Dalla lamentela alla lode - From complaints to praise | Custodia Terrae Sanctae

Dalla lamentela alla lode - From complaints to praise

Ritrovamento della Santa Croce - Finding of the Cross

Nm 21,4-9; Sal 95,10-13; Fil 2,5-11; Gv 3,13-17

  1. Carissime sorelle, carissimi fratelli, il Signore vi dia pace!

Dopo l’uscita dall’Egitto – l’abbiamo sentito nella prima lettura – il popolo di Israele si stanca del viaggio e comincia a parlare contro Dio e contro Mosè e a lamentarsi della situazione in cui si trova. Di fatto il popolo smette di fidarsi di Dio e di Mosè, comincia ad aver paura di morire nel deserto, e a rimpiangere la schiavitù perché a suo modo garantiva la sopravvivenza e qualche sicurezza materiale.

I serpenti che Dio invia non sono però una punizione ma una correzione. I serpenti con i loro morsi velenosi mettono semplicemente in luce quello che la paura, la sfiducia e le conseguenti lamentele producono nella nostra vita: la avvelenano. Proviamo a riflettere sulla nostra esperienza personale: quando ci troviamo in mezzo a un gruppo di persone che si lamentano di tutto e di tutti, dopo un po’ ci sentiamo contagiati e avvelenati dal clima negativo che si crea. Quando noi stessi ci facciamo prendere dalle lamentele ben presto sentiamo che il nostro cuore intristisce appesantito dalla scontentezza.

  1. Le letture di questa festa ci aiutano a comprendere quale sia la via d’uscita dalla paura, dalla sfiducia, dalla lamentela e dalla conseguente tristezza: bisogna alzare lo sguardo. Nel libro dei Numeri il serpente innalzato diventa l’espediente per far nuovamente sollevare gli occhi verso il Cielo e diventa anche la profezia di ciò che Gesù realizzerà e manifesterà, cioè un atto d’amore pieno, totale, inimmaginabile, capace di restituire fiducia e speranza di vita al cammino dell’intera umanità: “E come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell’uomo, perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna. Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non muoia, ma abbia la vita eterna. Dio non ha mandato il Figlio nel mondo per giudicare il mondo, ma perché il mondo si salvi per mezzo di lui” (Gv 3,14-17).

Per guarire dalla sfiducia, per guarire dalla paura di perdere la vita, per guarire dal virus della lamentela bisogna che alziamo lo sguardo verso Gesù Crocifisso e bisogna che ci rendiamo conto di quanto Dio ci ama nel suo Figlio. Bisogna che facciamo l’esperienza di san Paolo: “Il Figlio di Dio mi ha amato e ha dato sé stesso per me” (Gal 2,20).

Quando facciamo questa esperienza, come ci suggerisce san Francesco, passiamo dalla lamentela alla lode. Nella “Regola non bollata”, proprio riconoscendo il grande amore di Dio per noi, il Poverello arriva a dire: “E ti rendiamo grazie, perché come tu ci hai creato per mezzo del tuo Figlio, così per il santo tuo amore, col quale ci hai amato, hai fatto nascere lo stesso vero Dio e vero uomo dalla gloriosa sempre vergine beatissima santa Maria, e per la croce, il sangue e la morte di Lui ci hai voluti redimere dalla schiavitù” (Rnb XXIII,3: FF 64).

