Letture: Ml 3,1-4; Sal 23; Eb 2,14-18; Lc 2,22-40
Carissime sorelle e carissimi fratelli di Canção Nova, il Signore vi dia pace!
1. La festa della presentazione di Gesù al Tempio mi riporta con la memoria a quando ero bambino e la festa si chiamava popolarmente la candelora, per via del rito iniziale con l’accensione delle candele. Celebravamo al mattino presto, era tra i giorni più freddi dell’inverno e al mattino faceva ancora buio. Quelle piccole candele accese che stringevamo tra le mani portavano una luce calda dentro la chiesa del paese ancora buia e fredda. Ed era bello poi percorrere la navata della chiesa cantando insieme: “Il Signore è la luce che vince la notte; gloria, gloria, cantiamo al Signore”.
Dentro il percorso dell’anno liturgico è evidente il senso di questa festa che ha in parte il sapore del Natale e in parte già quello della Pasqua. È la festa che celebra un fatto, la presentazione al Tempio di Gesù, da parte di Maria e Giuseppe, come compimento delle prescrizioni della Legge mosaica. Di fatto nel suo racconto l’evangelista Luca mette insieme varie prescrizioni che si trovano nella legge di Mosè, come l’offerta e il riscatto del primogenito e la purificazione rituale della madre 40 giorni dopo il parto. Ciò che emerge però è il fatto che Gesù, fin dall’inizio della sua vita umana, è dono e offerta. Tutta la sua persona e tutta la sua vita saranno dono e offerta. Lui che è il grande dono del Padre, durante tutta la sua esistenza, non farà altro che donarsi. E questo è l’amore.
2. Il Vangelo, le letture, la liturgia stessa che celebriamo offrono molti spunti, mi limito a evidenziarne tre:
- questo bambino, che è Gesù, illumina tutta la nostra vita e la vita di tutta intera l’umanità;
- davanti a questo bambino noi siamo chiamati a fare la scelta fondamentale della nostra vita;
- l’incontro con questo bambino porta una gioia incontenibile, che si può esprimere solo con la lode.
3. Anzitutto scopriamo che questo bambino, che è Gesù, illumina tutta la nostra vita e la vita di tutta intera l’umanità. L’abbiamo espresso con le parole e con i simboli fin dall’inizio della celebrazione, anticipando il racconto del Vangelo. Abbiamo acceso dei piccoli ceri e abbiamo pregato: “O Dio, fonte e principio di ogni luce, che oggi hai rivelato al santo vecchio Simeone il Cristo, vera luce di tutte le genti, benedici questi ceri e ascolta le preghiere del tuo popolo, che viene incontro a te con questi segni luminosi e con inni di lode; guidalo sulla via del bene, perché giunga alla luce che non ha fine”.
Tutta la nostra vita è un cammino che ognuno di noi fa in modo personale, ma anche come membro del popolo di Dio e dell’intera umanità. Se ci lasceremo illuminare da Gesù allora saremo in grado di camminare verso la pienezza della vita, sulla via del bene. Se invece rifiuteremo questa luce che è Gesù, allora ci troveremo a camminare nelle tenebre, con tutto ciò che il simbolismo delle tenebre evoca: incapacità di percepire la realtà che ci circonda, impossibilità di seguire un cammino perché al buio non riusciamo a vedere dove mettiamo i piedi, incertezza e paura per la difficoltà a riconoscere pericoli e ostacoli, e così via. Gesù invece illumina la nostra persona e la nostra vita, quella della Chiesa e quella dell’umanità intera. È bello andare incontro a Lui che illumina la nostra vita ed è bello seguire Lui che è la luce vera che illumina ogni uomo (Gv 1,9).
4. La seconda sottolineatura è che davanti a questo bambino noi siamo chiamati a fare la scelta fondamentale della nostra vita e a confermare questa scelta attraverso le scelte di tutti i giorni. È questo il senso della profezia dell’anziano Simeone: «Ecco, egli è qui per la caduta e la risurrezione di molti in Israele e come segno di contraddizione – e anche a te una spada trafiggerà l’anima –, affinché siano svelati i pensieri di molti cuori» (Lc 2,34-35).
