Inaugurazione Museo archeologico Flagellazione | Custodia Terrae Sanctae

Inaugurazione Museo archeologico Flagellazione

Eccellenze, confratelli, distinti ospiti, amici qui presenti, permettetemi di salutarvi tutti col saluto caro a San Francesco: “Il Signore vi dia pace!”

Un museo è uno strumento contemporaneo di testimonianza interculturale, che parla a tutti, cristiani residenti, pellegrini, turisti, visitatori di ogni tipo. È uno strumento di incontro che vuole poter parlare a tutti e non solo agli specialisti.

È anche uno strumento di dialogo interculturale e interreligioso, perché raccontare chi siamo vuole essere un gesto di apertura e di costruzione della pace, la cultura e la conoscenza, quelle vere, servono alla pace.

Permettetemi ora di fare alcune sottolineature.

  1. Quello che inauguriamo oggi ha avuto inizio durante il mandato del mio predecessore. Mons. Pierbattista Pizzaballa, allora Custode di Terra Santa, in occasione della posa della prima pietra il 25 giugno 2015 ricordava:

“Gerusalemme, come si sa, è una città con una vocazione universale. Secondo il nostro punto di vista abbiamo bisogno di insistere sulla necessità di preservare il carattere cristiano della città di Gerusalemme come uno degli elementi costitutivi di questa sua particolare configurazione. Con configurazione universale, si intende la realtà in cui ebrei, musulmani e cristiani, da secoli vivono condividendo gli spazi e, talvolta, le stesse tradizioni; la realtà in cui tutte le comunità esprimono le loro tradizioni e narrazioni storiche, uno vicino o connesso a un altro. Universale significa: aperta al mondo, ma anche che contiene in sé la vita del mondo. Queste vite appartengono le une alle altre. Gerusalemme perderebbe la sua universalità se non mantenesse visibili e pubblici tutti gli elementi di tale carattere, compreso il carattere cristiano. Con il Terra Sancta Museum vogliamo creare un punto di riferimento per tutti coloro che cercano questo aspetto, questa identità di Gerusalemme.”

  1. Quello attuale non è in realtà un museo interamente nuovo, si tratta del quinto riallestimento del museo, in linea con l’attenzione della Custodia di Terra Santa verso la cultura.

Dalla fine del XIX secolo, i nostri frati non hanno smesso di contribuire alla ricerca scientifica e all’archeologia biblica per cercare di stabilire la verità storica dei santuari del cristianesimo. Dopo i primi scavi archeologici condotti secondo i criteri scientifici in uso tra la fine del XIX secolo e l’inizio del XX, nel 1924 è nato lo Studium Biblicum Franciscanum, istituto scientifico per la ricerca e l’insegnamento accademico della Sacra Scritture e dell’archeologia biblica. 
Il museo, fondato nel 1902, è tra i più antichi di Gerusalemme, se non addirittura il primo, e dall’avvio dello SBF, nel 1924, ne è parte fondamentale per la formazione degli studenti. Viene spostato dalla sua sede originaria, nel convento di San Salvatore, a quella che ancora oggi occupa in questo edificio, negli anni 1927-1930, a cui risale perciò il terzo allestimento, che sarà aggiornato da p. Michele Piccirillo alla fine degli anni ’70.

Le varie collezioni sono la testimonianza di una presenza cristiana ininterrotta e senza discontinuità dalle prime comunità nate dalla predicazione degli Apostoli fino a oggi. E sono queste collezioni che il Terra Sancta Museum vuole rendere accessibili e offrire alla conoscenza di tutti.

  1. Per chi e per quale motivo abbiamo fatto questo museo?

Perché ci siamo avventurati nel progetto di un museo di Terra Santa a Gerusalemme? Come frati della Custodia di Terra Santa (siamo circa 300) abbiamo già delle missioni impegnative e importanti. Nonostante ciò, sulla via dei nostri predecessori e sull’esempio di san Francesco d’Assisi, vogliamo cercare oggi delle vie nuove e adatte al nostro tempo, per far conoscere la Parola di Dio, promuovere i valori e la presenza cristiana in Terra Santa, custodirne la cultura e la memoria, fare in modo che la cultura stessa diventi una via attraverso la quale coltivare il dialogo con le altre fedi presenti in Terra Santa, e in questo modo dare il nostro contributo alla costruzione di un mondo di pace.

