Chi è il primo nel vangelo? - ¿Quién es el primero en el evangelio? | Custodia Terrae Sanctae

Chi è il primo nel vangelo? - ¿Quién es el primero en el evangelio?

Martedì della VII settimana TO/I - Martes de la VII semana TO/I

Chi è il primo nel vangelo?

Sir 2,1-13; Mc 9,30-37

  1. Carissime sorelle, carissimi fratelli,

il Signore vi dia pace.

Anche se oggi è il Martedì Grasso, le letture che abbiamo appena ascoltato ci proiettano già in un tema che è tipico della quaresima. Infatti, il Siracide ci parla di “tentazione”, che è il tema della prima domenica di quaresima e l’evangelista Marco ci presenta il secondo annuncio che Gesù fa della propria passione, morte e risurrezione. In questa nostra breve riflessione vorrei fermarmi soprattutto sul vangelo perché in questo brano è riassunto sia il percorso di Gesù sia il percorso dei discepoli, sia il percorso che ciascuno/a di noi è chiamato a fare.

  1. L’evangelista Marco annota che Gesù sta attraversando la Galilea e non vuole che nessuno lo sappia. Mentre è per strada, per la seconda volta parla ai suoi discepoli di quello che lo aspetta, e lo fa in modo estremamente sintetico: «Il Figlio dell’uomo viene consegnato nelle mani degli uomini e lo uccideranno; ma, una volta ucciso, dopo tre giorni risorgerà». I discepoli non capiscono e hanno paura di chiedere spiegazioni.

Dobbiamo notare che nel vangelo di Marco Gesù predice per ben tre volte che il suo destino è quello di essere rifiutato, che sta andando a morire ma che il terzo giorno risorgerà. Gesù, quindi, sta cercando di aiutare i discepoli a comprendere che il suo cammino è un cammino verso la Pasqua, verso il morire per risorgere. Gesù sta cercando di aiutare i discepoli a capire che il senso della sua vita non sta nel garantire la propria incolumità e sopravvivenza, ma nel donarsi interamente per aprire all’umanità intera la possibilità di vivere in Dio, una forma di vita totalmente nuova e che i discepoli per il momento non riescono nemmeno a immaginare.

Gesù sta insegnando che il senso della vita non lo troviamo assecondando a tutti i costi l’istinto di sopravvivenza magari anche a scapito della vita degli altri. No! Anzi! Il senso della vita lo troviamo solo nel donarci, interamente e fino in fondo.

  1. Per contrasto i discepoli – che non capiscono quello che Gesù sta dicendo e non hanno il coraggio di chiedergli spiegazioni – discutono tra loro, cioè parlano in modo piuttosto animato, per capire chi sia tra di loro il più grande. Di fronte alla logica del dono, esemplificata da Gesù, sta la logica del prestigio umano, esemplificata dai discepoli.

Mentre Gesù parla di dare la vita, i discepoli sono preoccupati di far carriera, sono interessati al proprio successo personale, vogliono sapere a chi di loro toccheranno i ruoli di maggior prestigio.

Non dobbiamo scandalizzarci dell’atteggiamento dei discepoli, perché il più delle volte noi siamo esattamente come loro. Il pensiero che Gesù sceglie liberamente di dare la vita, di andare a morire per noi e di attraversare la morte per introdurci nella vita di Dio non ci accompagna poi così spesso, quando potrebbe illuminare in modo critico il nostro modo di vivere. Anzi, anche noi tendiamo a lasciarlo sullo sfondo e perfino a rimuoverlo. Oserei dire che ci tocca poco perfino in quaresima e perfino il Venerdì Santo. Forse non stiamo a discutere chi sia tra noi il più grande, ma quante piccole e grandi ambizioni attraversano i nostri pensieri e sono annidate nel nostro cuore? Quante piccole invidie e gelosie ci segnalano che guardiamo agli altri considerandoli nostri rivali sulla via del successo personale e certamente non persone per le quali dare la vita?

  1. Il rimedio per vincere questa che è una vera e propria tentazione, ci dice Gesù, è imparare a mettere al centro i più piccoli e imparare a mettersi al loro servizio. Chi vuol essere grande, normalmente ama farsi servire. Chi ha capito il valore del farsi piccolo, normalmente non si vergogna di servire, anzi assume il servizio come stile di vita. Nel vangelo che abbiamo ascoltato Gesù ci dice che chi vuol essere il primo di tutti in realtà deve mettersi all’ultimo posto e farsi il servo di tutti. È un insegnamento che diventerà comprensibile il Giovedì Santo nel Cenacolo, quando Gesù si cingerà un grembiule e – vincendo le resistenze dei discepoli – laverà loro i piedi. È un insegnamento che diventerà ancor più chiaro il Venerdì Santo quando Gesù diventerà l’ultimo degli uomini, verrà scartato e condannato alla morte più infame quella di croce, si farà talmente piccolo da svuotare se stesso nel mistero della morte.
  1. Anche se oggi è il Martedì Grasso, proiettiamo noi stessi nel cammino quaresimale che inizierà domani e prendiamolo come un’occasione da non perdere, un’occasione per rivedere il modo in cui abbiamo impostato la nostra vita. Approfittiamo di questo tempo per mettere a nudo tutte le nostre piccole e grandi – e vorrei dire ridicole – ambizioni.

Approfittiamo di questo tempo per vedere quali sono i piccoli e i poveri dei quali in modo personale siamo chiamati a prenderci cura. Approfittiamo di questo tempo per vedere quali sono le occasioni di servizio che ci vengono date e che noi per pigrizia e per presunzione disprezziamo.

Facciamo nostro il ritornello del canto: “Fa’ che impariamo, Signore, da Te, / Che il più grande è chi più sa servire, / Chi s’abbassa e chi si sa piegare, / Perché grande è soltanto l’amore”.