Dire del bambino Gesù che sarà un segno di contraddizione, così come ricorrere al simbolismo della spada che trafigge l’anima, significa ricordare che davanti a Gesù nessuno di noi può rimanere indifferente: occorre fare una scelta fondamentale, che è la scelta di accoglierlo e di seguirlo e di amarlo. E occorrerà poi fare delle scelte conseguenti, attraverso le quali manifesteremo che abbiamo scelto di accogliere lui e di seguire lui e di amare Lui. Ciò comporta anche il fatto che noi stessi ci troveremo ad essere un segno di contraddizione, con il nostro modo di vivere, di parlare, di scegliere, di dare la vita. È dentro questa prospettiva che trovano significato anche le varie vocazioni e in special modo le vocazioni di speciale consacrazione. Ed è dentro questa prospettiva che acquista significato il vostro rinnovo dei voti, che dovrebbe voler dire: “Scelgo di accogliere e seguire te, di amare te, Gesù, anche se questo vorrà dire essere un segno di contraddizione e talvolta vorrà dire perfino sentire una spada che mi attraversa, perché se scelgo di rimanere in sintonia con te so che prima o poi sperimenterò l’ostilità e il rifiuto di chi ti è ostile e di chi ti rifiuta”. Ricordatevi che rinnovare un impegno di consacrazione vuol dire accettare di diventare segno di contraddizione e accettare di lasciarsi attraversare il cuore da una spada a doppio taglio.
5. Infine la festa e la liturgia di oggi ci invitano a gioire e lodare, perché l’incontro con il bambino Gesù mette dentro il cuore una gioia incontenibile, che trabocca e si trasforma in canto di lode. Infatti abbiamo iniziato con una processione gioiosa. Poi abbiamo sentito Simeone cantare un cantico di lode a Dio, quello stesso che ogni giorno preghiamo a compieta, infine abbiamo sentito l’ottantaquattrenne Anna, figlia di Fanuele, che “sopraggiunta in quel momento, si mise anche lei a lodare Dio e parlava del bambino a quanti aspettavano la redenzione di Gerusalemme” (Lc 2,38).
Vedere Gesù, incontrare Gesù, accogliere Gesù, seguire Gesù, amare Gesù riempie il cuore di gioia e quando la gioia trabocca dal cuore si trasforma in lode, lode a Dio per quello che ha fatto, che continua a fare e che farà. Lode a Dio perché attraverso il dono di quel bambino porta redenzione e salvezza a me, a Gerusalemme, a Israele e alle genti, a tutta intera l’umanità.
Senza quel bambino siamo tutti persi, la nostra vita è senza senso e senza speranza, l’umanità si riduce a una massa di uomini e donne in lotta tra di loro per prevalere gli uni sugli altri, la storia diventa storia di guerre e di sopraffazioni, di crudeltà e di male che raggiunge abissi di orrore.
Accogliendo quel bambino accogliamo il dono di poter vivere un’esistenza autenticamente umana, di venire riedificati umanamente, come ha cantato il poeta Ungaretti (cfr. G. UNGARETTI, Mio fiume anche tu), la nostra vita è redenta e la storia di ciascuno e dell’intera umanità può diventare storia di salvezza, di fraternità, di amore che redime e salva.
E allora ecco sgorgare la lode da un cuore giovane come quello dell’anziana Anna o di Simeone. E allora ecco la lode sgorgare dal cuore di ognuno di noi.
6. Concludo facendo mio l’invito che sgorga dal cuore di san Francesco davanti al mistero del Figlio di Dio che si fa piccolo per offrirsi a noi, nell’incarnazione così come nell’Eucaristia: “Guardate, fratelli, l'umiltà di Dio, ed aprite davanti a lui i vostri cuori; umiliatevi anche voi, perché siate da lui esaltati. Nulla, dunque, di voi trattenete per voi, affinché tutti e per intero vi accolga colui che tutto a voi si offre” (LOrd 28-29: FF 221).