Voi sapete come, in tutto il Medio Oriente, la già piccola e minoritaria comunità cristiana sia minacciata, sapete che è in atto un esodo talvolta forzato e talvolta volontario della popolazione cristiana, causato anche dalla crescita dei fondamentalismi religiosi che alimentano una cultura dell’intolleranza e dell’eliminazione progressiva e sistematica della diversità e della differenza. A Gerusalemme esistono musei legati alla storia, alla presenza e alla cultura ebraica e musulmana, ma non c’è un solo museo che possa essere considerato la sede della memoria, della cultura e della nostra storia cristiana in Terra Santa.

Questo museo è pensato non solo per i pellegrini che desiderano riscoprire le loro radici cristiane in Terra Santa, ma ugualmente per la popolazione israeliana e palestinese, come per i credenti ebrei, cristiani e musulmani, a cui possiamo mostrare una storia comune. Attraverso questo museo, come ricordavo anche poco fa, noi miriamo, a costruire un ponte di pace, anche se fragile; desideriamo offrire un luogo di incontro e di dialogo tra le grandi culture abramitiche e tra le persone – credenti e non – che a queste grandi tradizioni culturali fanno comunque riferimento. È la nostra vocazione di cristiani nella Terra dell’incarnazione e della nostra redenzione. Forse si tratta di un sogno ambizioso, ma credo che non possiamo sognare meno di questo, se il frutto di questo sogno è poter sperimentare che Gerusalemme la Città Santa, la Città del Santo, è chiamata ad essere veramente la Città della pace.

  1. Permettetemi ora di ringraziare tutti coloro che hanno lavorato a questo progetto:

anzitutto il Direttore del Museo, P. Eugenio Alliata, il curatore museologico Gabriele Allevi, gli assistenti archeologi per la ricerca, Daniela Massara e Davide Bianchi, l’architetto museografo e direttore dei lavori, Giovanni Tortelli con Alessandro Polo, per i restauri, Mateusz Chorosinski e il team italiano, ATS per la gestione del progetto e la ricerca del fundraising (Tommaso Saltini e Carla Benelli, e le persone che lavorano qui al progetto: Sara Cibin, Clara Borio, Corrado Scardigno ed i ragazzi del Servizio Civile Italiano), l’ufficio tecnico della CTS (P. Sergey Loktionov, Ettore Soranzo e Vincenzo Zuppardo), l’ufficio informatico (P. Tomasz Dubiel, Daniel Makhalfeh), l’ufficio dei beni culturali (P. Stéphane Milovich e il team che collabora con lui), tutti gli uffici custodiali che si occupano di comunicazione, grazie anche a tutti i lavoratori che con il loro sudore hanno realizzato questa bella struttura museale …

  1. Infine desidero ringraziare tutti i donatori:

la Famiglia Khoury, il Consolato Generale d’Italia e il Consolato Generale di Spagna, l’Ufficio di rappresentanza della Polonia per l’Autorità Palestinese, la Fraternità di Comunione e Liberazione, l’Ordine Equestre del Santo Sepolcro, Claudio Ghiro e famiglia, Guido della Frera e famiglia, i benefattori di Singapore, la Fondazione Mondo Unito, Luigi Saltini e famiglia, Marco Brunelli, Carlo Enrico Giulini, Rosanna Feloj Fumagalli, l’associazione Solidaritè-Orient, Romeo Aspesi, la Fondazione Credito Valtellinese, Giorgio Viganò, la Famiglia Perfetti, Cesario Scardino, Donata Scardino, Reina Tse, Rotary International Distretto 2032, Adriano Pasqua, Ludovico Pazzaglia, George Nasra, Bruna Piconi, Giovanni Gasca, Oreste Marino, Giovannina e Vittore Cattaneo, Ferdinando Pasqua, Padre Aparo e genitori, Clara Wong e Joseph Lee. Oltre a tutti coloro che hanno preferito restare anonimi. 
Spero di non aver dimenticato nessuno, nel qual caso chiedo venia in anticipo.