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¿Quién es el primero en el evangelio?

Eclo 2,1-13; Mc 9,30-37

  1. Queridas hermanas, queridos hermanos,

¡el Señor os dé su paz!

Aunque hoy sea Martes de Carnaval, las lecturas que acabamos de escuchar ya nos proyectan en un tema típicamente cuaresmal. En efecto, en el libro del Eclesiástico se nos habla de la “tentación”, que es el tema del primer domingo de Cuaresma y el evangelista Marcos nos presenta el segundo anuncio que hace Jesús de su pasión, muerte y resurrección. En esta breve reflexión quisiera centrarme sobre todo en el evangelio ya que este pasaje resume tanto el camino de Jesús y de los discípulos, como el que cada uno de nosotros está llamado a recorrer.

  1. El evangelista Marcos subraya que Jesús atraviesa la región de Galilea y no quiere que nadie lo sepa. A lo largo del camino, por segunda vez, Jesús les habla a sus discípulos de lo que le acaecerá y lo hace de una manera extremadamente concisa: «El Hijo del hombre va a ser entregado en manos de los hombres y lo matarán; y después de muerto, a los tres días resucitará». Los discípulos no entienden y temen pedir explicaciones.

Debemos notar que en el Evangelio de Marcos Jesús anuncia en tres ocasiones que su destino es ser rechazado, que morirá pero que al tercer día resucitará. Por ende, Jesús trata de hacer comprender a los discípulos que su camino es un camino hacia la Pascua, hacia la muerte que conduce a la resurrección. Jesús trata de hacer comprender a los discípulos que el sentido de su vida no está en garantizar su propia seguridad y supervivencia, sino en entregarse enteramente para abrir a toda la humanidad la posibilidad de vivir en Dios. Se trata de una forma de vida totalmente nueva que los discípulos, por el momento, ni siquiera pueden imaginar. Jesús les enseña que el sentido de la vida no se encuentra en el dar rienda suelta al instinto de supervivencia a toda costa, quizás incluso a costa de la vida de los demás. ¡No! ¡Al contrario! Encontramos el sentido de la vida solo en la medida en que nos donamos completamente y hasta las últimas consecuencias.

  1. Los discípulos, en cambio, – ya que no entienden lo que dice Jesús y no tienen el coraje de pedirle explicaciones – discuten entre ellos, es decir, hablan de forma un tanto viva, para entender quién de ellos es el más grande. Frente a la lógica del donarse, ejemplificada por Jesús, está la lógica del prestigio humano, ejemplificada por los discípulos.

En otras palabras, mientras Jesús habla de dar la vida, los discípulos se preocupan por hacer carrera, están interesados en su propio éxito personal, quieren saber quién de ellos tendrá los roles más prestigiosos.

Ahora bien, no debemos escandalizarnos por la actitud de los discípulos puesto que la mayor parte del tiempo somos exactamente como ellos. En efecto, la idea de que Jesús elige libremente dar su vida, ir a morir por nosotros y pasar por la muerte para introducirnos en la vida de Dios no nos acompaña tan a menudo y, sin embargo, podría iluminar profundamente nuestro modo de vida. Nosotros, por el contrario, tendemos más bien a dejarlo en segundo plano e incluso a eliminarlo.

Me atrevería a decir que esta idea nos acompaña poco, incluso en Cuaresma y hasta en Viernes Santo. Quizás no estemos discutiendo quién es el más grande entre nosotros, pero ¿cuántas pequeñas y grandes ambiciones cruzan nuestros pensamientos y se anidan en nuestros corazones? ¿Cuántas pequeñas envidias y celos nos indican que vemos a los demás más bien como rivales en el camino hacia nuestro éxito personal y ciertamente no tanto como personas por quienes dar la vida?

  1. El remedio para vencer esta actitud – que es una verdadera tentación – nos dice Jesús, es aprender a anteponer a los más pequeños y aprender a ponerse a su servicio. Cualquiera que quiera ser grande generalmente le gusta que lo sirvan. Ahora bien, quien ha comprendido el valor de hacerse pequeño, normalmente no se avergüenza de servir, sino que lo asume como un estilo de vida. En el Evangelio que hemos escuchado, Jesús nos dice que quien quiera ser el primero de todos, debe ponerse realmente en el último lugar y ser el servidor de todos. Es una enseñanza que se hará comprensible el Jueves Santo en el Cenáculo, cuando Jesús se pondrá un delantal y – superando la resistencia de los discípulos – les lavará los pies. Es una enseñanza que se hará aún más clara el Viernes Santo cuando Jesús se hará el más pequeño de los hombres, será descartado y condenado a la muerte más infame, la muerte sobre la cruz. En esa ocasión, Jesús se hará tan pequeño que se vaciará a sí mismo en el misterio de muerte.
  1. Dicho esto, aunque hoy sea Martes de Carnaval, proyectémonos pues en el camino de Cuaresma que comenzará mañana y tomémoslo como una oportunidad que no debemos perder, como la ocasión propicia para analizar la forma en que hemos configurado nuestra vida. Aprovechemos este tiempo para desnudar a todas nuestras pequeñas y grandes – y yo diría ridículas – ambiciones. Aprovechemos este tiempo para ver quiénes son los pequeños y los pobres a los que personalmente estamos llamados a cuidar. Aprovechemos este tiempo para ver cuáles son las oportunidades de servicio que se nos dan y que despreciamos por pereza y presunción.

Hagamos nuestro el estribillo de la canción: “Haz, Oh Señor, que aprendamos de ti / que el más grande es quien sabe servir, / quien se entrega y quien se sabe arrodillar, / porque grande es tan sólo el amor”.