Letture: Sap 6,12-16; Sal 62,2-8; At 5,27b-32.40-41; Lc 24,13-35
Carissimi fratelli e sorelle,
Il Signore vi dia Pace!
1. Qui ad Emmaus Qubeibeh oggi celebriamo in modo solenne i santi Simeone e Cleofa, e abbiamo riletto il racconto di Luca 24.
In realtà, il vangelo che abbiamo ascoltato menziona solo il nome di Cleopa, quello dei due discepoli che sembra essere più intraprendente anche nel dialogo con Gesù: “Uno di loro di nome Cleopa gli disse: Tu solo sei così forestiero in Gerusalemme da non sapere che cosa vi è accaduto?” Dell’altro compagno di cammino l’evangelista Luca non ci dice il nome, quasi per suggerire a ciascuno di noi di identificarci con lui.
2. Cosa caratterizza e accomuna, comunque, questi due personaggi? Per riassumere tutto in una parola direi la delusione. Sono due persone deluse, profondamente deluse. E non sono semplicemente delusi per qualcosa, ma sono delusi per qualcuno: per Gesù Nazareno, che si era rivelato profeta potente in opere e parole davanti a Dio e a tutto il popolo, che aveva suscitato speranza di liberazione, e alla fine era stato condannato e crocifisso. E per di più il suo sepolcro adesso risultava vuoto, e le donne, che naturalmente tendono a credere più facilmente alle allucinazioni, dicevano di aver pure visto degli angeli che affermavano che Gesù è risorto.
3. Dato che in uno dei due di questi personaggi, in quello che la tradizione, a partire da Egesippo nel II secolo, ha chiamato Simeone, vogliamo identificarci anche noi, fermiamoci un po’ su questo aspetto della delusione e proviamo a guardarci dentro e a interrogare noi stessi: “Quali sono le delusioni che caratterizzano questo ultimo periodo della nostra vita? Quali sono le speranze deluse, quelle che portavamo in cuore come un sogno e sono state frantumate dalla realtà?”
Proviamo ad andare anche a un livello più profondo, seguendo l’indicazione che ci dà il vangelo di Luca: “In che cosa ci siamo sentiti delusi da Dio stesso, da Gesù? Cos’è che ci aspettavamo da lui per il bene del nostro popolo, o del nostro Ordine, o della Chiesa, e invece non si è realizzato, ma anzi, è successo il contrario?”
Se ci fermiamo qualche istante in silenzio credo che ognuno e ognuna di noi potrà abbastanza facilmente dare un nome alle situazioni di delusione che si porta dentro. E se vogliamo fare il cammino dei discepoli di Emmaus, è necessario che abbiamo il coraggio di tirar fuori ed esplicitare davanti a Gesù, e proprio lamentandoci con lui, queste nostre delusioni.
4. Poi però occorre di nuovo fare silenzio ed ascoltare fino in fondo la sua replica, che è diretta ed anche abbastanza forte: “Sciocchi e tardi di cuore nel credere alla parola dei profeti! Non bisognava che il Cristo sopportasse queste sofferenze per entrare nella sua gloria?”
In questo modo Gesù ci sta chiedendo: “Con quale prospettiva hai guardato alla tua vita, alla vita della Chiesa, alla situazione del mondo e del tuo popolo? Con la prospettiva dei Profeti, cioè della Parola di Dio o con i parametri sociologici e politici che applica la mentalità del mondo, miope e priva di speranza vera?”
5. La settimana scorsa ero a fare gli esercizi spirituali assieme ai due giovani frati che tra una settimana faranno la professione solenne e, visto che la nostra forma di vita consiste nel seguire le orme e il vangelo di Gesù, abbiamo voluto percorrere insieme l’itinerario del discepolo come ce lo presenta l’evangelista Marco. Nel leggere la seconda parte del vangelo, ci siamo imbattuti anche noi in quelli che gli esegeti titolano di solito come “i tre annunci della passione”.
Leggendoli bene ci siamo accorti che non sono tre annunci della passione, ma tre annunci del mistero pasquale nella sua completezza: passione, morte e risurrezione. E ci siamo accorti che ogni volta che Gesù annuncia di andare verso la Pasqua, cerca di spiegare che questa è la chiave di lettura di tutta la sua vita e della sua missione, di tutta la rivelazione e di tutta la storia, ma è anche la chiave di lettura della nostra vita, della nostra vocazione e della nostra sequela, la chiave di lettura della vita della Chiesa nel suo cammino attraverso la storia.
6. Tornando ad Emmaus proviamo allora a rileggere le nostre aspettative e anche le nostre delusioni alla luce della parola di Gesù e del mistero della Pasqua. Tutte le altre chiavi di lettura sono parziali, spesso fuorvianti, talvolta completamente false.
Qui ad Emmaus lasciamoci educare dai santi Cleopa e Simeone, è come se dicessero a noi oggi: “Anche noi avevamo il cuore pieno di delusione e perfino di rabbia. Però camminando con Gesù – anche se non lo avevamo ancora riconosciuto – abbiamo sentito che la sua parola riaccendeva una speranza nuova dentro il nostro cuore. Camminando con lui – anche se ci rimproverava – abbiamo cominciato a capire che era la nostra prospettiva ad essere sbagliata, non avevamo ancora imparato a leggere tutto a partire dalla Pasqua. E, finalmente, quando ha spezzato il pane si sono aperti i nostri occhi: abbiamo ricordato tutte le volte che aveva compiuto lo stesso gesto per farci capire che il senso della sua vita era dare la vita. E così lo abbiamo riconosciuto vivo e presente, anche se è immediatamente sparito dalla nostra vista”.
7. Che il Signore Gesù doni anche a ciascuno e ciascuna di noi la grazia di aprire la nostra mente alla comprensione della sua Parola; la grazia di interpretare tutto, anche le nostre delusioni e i nostri fallimenti, alla luce del mistero pasquale; la grazia di riconoscerlo ancora presente nel momento in cui lui spezza il pane per noi, anche in questa Eucaristia. E che ci doni la grazia di rimetterci in cammino, non più da fuggitivi, delusi e lamentosi, ma per testimoniare che lui è vivo, che lui è la nostra speranza, che lui cammina con noi.
Fr. Francesco Patton, ofm
Custode di Terra Santa