  1. Concludo:

Grazie a ciascuno di voi per la vostra presenza qui stasera, con l’augurio che questo luogo possa favorire e trainare molte iniziative culturali, nel nome dell’incontro, del dialogo e della pace. 
Grazie.

 

Fr. Francesco Patton, ofm
Custode di Terra Santa

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Inauguration of the Archaeological Museum of the Flagellation

Excellencies, brothers, distinct guests, friends present for this occasion, permit me to greet you all with the words so dear to Saint Francis: “The Lord give you peace!”

A museum is a contemporary instrument of intercultural witness that speaks to all, resident Christians, pilgrims, tourists, visitors from all walks of life. It is an instrument of encounter that wants to speak to all and not only to specialists.

A museum is also an instrument of inter-cultural and inter-religious dialogue, because when we communicate who we are we are accomplishing a gesture of openness for the construction of true peace, culture and understanding, which are so necessary for peace. 
Permit me now to underline some points.

  1. The museum that we are inaugurating today knows its beginnings during the mandate of my predecessor, Monsignor Pierbattista Pizzaballa, at the time Custos of the Holy Land, who on the occasion of the laying of the foundation stone on 25 June 2015 reminded those present:

“As we all know, Jerusalem is a city with a universal vocation. According to our point of view we need to insist on the need to preserve the Christian character of the city of Jerusalem as one of the constitutive elements of its particular configuration. When we speak of a universal configuration, we mean the reality in which Jews, Muslims and Christians, who for centuries have lived here, sharing the same spaces and, at times, also the same traditions. We refer to the reality in which all the communities express their traditions and historical events, each of which is close or connected to the other. The term universal means: open to the world, but it is also a reality that in itself contains the life of the world. These lives belong one to another. Jerusalem would lose its universality if it does not maintain all the elements of this character visible and public, including its Christian character. With the Terra Sancta Museum, we want to create a point of reference for all those who are looking for this aspect, for this identity of Jerusalem.”

  1. This present museum, in reality, is not an entirely new museum. It is the fifth rearrangement of the museum, in line with the attention that the Custody of the Holy Land gives towards culture.

Ever since the end of the nineteenth century, our brothers have never ceased to contribute to the scientific research and to biblical archaeology in order to try to establish the historical truth of the sanctuaries of Christianity. After the first archaeological excavations carried out according to the scientific criteria in use between the end of the nineteenth and the beginning of the twentieth centuries, in 1924 the Studium Biblicum Franciscanum was born. This is a scientific institution for the research and the academic teaching of Holy Scripture and of biblical archaeology.

The museum, founded in 1902, is among the most ancient in Jerusalem, if not the very first one. Ever since the establishment of the SBF in 1924, it is a fundamental section of the same institution for the formation of students. It was eventually transferred from its original seat, in the monastery of Saint Saviour, to that which it still occupies in this building, in the years 1927 – 1930, when the third rearrangement was accomplished, to be then updated by Fr. Michele Piccirillo at the end of the 1970’s.

The various collections are a witness of an uninterrupted and continuous Christian presence from the first communities born out of the preaching of the Apostles to this very day. It is these collections that the Terra Sancta Museum want to render accessible and to offer to the knowledge of all.

  1. For who and for what reason did we prepare this museum?

Why did we embark on the adventure of a project of a Terra Sancta Museum in Jerusalem? As brothers of the Custody of the Holy Land (we are around 300 in all) we already have full-time and important missions. In spite of this, on the footsteps of our predecessors and on the example of Saint Francis of Assisi, we want to create today new itineraries, responding to the needs of our times, in order to make known the Word of God, to promote the values and the Christian presence in the Holy Land, to preserve its culture and its memory, and to be sure that the same culture becomes a way through which we can cultivate dialogue with other faiths present in the Holy Land. In this way we can give our contribution to the construction of a world of peace.

