Dono, chiamata e responsabilità | Custodia Terrae Sanctae

Dono, chiamata e responsabilità

Professione solenne di fra Clovis Bettinelli e fra Eduardo Gutierrez

 Is 53,1-7ª; Sal 30; Eb 5,7-9; Mt 26,36-46

1. Carissimo fra Clovis, carissimo fra Eduardo, carissime sorelle e carissimi fratelli, il Signore vi dia Pace!

È un privilegio raro poter celebrare la propria professione solenne qui al Getsemani ed è un privilegio ancor più raro – come farete voi tra poco – potersi prostrare sulla roccia sulla quale lo stesso Gesù si è prostrato, ha versato il proprio sudore divenuto simile a gocce di sangue, ha pregato il Padre usando le stesse parole che ha insegnato a noi: “Sia fatta la tua volontà”, arrivando a sintonizzarsi pienamente sulla volontà del Padre. 
Qui, come ci ricorda san Francesco, Gesù “ha deposto la sua volontà nella volontà del Padre” (LFed 10: FF 183).

2. La nostra consacrazione ha senso nella misura in cui permettiamo a Gesù Cristo di vivere in noi e questo è anzitutto un dono gratuito che riceviamo, poi è anche una chiamata, infine è un impegno responsabile.
Vi invito prima di tutto a scoprire il dono e il prezzo di quel dono, per evitare di vivere in modo superficiale questo momento. È sempre san Francesco, nello stesso passo della Lettera ai Fedeli che ho citato poco fa a proseguire: 
“E la volontà del Padre suo fu questa, che il suo Figlio benedetto e glorioso, che egli ci ha donato ed è nato per noi, offrisse se stesso, mediante il proprio sangue, come sacrificio e vittima sull'altare della croce, non per sé, poiché per mezzo di lui sono state create tutte le cose (Cfr. Gv 1,3), ma in espiazione dei nostri peccati, lasciando a noi l'esempio perché ne seguiamo le orme (1Pt 2,21). E vuole che tutti siamo salvi per mezzo di lui e che lo riceviamo con cuore puro e col nostro corpo casto” (LFed 11-14: FF 184).

3. Ecco il dono, ecco la grazia: Gesù è interamente donato e offerto per noi, per rinnovare tutta la nostra vita, per riconciliarci, per rendere noi capaci di seguirlo, cioè di vivere come Lui e di entrare con Lui nel mistero della relazione filiale con il Padre, nel mistero della comunione di amore che lo lega al Padre nello Spirito Santo. 
Questo significa essere salvi! E questo è il dono che ci è stato fatto.

4. Carissimi fra Clovis e fra Eduardo, nel dono è contenuta anche la chiamata, è la chiamata “a seguire le orme di Gesù”, come ama dire san Francesco citando la Prima Lettera di San Pietro. 
È la chiamata a “Osservare il Vangelo di nostro Signore Gesù Cristo, vivendo in obbedienza, senza nulla di proprio e in castità”, come ci suggerisce l’inizio della Regola bollata (Rb I: FF 75)
E nella chiamata è contenuta anche la responsabilità, cioè l’assunzione libera, volontaria e personale dell’impegno di tutta una vita: “per tutto il tempo della mia vita” direte nella formula di professione che avete scritto di vostro pugno e che firmerete qui sull’altare.

5. Osservare il Vangelo di nostro Signore Gesù Cristo non significa guardare un libro! E non significa nemmeno trasformare i quattro vangeli in una specie di ricettario o prontuario da sfogliare per avere rispostine facili, magari da suggerire agli altri. 
Osservare il Vangelo di nostro Signore Gesù Cristo significa tenere lo sguardo fisso su di Lui, significa lasciarsi impregnare dalla sua Parola in modo tale che la nostra mentalità assomigli ogni giorno di più alla sua, i nostri sentimenti siano sempre più i sentimenti di Gesù, il nostro modo di agire diventi cristiforme, la nostra volontà venga ogni giorno “deposta nella volontà del Padre”, le nostre scelte manifestino la nostra profonda sintonia con Lui.

