Ger 20,7-9; Sal 62; Rm 12,1-2; Mt 16,21-27
Carissime sorelle, carissimi fratelli,
il Signore vi dia pace.
1. Il luogo nel quale ci troviamo è particolarmente significativo, porta la memoria dell’eremita san Vivaldo (1260-1320), un giovane ricco che poi si converte a una vita di preghiera e penitenza, da Terziario Francescano, sull’esempio dello stesso san Francesco d’Assisi.
2. La ricorrenza che celebriamo è legata al Sacro Monte ideato e costruito qui da fra Tommaso da Firenze e fra Cherubino Conzi tra il 1500 e il 1515. Fra Tommaso ha costruito le varie cappelle dopo essere stato lui stesso pellegrino in Terra Santa e ha voluto, in questo modo, avvicinare la Terra Santa a coloro che non potevano permettersi il lusso di questo pellegrinaggio. E nel 1517 papa Leone X ha concesso l’indulgenza ai pellegrini che, non potendosi recare in Terra Santa, venivano qui con lo stesso desiderio di conversione e di misericordia.
Le cappelle più antiche, di fatto, riproducono i luoghi più significativi di Gerusalemme e ci permettono di fare un pellegrinaggio incentrato sul Triduo Sacro, partendo dal Cenacolo, per arrivare al Calvario e al Sepolcro e tornare nuovamente al Cenacolo.
3. Al tempo di san Francesco (e san Vivaldo), come al tempo di fra Tommaso e fra Cherubino fare un pellegrinaggio era fare una scelta di vita, era un modo per riconoscere che la nostra stessa vita è un pellegrinaggio, cioè un cammino, che va percorso e vissuto fidandosi di Dio e sapendo che la meta della nostra vita non è la Gerusalemme terrena ma la Gerusalemme celeste. Il pellegrinaggio era inoltre un segno di conversione, il segno di essere disposti a lasciare indietro tutto ciò che ci impedisce di seguire Gesù e andare con Lui incontro al Padre.
Eppure, per esprimere questa fede, i pellegrini cercavano allora e continuano a cercare ancora oggi di poter visitare i luoghi nei quali il Figlio di Dio si è incarnato, è nato, ha vissuto, ha predicato e compiuto miracoli, ha pregato, ci ha donato se stesso nell’Eucaristia, è morto e risorto per noi, si è sottratto al nostro sguardo per tornare al Padre, ci ha donato lo Spirito Santo.
4. I pellegrini cercavano allora e continuano a cercare ancora oggi di venire in Terra Santa per poter vedere e toccare i luoghi della nostra salvezza e in questo modo poter vedere e toccare qualcosa di Gesù, verrebbe da dire un lembo del suo mantello, un frammento di memoria sedimentata nei luoghi che ci parlano del Figlio di Dio che si è fatto carne per la nostra salvezza e per portare la nostra carne, cioè la nostra umanità, in Dio.
Allora come oggi, in particolare dentro la sensibilità e la spiritualità francescana, è nato il desiderio di rendere accessibile un po’ di Terra Santa anche a coloro che non potevano e non possono fare fisicamente il pellegrinaggio laggiù.
5. Alla luce di questo luogo speciale e della Parola di Dio che abbiamo appena ascoltato chiediamoci allora qual è l’essenza del pellegrinaggio?
È prendere sul serio quel che ci dice Gesù nel vangelo di questa domenica: “Se qualcuno vuole venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua”.
L’essenza del pellegrinaggio consiste nel desiderare di seguire Gesù nella nostra vita e nell’imparare a farlo anche quando significa cambiare vita, andare controcorrente rispetto alla mentalità del mondo in cui viviamo, come ci suggeriva il brano della lettera ai Romani, anche quando significa camminare in salita.
Cosa ci suggeriscono allora le varie cappelle costruite qui nella foresta di San Vivaldo?
Cosa ci suggerisce la cappella che riproduce il Cenacolo? Che seguire Gesù significa lavare i piedi agli altri, servirli anziché servirsi di loro.
Cosa ci suggerisce questa serie di luoghi che ci riportano ai luoghi della Passione del Signore? Che seguirlo significa abbracciare la volontà di Dio insieme a Gesù, anziché volerla piegare a nostro capriccio. E ancora subire l’insulto, la discriminazione, l’ingiustizia pur di non tradire la Verità, ce lo ricordano le cappelle legate alla cattura, al processo e alla condanna di Gesù. E cosa ci suggeriscono le cappelle della crocifissione e del Santo Sepolcro? Che siamo chiamati a seguire Gesù anche nell’esperienza del soffrire e del morire, che è esperienza che appartiene ad ogni essere umano e davanti alla quale ci viene il desiderio di dissociarci e fuggire. Ed entrare insieme a Gesù nel Sepolcro ci aiuta a maturare la consapevolezza che Lui vince la morte attraversandola anziché fuggendola e prende per mano anche noi in quell’estremo passaggio che porta tutto il nostro essere a vivere in Dio.
6. Tutto questo fa parte di un pellegrinaggio che non è semplice cammino fisico o somma di riti devozionali, ma diventa pellegrinaggio esistenziale, che punta al cambiamento profondo del nostro modo di sentire, di pensare, di scegliere, di agire.
E così anche le altre cappelle ci ricordano che il Risorto stesso ci viene incontro e si fa incontrare in esperienze molto concrete, che anche noi viviamo, anche se all’inizio facciamo fatica a decifrare la Sua presenza, come fa la Maddalena o come fa l’apostolo Tommaso.
E il pellegrinaggio continua ancora nel nostro diventare testimoni, come le donne il mattino di Pasqua, come gli Apostoli dopo la Pentecoste, che fanno esperienza di quel fuoco ardente e incontenibile di cui ci parlava già il profeta Geremia.
7. In occasione di questo quinto centenario di questo Sacro Monte di San Vivaldo, a partire dall’esperienza concreta e fisica del pellegrinaggio a questo luogo santo, come pure, per chi può, agli originali luoghi santi che si trovano a Gerusalemme e in tutta la Terra Santa, cerchiamo perciò di fare nostra questa dimensione esistenziale del pellegrinaggio, ed entrando in ognuna di queste 25 cappelle chiediamoci di volta in volta: la scena rappresentata in questo luogo, la scena richiamata da questo luogo quale provocazione e quale appello contiene, per la mia vita di cristiana o di cristiano? A quale sequela di Gesù viva e concreta mi sta invitando? A quale cambiamento profondo, a quale conversione mi sta chiamando?
8. Se vivremo in chiave esistenziale il nostro pellegrinaggio, alla fine del nostro cammino, ci ritroveremo oltre questo luogo, ci ritroveremo oltre la stessa Gerusalemme terrena, ci ritroveremo nella Gerusalemme del Cielo, cioè nella vita stessa di Dio e nella comunione con Lui, che è ciò a cui mira la stessa indulgenza, che è esperienza di grazia, di perdono, di misericordia, di riconciliazione, che ci fa sperimentare già qui e già oggi un po’ di paradiso.
Fr. Francesco Patton,
Custode di Terra Santa