonio dice che Gesù ci dona una “triplice pace”. Egli osserva: “Da notare anzitutto che in questo vangelo per ben tre volte è detto «Pace a voi», a motivo della triplice pace che il Signore ha ristabilito: tra Dio e l’uomo, riconciliando quest’ultimo al Padre per mezzo del suo sangue; tra l’angelo e l’uomo, assumendo la natura umana ed elevandola al di sopra dei cori degli angeli; tra uomo e uomo, riunendo in se stesso, pietra angolare, il popolo dei giudei e quello dei gentili (pagani)” (Sermone ottava, n. 6). La pace è quindi anzitutto un dono che ci viene fatto da Dio nella Passione, morte e risurrezione del Suo Figlio Gesù, che ci restituisce alla relazione autentica con Dio e ce lo fa conoscere come Padre; ci restituisce alla relazione autentica con noi stessi basata sulla nuova dignità che ci è stata data nel battesimo; ci restituisce alla relazione autentica tra le persone e tra i popoli che sono stati riconciliati tra loro nel Sangue del Signore Gesù e nel dono dello Spirito Santo.
Poche righe dopo Antonio parla di nuovo della triplice pace e spiega che dobbiamo avere: anzitutto la pace del tempo con le persone che ci stanno attorno, in secondo luogo la pace del cuore che ci porta a vivere sereni, in terzo luogo la pace dell’eternità che è quella di una vita in comunione con Dio. Antonio conclude la sua riflessione con una esortazione che oggi possiamo sentire rivolta a ciascuno e ciascuna di noi: “La prima pace devi averla con il prossimo, la seconda con te stesso, e così avrai anche la terza pace, con Dio nel cielo” (Sermone ottava, n. 7).
- Nella solennità del nostro Santo Patrono, chiediamo allora di saper anche noi diventare operatori di pace. Testimoni di pace nelle situazioni concrete in cui ci troviamo a vivere. E ci vuole più coraggio per essere testimoni di pace in modo attivo che non per assecondare l’istinto brutale della violenza e della vendetta.
Chiediamo di essere anche annunciatori di pace. Di quella pace profonda che solo Dio ci può dare, quella pace che Gesù ci ha trasmesso nella sua Pasqua, quella pace che ci riconcilia con noi stessi, con gli altri e con Dio e ci apre le porte del Cielo.
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Sap 7,7-14; Sal 39; Ef 4,7.11-15; Mc 16,15-20
Dearest sisters and brothers,
May the Lord give you peace!
- This year, in celebrating the feast of Saint Anthony, we want to recognize him, above all, as a witness and herald of peace. Anthony belongs to the first generation of Franciscans, those who had been able to meet St. Francis of Assisi personally and had drawn from him a radical evangelic form of Christian life.
We know that the greeting dear to St. Francis was precisely the one with which I introduced this homily, that is: “May the Lord give you peace”.
We know that St. Francis tried to bring reconciliation and peace between families, within cities, between civil and religious institutions, between different cities, between Christians and Muslims, and with creation itself. Saint Anthony follows the same line, practicing it personally and preaching it in his homilies.
- One of the most significant episodes of Anthony’s action in favor of peace is his meeting with Count Ezzelino da Romano III. Ezzelino at that time ruled Verona and was an ally of Emperor Frederick II. He was known by all as a ruthless tyrant, who set enemy cities to fire and war. Those he captured in battle, regardless of whether they were nobles or simple people, were often sentenced to death.
In 1231, shortly before his death, Anthony went to Verona to meet Ezzelino and ask for pardon on behalf of a group of Paduan nobles whom he took as prisoners and sentenced them to death. The meeting was tough. That time, Anthony got nothing, and he returned to Padua with an apparent failure.
The historian Rolandino notes that Anthony “was totally despised and was granted nothing of what he asked for”. In 1232, about a year after Anthony’s death, Ezzelino made a rare generous gesture and freed the prisoners.
In the “Sermon on the Mount”, Jesus asks anyone who wants to be his disciple to become a peacemaker. Anthony takes this teaching very seriously and, through example, he teaches us that those who are called to work for peace must act even if they seem to have no chance of success. With his example, Anthony teaches us that we must be willing to risk our lives for peace.
However, Anthony did not involve himself only to restore peace between cities during his time or to redeem noble prisoners. Most of the time, Anthony tried to bring peace especially within cities and families, especially in frequent cases of domestic violence in which husbands mistreated their wives, reaching what is now called femicide. Above all, these cases occurred in a context of social poverty, of non-existent education and of poor morality.
- If we pass from the biographies to the “Sermons” of St. Anthony, which also contain the themes of his preaching, the word “peace” appears to be one of the most overused words: it occurs 266 times.
Without going too far, I want to recall at least what Anthony highlights in the Easter sermons. Reflecting on the gospel of the apparition of Jesus to the apostles gathered in the Upper Room on Easter evening, St. Anthony tells us that the risen Jesus gives us “a threefold peace”.
He observes: “It should be noted first of all that in this gospel «Peace be with you» is said three times, because of the threefold peace that the Lord has restored: between God and humanity, reconciling the latter to the Father through his blood; between the angel and humanity, assuming human nature and elevating it above the choirs of angels; between person and person, bringing together in himself, as the cornerstone, the Jewish people and the Gentiles (pagans)” (Easter’s Octave Sermon, n. 6).
Peace is therefore above all a gift that is given to us by God in the Passion, Death and Resurrection of His Son Jesus, which restores us to an authentic relationship with God and allows us to know him as Father; it restores us to the authentic relationship with ourselves built on the new dignity that was given to us in baptism; it restores us to the authentic relationship between persons and between peoples who have been reconciled to each other in the Blood of the Lord Jesus and in the gift of the Holy Spirit.
A few lines later, Anthony speaks again of the threefold peace and explains that we must have: first of all, the peace of time with the people around us; secondly, the peace of heart that leads us to live in serenity; and lastly, the peace of eternity, that is, a life in communion with God. Anthony concludes his reflection with an exhortation that is addressed today to each and every one of us: “The first peace you must have is with your neighbor, the second with yourself, and so, you will also have the third peace, with God in heaven” (Easter’s Octave Sermon, n. 7).
- In the solemnity of our patron saint, let us ask that we may know how to become peacemakers, too. To be witnesses of peace in the concrete events in which we find ourselves. And it takes more courage to actively witness to peace than to indulge in the brutal instinct of violence and revenge.
We ask that we also be heralds of peace. Of that profound peace that only God can give us, that peace that Jesus communicated to us in his Easter, that peace that reconciles us with ourselves, with others and with God, and opens the doors of Heaven to us.