6. Quelli che chiamiamo consigli evangelici e che assumiamo come voti sono dentro questo stesso dinamismo: sono un dono che ci viene fatto, sono una chiamata che ci viene rivolta e sono anche un impegno responsabile che assumiamo personalmente e pubblicamente.
Vivere l’obbedienza non è mai stato facile e non lo sarà mai! Parlando di Gesù, la Lettera agli Ebrei ci ha appena detto che “pur essendo Figlio, imparò l’obbedienza da ciò che patì e, reso perfetto, divenne causa di salvezza eterna per tutti coloro che gli obbediscono”. 
Vivere l’obbedienza sta però al cuore dell’osservare il Vangelo, del seguire Cristo, del fare un percorso nel quale impariamo a superare la nostra volontà egoistica, che è l’eredità del primo Adamo, e impariamo – anche attraverso esperienze difficili e faticose, di passione – a nutrirci della volontà del Padre, che ci apre a un’esperienza di profonda fiducia, di abbandono filiale e al donare la vita, anziché al volerla trattenere per noi. 
L’obbedienza è un dono che ci aiuta a seguire Gesù pur se la nostra libertà è ferita, la nostra volontà è fragile e la nostra coscienza confusa!
L’obbedienza è anche una chiamata esigente e una responsabilità rispetto alla quale dobbiamo però evitare di dichiararci disponibili quando veniamo gratificati e poi tirarci indietro quando ci costa. 
Con un linguaggio duro san Francesco dice che in questo caso saremmo discepoli che “guardano indietro (Cfr. Lc 9,62) e ritornano al vomito (Cfr. Pr 26,11; 2Pt 2,22) della propria volontà” (Amm III,10: FF 151). E prosegue dicendo che in questo modo diventiamo “degli omicidi che a causa dei loro cattivi esempi mandano in perdizione molte anime” (Amm III,11: FF 151).

7. Anche il poter vivere senza nullo di proprio è un dono, una chiamata e un impegno. È un dono che ci rende liberi rispetto alla volontà di appropriarci di cose e di luoghi, di uffici e incarichi, di punti di vista e posizioni acquisite…
È una chiamata a entrare dentro questa disponibilità che Gesù ha vissuto in modo totale, arrivando a “svuotare se stesso per farsi servo” (Fil 2) e arrivando a “farsi povero per arricchire noi mediante la sua povertà” (2 Cor 8,9). 
È anche un impegno perché nel corso della nostra vita consacrata rischiamo di riprenderci indietro, giorno dopo giorno, tutto ciò a cui abbiamo rinunciato il giorno della professione. 
E lo facciamo quando cadiamo nella trappola della cultura in cui viviamo oggi, che è la cultura dell’apparire e dell’aggrapparci a degli status symbol, che rivelano solo che non abbiamo ancora scoperto la nostra vera dignità, che è quella dell’essere figli di Dio, dell’essere amati dal Figlio di Dio che ha dato la sua vita per noi, di essere Tempio dello Spirito Santo. 
Questa è la ricchezza vera di cui noi disponiamo se entriamo nel mistero della povertà di Cristo!

8. È un dono grande, è una chiamata ed è un impegno responsabile anche una vita casta. È un dono grande perché è la vita abbracciata da Gesù e dalla Vergine Maria. 
È un dono grande perché – come ci fa scoprire san Francesco – la castità educa ad amare “con tutto il cuore, con tutta l’anima, con tutta la mente, con tutta la capacità e la fortezza (Mc 12,30 e 33), con tutta l’intelligenza, con tutte le forze (Lc 10,27), con tutto lo slancio, tutto l’affetto, tutti i sentimenti più profondi, tutti i desideri e le volontà il Signore Iddio (Mc 12,30), il quale a tutti noi ha dato e dà tutto il corpo, tutta l’anima e tutta la vita; che ci ha creati (Cfr. Tb 13,5), redenti, e ci salverà per sua sola misericordia” (Rnb XXIII,8: FF 69).
Ed è questo amore riconoscente a dilatare poi il nostro cuore all’amore universale, capace di abbracciare ogni persona e perfino ogni creatura. 
È il modo di amare che Gesù ci ha rivelato con la sua stessa vita. 
È anche una chiamata e un impegno. E non possiamo perciò dare spazio a nessun tipo di ambiguità, di doppia vita, di doppio amore. Come non è bene scherzare coi sentimenti delle persone umane, così non è bene scherzare nemmeno coi sentimenti di Dio.

9. Infine ricevete questo dono, accogliete questa chiamata e assumete questo impegno, carissimi fra Clovis e fra Eduardo,dentro una fraternità. Non siete soli a camminare. Siete nati e cresciuti dentro una famiglia umana e naturale, adesso vi trovate a far parte in modo definitivo di una famiglia spirituale, di una famiglia nella quale il legame non è dato dal sangue, ma dallo Spirito Santo.
Che il Signore vi aiuti a scoprire ogni giorno un po’ di più il dono, la chiamata e la responsabilità di vivere da frati minori.
Che possiate vivere con francescana letizia la vostra vita di frati minori, per sempre, con fiducia e semplicità, fino al giorno in cui la vostra consacrazione raggiungerà il suo compimento, quando entrerete nella fraternità del Cielo.

 

Fr. Francesco Patton OFM
Custode di Terra Santa