  1. Ecco la cura dai morsi dei serpenti della paura, della sfiducia, della lamentela: aprire gli occhi sull’amore di Dio per noi, sull’amore di Dio per me. Se Dio sceglie di donare suo figlio perché io non sia travolto dal male e dalla morte, quanto deve essere preziosa la mia persona e la mia vita. Di cosa posso ancora avere paura se Gesù Cristo sceglie liberamente e per amore mio di essere innalzato sulla croce e di scendere nell’esperienza umana più oscura, che è l’esperienza del morire, per trasformarla nell’esperienza luminosa della risurrezione, del portare la mia umanità a partecipare alla vita stessa di Dio? Perché dovrei ancora mancare di fiducia sul mio destino e sul destino dell’umanità? Di cosa mi potrei mai lamentare?
  1. Trovare la croce non vuol dire trovare una reliquia. Trovare la croce vuol dire trovare il punto di svolta dalla paura di non valere niente alla consapevolezza di avere una dignità infinita; dalla paura che tutto finisca con la morte alla consapevolezza che sono chiamato a partecipare alla vita stessa di Dio; dalla paura di essere travolto dal male alla fiducia di essere perdonato, di essere cioè amato così come sono; dalla paura che la vita sia un deserto in cui morire alla consapevolezza che la vita è un pellegrinaggio per giungere alla libertà vera, alla vita piena, alla felicità eterna.
  1. Se trovo la croce, quella vera, quella di Gesù, non avrò più nessun motivo di lasciarmi avvelenare il cuore da lamentele sterili, nonostante tutte le possibili difficoltà, nonostante tutte le situazioni, nonostante i disastri del mondo. Potrò solo gioire e ringraziare, lodare e benedire il Signore, e chiedergli la grazia di saper tenere alto lo sguardo verso il Signore crocifisso: misura unica dell’amore di Dio per me e per l’umanità intera, misura unica del valore della mia persona e della dignità di ogni persona, sorgente di speranza anche in mezzo al deserto della storia che ci troviamo ad attraversare nel pellegrinaggio verso la pienezza del Regno di Dio.
  1. In questa celebrazione rivolgiamo anche un pensiero ai popoli in guerra e chiediamo che sappiano pure loro alzare lo sguardo verso il Crocifisso. La sera del venerdì santo al Colosseo, due donne, una russa e una ucraina, Albina e Irina, hanno portato insieme la croce durante la XIII stazione, che è quella in cui Gesù muore in croce. Qualcuno ha protestato, qualcuno non ha capito, eppure queste due donne sono diventate il simbolo di ciò che tutta l’umanità è chiamata a fare: trovare la via della riconciliazione e della pace, trovare cioè la via della vita, alzando lo sguardo verso il Crocifisso, accogliendo e portando insieme la Croce di Gesù, che quando è accolta diventa fonte di vita e di risurrezione.
  1. In questo momento, e in questa celebrazione, chiediamo al Signore che la Russia e l’Ucraina sappiano di nuovo e insieme cercare e trovare la croce del Signore, alzare lo sguardo verso il Signore crocifisso, per trovare la via della riconciliazione, la via della vita. Chiediamo al Signore che tutti i paesi ancora segnati dalla violenza e dalla guerra sappiano cercare e trovare e accogliere questo unico e semplice strumento di pace e di riconciliazione.

Chiediamolo al Signore con fede:

“Signore Gesù, / Ti benediciamo / perché sei per noi sorgente di vita, / ti fai carico delle nostre sofferenze, / con la tua santa croce hai redento il mondo.

Signore Gesù, / Tu che sei il Crocifisso Risorto, / fa’ che non ci lasciamo rubare la speranza / di una nuova umanità, / dei cieli nuovi e della terra nuova, / dove asciugherai ogni lacrima dai nostri occhi / e non vi sarà più lamento, né affanno, / perché le cose vecchie sono passate / e saremo una grande famiglia / nella tua casa di amore e di pace” (Dalla preghiera all’inizio della Via Crucis del Venerdì Santo al Colosseo, 2022). Amen.

__________________________________________________________________________________

Nm 21.4-9; Ps 95: 10-13; Fil 2,5-11; Jn 3: 13-17

  1. Dear brothers and sisters,

May the Lord give you peace!

After leaving Egypt – as we heard it in the first reading – the people of Israel got tired of the journey and began to speak out against God and Moses and to complain about the situation in which they found themselves. In fact, the people stopped trusting God and Moses, began to be afraid of dying in the desert, and regretted being freed from slavery because in its own way it guaranteed survival and some material security.

However, the snakes that God sends are not a punishment but a correction. Snakes with their poisonous bites simply highlight what fear, mistrust and consequent complaints produce in our life: they poison it. Let us try to reflect on our personal experience: when we find ourselves in the midst of a group of people who complain about everything and everyone, after a while we feel infected and poisoned by the negative climate that is created. When we ourselves get caught up in complaints, we soon feel that our heart saddens weighed down by discontent.

