Letture: Is 53,2b-9; Sal 15; At 13,16°.26-31; Lc 24,1-12
Carissimi fratelli, carissime sorelle,
Il Signore vi dia Pace!
Non c’è un luogo più importante di questo per i cristiani di tutto il mondo, non c’è santuario più santo di questo. E per noi frati della Custodia non c’è luogo al quale possiamo e dobbiamo avere maggiore affetto, devozione, attaccamento.
- In questo luogo – ce lo ricorda san Francesco – “è venerato il sepolcro, nel quale egli [Gesù] giacque per qualche tempo” (cfr LOrd 21: FF 220). Questo luogo contiene la memoria della bellezza sfigurata del Crocifisso e della bellezza trasfigurata del Risorto.
Bellezza sfigurata e bellezza trasfigurata sono una possibile sintesi del messaggio di questo luogo e di questa festa. Questi due aspetti riguardano Gesù di Nazareth crocifisso e risorto, riguardano la Chiesa, riguardano ognuno di noi.
- Soffermiamoci anzitutto sulla bellezza sfigurata e trasfigurata in Gesù di Nazareth, che nella fede riconosciamo come il Cristo, il Figlio di Dio. Abbiamo ascoltato la prima lettura tratta dal Profeta Isaia, che descrive con un realismo impressionante la bellezza sfigurata del Servo del Signore, che noi identifichiamo in Gesù: “Non ha apparenza né bellezza per attirare i nostri sguardi, non splendore per poterci piacere. Disprezzato e reietto dagli uomini, uomo dei dolori che ben conosce il patire, come uno davanti al quale ci si copre la faccia; era disprezzato e non ne avevamo alcuna stima. Eppure egli si è caricato delle nostre sofferenze, si è addossato i nostri dolori; e noi lo giudicavamo castigato, percosso da Dio e umiliato. Egli è stato trafitto per le nostre colpe, schiacciato per le nostre iniquità. Il castigo che ci dà salvezza si è abbattuto su di lui; per le sue piaghe noi siamo stati guariti” (cfr IV Carme del Servo del Signore Is 53,2-5).
Le letture ci hanno parlato però anche della bellezza trasfigurata del Risorto. È il messaggio già contenuto in profezia nel Salmo 15[16] nel quale il Messia si rivolge con fiducia a Dio e prefigura la risurrezione del proprio corpo: “non abbandonerai la mia vita nel sepolcro, né lascerai che il tuo santo veda la corruzione” (Sal 15[16],10). È l’annuncio che i messaggeri divini vestiti in vesti sfolgoranti rivolgono alle donne: “Perché cercate tra i morti colui che è vivo? Non è qui, è risorto. Ricordatevi come vi parlò quando era ancora in Galilea e diceva: «Bisogna che il Figlio dell’uomo sia consegnato in mano ai peccatori, sia crocifisso e risorga il terzo giorno»” (Lc 24,5-7). È il vangelo che l’apostolo Paolo annunzia negli Atti degli Apostoli ricordando che Gesù il crocifisso “Dio lo ha risuscitato dai morti ed egli è apparso per molti giorni a quelli che erano saliti con lui dalla Galilea a Gerusalemme, e questi ora sono testimoni di lui davanti al popolo” (At 13,31).
- Questo posto, e la festa di oggi, ci ricorda che c’è una bellezza sfigurata e trasfigurata anche nella Chiesa. Se celebriamo la dedicazione avvenuta in epoca crociata è perché la basilica costantiniana fu in gran parte e più volte distrutta e restaurata. È come se questo luogo portasse in sé fisicamente non solo la memoria della passione e risurrezione del Signore, ma anche della passione e risurrezione della Chiesa: la passione e risurrezione che il Corpo di Cristo vive nella storia come prolungamento ed estensione della passione e risurrezione del suo Capo. Anche la Chiesa ha una bellezza sfigurata e una bellezza trasfigurata. È la bellezza della Sposa che è sfigurata soprattutto dal peccato dei suoi figli, dagli scandali che ne rendono spesso inefficace la predicazione e l’azione, in primis e proprio qui, quello della divisione tra i suoi figli. E poi tutti gli scandali legati ai nostri comportamenti antievangelici, di cui si nutrono le cronache dei media che spesso e purtroppo alimentano questi stessi scandali.
Ma la Chiesa possiede anche una bellezza trasfigurata, che risplende nella testimonianza offerta dagli sposi quando si amano in modo fedele e fecondo fino al sacrificio di sè, proprio come il Cristo in croce. La bellezza trasfigurata della Chiesa risplende nei consacrati, quando si spendono per seminare fraternità nel mondo d’oggi idolatra dell’io, del successo e del piacere. La bellezza trasfigurata della Chiesa risplende nei pastori quando rimangono accanto al gregge di Cristo a rischio della vita, perché non vogliono abbandonare il gregge che è loro affidato – pensiamo anche agli esempi che abbiamo nella stessa Custodia – e così vivono la spiritualità del martirio incarnata da Gesù.
- Infine c’è una bellezza sfigurata e trasfigurata anche in ciascuno di noi. È la nostra partecipazione al mistero pasquale. Come ci ricorda san Francesco nel capitolo XXIII della “Regola non bollata” abbiamo una bellezza originale che è stata sfigurata dal nostro peccato e trasfigurata dall’opera della redenzione che qui si è compiuta. Così, infatti, il Serafico Padre si rivolge al Padre: “per la tua santa volontà e per l’unico tuo Figlio con lo Spirito Santo hai creato tutte le cose spirituali e corporali, e noi fatti a tua immagine e somiglianza hai posto in paradiso. E noi per colpa nostra siamo caduti” (Rnb XXIII,1-2: FF 63). E subito dopo aggiunge: “come tu ci hai creato per mezzo del tuo Figlio, così per il santo tuo amore, con il quale ci hai amato, hai fatto nascere lo stesso vero Dio e vero uomo dalla gloriosa sempre vergine beatissima santa Maria, e per la croce, il sangue e la morte di lui ci hai voluti redimere dalla Schiavitù” (Rnb XXIII,3: FF 64). Se il nostro peccato sfigura l’opera di Dio in noi, l’infinito amore col quale il Padre ci ama, offrendo per noi, qui, il suo Figlio, ci dona la bellezza trasfigurata dell’uomo redento che partecipa alla Pasqua di Gesù.
- Tocca a noi non sprecare nuovamente questo dono. E per questo vale la pena che accogliamo come rivolte a noi alcune parole che santa Chiara scrive ad Agnese di Boemia e con queste parole desidero concludere: “Vedi che egli [Gesù] si è fatto per te spregevole e seguilo, fatta per lui spregevole in questo mondo. Guarda, o regina nobilissima, il tuo sposo, il più bello tra i figli degli uomini, divenuto per la tua salvezza il più vile degli uomini, disprezzato, percosso e in tutto il corpo più volte flagellato, morente tra le angosce stesse della croce: guardalo, consideralo, contemplalo, desiderando di imitarlo.
Se con lui patirai, con lui regnerai, / soffrendo con lui, con lui godrai, / morendo con lui sulla croce della tribolazione, / possederai con lui le eteree dimore negli splendori dei santi / e il tuo nome sarà annotato nel libro della vita / e diverrà glorioso tra gli uomini.
Per questo in eterno e nei secoli dei secoli acquisterai la gloria del regno celeste in cambio delle cose terrene e transitorie, i beni eterni al posto dei perituri e vivrai nei secoli dei secoli” (2 Agn 19-23: FF 2879-2880).