Paolo si appellò a Cesare | Custodia Terrae Sanctae

Paolo si appellò a Cesare

Messa per l'Italia

At 25,13-21; Sal 102; Gv 21, 15-19

Eccellenze, Carissime sorelle, carissimi fratelli,

il Signore vi dia pace!

1. Nel celebrare oggi l’Eucaristia nel giorno della istituzione della Repubblica italiana ci chiediamo ovviamente che senso ha la presente celebrazione religiosa nel contesto di un evento civile. Fin dal tempo della Chiesa apostolica, di cui ci narra il libro degli Atti degli Apostoli la comunità cristiana ha sempre ritenuto importante pregare per il benessere dei Paesi all’interno dei quali si trovava a vivere e per i governanti, perché cercassero soprattutto il bene comune e la pace. 

Il principio formulato da Gesù che “bisogna dare a Cesare ciò che è di Cesare e a Dio ciò che è di Dio” ha portato lungo la storia moltissimi cristiani a impegnarsi dentro le istituzioni dei nostri Paesi, con un profondo senso di lealtà istituzionale, ma anche con la capacità di essere una istanza critica quando lo Stato diventava un idolo e le istituzioni anziché servire le persone cominciavano a servirsi delle persone ed opprimerle. 

Permettetemi di ricordare a questo proposito uno statista e cristiano esemplare che ha dato molto all’Italia proprio nel momento di passaggio del nostro Paese dalla Monarchia alla Repubblica, dopo la triste e tragica stagione del fascismo. Si tratta di Alcide De Gàsperi, al quale mi sento legato perché vengo anch’io dalla stessa terra di confine. La nostra preghiera di oggi ha proprio questa finalità di chiedere a Dio la capacità di vivere un profondo amore per il nostro Paese e le sue istituzioni, ricordando sempre che le stesse istituzioni hanno da essere umili, al servizio delle persone, del bene comune, della pace.

2. Cosa ci suggerisce la Parola di Dio
La prima lettura tratta dagli Atti degli Apostoli ci ricorda l’incontro tra il Procuratore romano e Governatore della Provincia romana di Giudea (poi Syria Palestina) Porcio Festo e l’apostolo Paolo, avvenuto a Cesarea Marittima non molto lontano da Haifa, dove Paolo è trattenuto in carcere per ben due anni, tra il 58 e il 60 d.C., dopo il suo arresto avvenuto qui a Gerusalemme. 

La cosa interessante da notare è la fiducia dell’Apostolo Paolo nelle istituzioni. Essendo egli cittadino romano fa appello a Cesare, cioè al tribunale imperiale, per essere giudicato e ottenere giustizia. Mi pare importante sottolineare questa fiducia nelle istituzioni da parte del cittadino Paolo – in più occasioni ripete “cives romanus sum” –, fiducia che dovrebbe essere di ognuno di noi. 

E al tempo stesso mi pare importante sottolineare che le istituzioni, in certo qual modo, devono fare il possibile per meritare questa fiducia da parte del cittadino, anche di quello che vive nella periferia delle periferie. Perché se non era scontato che le istituzioni fossero al servizio del cittadino ai tempi di Paolo, la scelta democratica della Repubblica con referendum a suffragio universale il 2 giugno 1946, fu proprio per ricordare che il senso delle istituzioni è di essere al servizio di tutti i cittadini, soggetti portatori degli stessi diritti e doveri, con pari dignità.

Quelle stesse istituzioni delle quali Paolo si è fidato ed alle quali si è affidato, pochi anni dopo, nel 67 d.C. metteranno a morte lui e l’Apostolo Pietro, durante la terribile persecuzione di Nerone contro i cristiani. Il vangelo che abbiamo ascoltato, nel quale Gesù chiede a Pietro per ben tre volte se lo ama, ci ricorda proprio la profezia che Gesù fa a Pietro del suo martirio: 

“quando eri più giovane ti vestivi da solo e andavi dove volevi; ma quando sarai vecchio tenderai le tue mani, e un altro ti vestirà e ti porterà dove tu non vuoi”. Noi preghiamo che più nessuno Stato discrimini, perseguiti, torturi, metta a morte qualcuno per la sua appartenenza etnica, o religiosa o politica, o di altro genere.

3. In quanto francescano permettetemi di ricordare in questa occasione anche che l’Italia ha come suo Santo Patrono san Francesco d’Assisi che è stato definito “il più santo degli italiani e il più italiano dei santi” (Pio XII).

Francesco d’Assisi ci ha lasciato un profondo insegnamento religioso e civile al tempo stesso, che può offrire anche oggi degli spunti significativi: la ricerca costante della pace, dentro le nostre città e tra le città, ma anche con mondi culturali e religiosi diversi, come insegna il suo viaggio qui in Terra Santa per far visita al Sultano Melek-El-Kamel nel 1219, in piena Quinta Crociata, proponendo un’alternativa allo scontro di civiltà, attraverso l’incontro e il dialogo

E non meno significativa mi pare oggi la sua attenzione verso l’intero creato, a partire dalla consapevolezza del nostro essere creature, cioè della nostra comune origine da un unico Dio e Padre, che ci rende fratelli e perciò solidali gli uni con gli altri e responsabili gli uni verso gli altri, capaci di prenderci cura di ogni altra persona e di ogni altra creatura animata e inanimata!

4. Concludo con una preghiera che è un augurio: che il Signore continui a benedire l’Italia e gli italiani, anche quelli che, come noi, si trovano sparsi un po’ in tutto il mondo, perché il nostro Paese, anche attraverso di noi, possa continuare ad essere nel mondo intero portatore di quella cultura del dialogo, della pace e della convivenza ma anche della bellezza, dell’arte e della creatività che sono il tratto caratteristico del nostro DNA.

 

Fr. Francesco Patton, ofm
Custode di Terra Santa