You know how, in the entire Middle East, the tiny Christian community, which is a minority, has been threatened. You know that presently we are witnessing a partly-forced and partly-voluntary exodus of the Christian population, caused also by the growth of religious fundamentalism which enkindles a culture of intolerance and a progressive and systematic elimination of diversity and differences. In Jerusalem there are museums linked with the history, presence and culture of Jews and Muslims, but there is no museum that can be considered to be the seat of our Christian memory, culture and history in the Holy Land.

This museum has been planned not only for pilgrims who desire to rediscover their Christian roots in the Holy Land, but equally for the Israeli and Palestinian populations, as well as for Jewish, Christian and Muslim believers, to whom we can show a common history. Through this museum, as I have reminded you before, we aim at constructing a bridge of peace, even though it is fragile; we would like to offer a place of encounter and dialogue among the great Abrahamitic cultures and between persons, whether believers or not, who in any way can make a reference to these great cultural traditions. This is our vocation as Christians in the Land of the incarnation and of our redemption. Maybe we are speaking of an ambitious dream, but I believe that we cannot dream less than all this, if the fruit of this dream is that of being able to experiment that Jerusalem, the Holy City, the City of the Holy One, is called to be truly the City of peace.

  1. Permit me now to thank all those who have worked in realizing this project:

First and foremost I thank the Director of the Museum, Fr. Eugenio Alliata, the museological curator Gabriele Allevi, the assistant archaeologists for research, Daniela Massara and Davide Bianchi, the museographic architect and director of works, Giovanni Tortelli, together with Alessandro Polo, for the restorations, Mateusz Chorosinski and the Italian team, ATS for the management of the project and the research of fundraising (Tommaso Saltini and Carla Benelli, and the persons who work here on spot for the project: Sara Cibin, Clara Borio, Corrado Scardigno and the young people of the Italian Civil Service), the technical office of the Holy Land Custody (Fr. Sergey Loktionov, Ettore Soranzo and Vincenzo Zuppardo), the IT office (Fr. Tomasz Dubiel, Daniel Makhalfeh), the office for cultural heritage (Fr. Stéphane Milovitch and the team that collaborates with him), all the custodial offices which work in the field of communication. Thanks also to all the workers who with the sweat of their brow have realized this beautiful museum structure ...

  1. Lastly, I would like to thank all the donors:

Thanks to the Family Khoury, the General Consulate of Italy and the General Consulate of Spain, the Office of the representative of Poland for the Palestinian Authority, the Fraternity of Comunione e Liberazione, the Equestrian Order of the Holy Sepulchre, Claudio Ghiro and family, Guido della Frera and family, the benefactors of Singapore, the Fondazione Mondo Unito, Luigi Saltini and family, Marco Brunelli, Carlo Enrico Giulini, Rosanna Feloj Fumagalli, the association Solidaritè-Orient, Romeo Aspesi, the Fondazione Credito Valtellinese, Giorgio Viganò, the Perfetti Family, Cesario Scardino, Donata Scardino, Reina Tse, Rotary International District 2032, Adriano Pasqua, Ludovico Pazzaglia, George Nasra, Bruna Piconi, Giovanni Gasca, Oreste Marino, Giovannina and Vittore Cattaneo, Ferdinando Pasqua, Father Aparo and parents, Clara Wong and Joseph Lee. Besides these, I also thank those donors who have preferred to remain anonymous. 
I hope that I have forgotten no one. In that case I apologize in advance.

  1. I conclude:

Thanks to each and every one of you for your presence here this evening. I hope that this place can favour and draw many other initiatives of a cultural nature, in the name of encounter, dialogue and peace.

 

Thank you.

 

Fr. Francesco Patton, ofm
Custos of the Holy Land