  1. The readings of this feast help us to understand the way out of fear, mistrust, complaining and the resulting sadness that follows: we need to look up. In the book of Numbers the raised serpent becomes the expedient to raise the eyes again towards Heaven and also becomes the prophecy of what Jesus will accomplish and manifest, that is, an act of full, total, unimaginable love, capable of restoring trust and hope of life in the journey of all humanity: “And as Moses lifted up the serpent in the desert, so the Son of man must be lifted up, so that whosoever believes in Him may have eternal life. In fact, God so loved the world that He gave His only Son, so that whosoever believes in Him may not perish but have eternal life. God did not send the Son into the world to judge the world, but so that the world may be saved through Him” (Jn 3: 14-17).

To heal from mistrust, to heal from the fear of losing one’s life, to heal from the virus of complaining we need to look up to Jesus Crucified and we need to realize how much God loves us in His Son. We must have the experience of St Paul: “The Son of God loved me and gave Himself up for me” (Gal 2:20).

When we have this experience, as St. Francis suggests, we pass from complaint to praise. In the “Regula non bullata”, precisely recognizing God's great love for us, the Poverello-“the poor man” goes so far as to say: “And we give You thanks, because as You created us through Your Son, so for Your holy love, with which You loved us, You gave birth to the same true God and true man from the glorious ever blessed virgin Mary, and by the Cross, the blood and His death you wanted to redeem us from slavery” (Rnb XXIII, 3: FF 64).

  1. Here is the cure for the snake bites of fear, mistrust, complaining: opening our eyes to God’s love for us, God’s love for me. If God chooses to give His Son so that I am not overwhelmed by evil and death, how precious my person and my life must be. What can I still be afraid of if Jesus Christ chooses freely and for my sake to be lifted up on the Cross and to descend into the darkest human experience, which is the experience of dying, to transform it into the luminous experience of the Resurrection, in taking on my humanity in order to participate in the very life of God? Why should I still lack confidence in my destiny and the destiny of humanity? Therefore, what can I ever complain about really?
  1. Finding the Cross does not mean finding a relic. Finding the Cross means finding the turning point from the fear of being worthless to the awareness of having infinite dignity; from the fear that everything ends in death to the awareness that I am called to participate in the very life of God; from the fear of being overwhelmed by evil to the confidence of being forgiven, that is, of being loved as they are; from the fear that life is a desert in which to die to the awareness that life is a pilgrimage towards true freedom, full life, eternal happiness.
  1. If I find the Cross, the true one, that of Jesus, I will no longer have any reason to let my heart be poisoned by sterile complaints, despite all possible difficulties, despite all situations, despite the disasters of the world. I will only be able to rejoice and thank, praise and bless the Lord, and ask Him for the grace to be able to keep my gaze on high towards the crucified Lord: a unique measure of God’s love for me and for all humanity, a unique measure of the value of my person and of the dignity of every person, a source of hope even in the midst of the desert of history that we find ourselves crossing in the pilgrimage towards the fullness of the Kingdom of God.
  1. In this celebration we also address a thought to the peoples at war and ask that they too know how to raise their gaze towards the Cross. On the evening of Good Friday at the Colosseum, two women, one Russian and one Ukrainian, Albina and Irina, carried the cross together during the XIII station, which is the one in which Jesus dies on the Cross. Someone protested, someone did not understand, yet these two women have become the symbol of what all humanity is called to do: find the way of reconciliation and peace, that is, find the way of life, looking up towards the Crucified One, welcoming and carrying the Cross of Jesus together, which when accepted becomes a source of life and resurrection.
  1. At this moment, and in this celebration, we ask the Lord that Russia and Ukraine come to know once again and together to seek and find the Cross of the Lord, to look up to the crucified Lord, to find the way of reconciliation, the way of life. We ask the Lord that all countries still marked by violence and war know how to seek and find and welcome this single and simple instrument of peace and reconciliation.

Let’s ask the Lord with faith:

“O Lord Jesus,

We bless You

because You are a source of life for us,

You take charge of our sufferings,

with Your holy Cross You have redeemed the world.

O Lord Jesus,

You who are the Risen Crucifix,

let us not allow ourselves to be robbed of hope

of a new humanity,

of the new heavens and the new earth,

where you will wipe every tear from our eyes

and there will be no more lamentation, no trouble,

because the old things have passed away

and we will be one big family in Your home of love and peace” (From prayer at the beginning of the Via Crucis on Good Friday at the Colosseum, 2022).

Amen.