1. Carissime sorelle e carissimi fratelli, il Signore vi dia Pace!
L’inizio di un nuovo anno accademico è un momento molto importante sia per i docenti che per gli studenti dei nostri istituti teologici e dei centri di ricerca presenti qui a Gerusalemme.
Le letture proposte dal calendario liturgico proiettano una luce particolare anche sul servizio dell’insegnamento e sull’impegno dello studio, aiutandoci a vivere questa dimensione della nostra vita in un modo tutto particolare.
Desidero sottolineare alcuni pensieri che mi sono venuti in mente dopo aver letto le letture e averle collocate nel contesto della nostra celebrazione odierna.
2. Anzitutto proviamo a cogliere qualche spunto dal brano evangelico che ci consegna la preghiera del “Padre nostro” nella versione dell’evangelista Luca (Lc 11,1-4).
Prima ancora di offrirci un contenuto, quello della preghiera del “Padre nostro”, questo brano ci mostra qualcosa di Gesù, presentato nel contesto come il Maestro, e ci parla anche della relazione tra il Maestro e i discepoli:
- Gesù è un Maestro che prega, che ha una relazione personale speciale con il Padre;
- i discepoli notano che Gesù, il Maestro, prega in un modo particolarmente intenso e significativo;
- perciò essi chiedono a lui “Insegnaci a pregare, come Giovanni ha insegnato ai suoi discepoli”;
- e di conseguenza Gesù insegna la preghiera del “Padre nostro” che non è una formula di preghiera ma la forma della preghiera, il canone della preghiera cristiana, e ci insegna come vivere la relazione centrale della nostra vita, che è la relazione fiduciosa col Padre, e come metterci in relazione fraterna e riconciliata col nostro prossimo.
3. Mi pare che questo brano dica molto sia all’insegnamento sia allo studio della teologia, che non mira a trasmettere pure e semplici nozioni sulle varie discipline nelle quali ai nostri giorni la teologia risulta ormai suddivisa. Questo brano ci ricorda qualcosa di fondamentale per lo studio e per l’insegnamento della teologia: ci ricorda che la teologia ha da introdurre in una relazione sempre più autentica e profonda con il Dio di Gesù Cristo, cioè con il Padre.
Certamente uno solo è il Maestro, Gesù Cristo, ma in un modo tutto particolare l’insegnamento delle varie discipline teologiche è una partecipazione al suo magistero; e anche lo studio, necessario sia agli studenti che ai docenti, è un modo di vivere insieme l’essere discepoli dell’unico Maestro, il Cristo.
Il brano ci ricorda anche che per i discepoli – nel nostro caso diremmo per gli studenti – è fondamentale ciò che vedono nella vita di chi insegna. Per i discepoli-studenti è importante poter stabilire con i docenti un dialogo, che permette di imparare non solo le necessarie nozioni contenutistiche, ma prima di tutto ciò che è centrale nella vita di un discepolo, di un credente. E questo avviene dentro un dialogo fecondo e fiducioso, in cui chi insegna si lascia provocare da chi studia e chi studia si lascia guidare da chi insegna.
4. Il brano autobiografico di san Paolo ai Galati (Gal 2,1-2.7-14) ci riporta poi ad altri due aspetti molto importanti dello studio e dell’insegnamento:
- il rapporto tra insegnamento e autorità del Magistero;
- la dimensione della discussione e di quella che potremmo chiamare la critica costruttiva.
Per ragioni di tempo non è possibile approfondire questi aspetti in un’omelia, ma sono due aspetti importanti.
Nel rapporto tra insegnamento e docilità all’autorità del Magistero l’apostolo Paolo introduce un criterio interessante che è quello di confrontarsi con “le colonne” della Chiesa di Gerusalemme, Giacomo, Cefa e Giovanni e di farlo in privato, per evitare di correre o di aver corso invano. Il confronto con il Magistero, sui contenuti dell’annuncio, per Paolo non è qualcosa di urlato ma qualcosa di estremamente delicato. E Paolo è uno che ha piena consapevolezza della propria vocazione e dell’origine divina del proprio annuncio.
Nello stesso brano emerge anche la dimensione della discussione e della critica costruttiva, dura ma costruttiva. Si tratta di una discussione e una critica date dal desiderio di coerenza tra l’annuncio che viene fatto e la vita concreta di tutti i giorni. Potremmo dire che Paolo critica la mancanza di coerenza tra ortodossia e ortoprassi, e in questo modo provoca una discussione feconda, che, sappiamo, porterà la Chiesa delle origini a chiarire in modo dialogico, il significato che ha l’adesione a Gesù Cristo in ordine alla salvezza.
5. Personalmente sento molto forte la sintonia con questo tema della corrispondenza tra ortodossia e ortoprassi, tra contenuti dello studio e contenuti della vita. E trovo questo desiderio di coerenza molto importante per chi insegna e per chi studia. Trovo questo aspetto anche molto importante nella vita di persone che vivono la propria consacrazione battesimale e religiosa.
Ieri abbiamo celebrato la solennità di san Francesco d’Assisi, che nei suoi scritti si autodefinisce un semplice e un illetterato. È però al tempo stesso uno che ha piacere – e lo scrive in una breve lettera a sant’Antonio – che il confratello teologo insegni la teologia ai suoi frati “purché ciò non spenga lo spirito di orazione e devozione” (LAnt 2; FF 251).
E in un breve testo delle Ammonizioni (Amm VII; FF 156) ci ricorda quali sono le condizioni per uno studio autentico della teologia:
1Dice l'apostolo: «La lettera uccide, lo Spirito invece dà vita» (Cfr. 2Cor 3,6). 2Sono uccisi dalla lettera coloro che desiderano sapere unicamente le sole parole, per essere ritenuti più sapienti in mezzo agli altri e poter acquistare grandi ricchezze e darle ai parenti e agli amici.
3E sono uccisi dalla lettera quei religiosi, che non vogliono seguire lo spirito della divina lettera, ma piuttosto bramano sapere le sole parole e spiegarle agli altri.
4E sono vivificati dallo spirito della divina lettera, coloro che ogni scienza che sanno e desiderano sapere, non l'attribuiscono al proprio io carnale, ma la restituiscono con la parola e con l'esempio all'altissimo Signore Dio, al quale appartiene ogni bene.
6. Che lo stesso Spirito del Signore guidi tutti quanti noi a vivere lo studio e l’insegnamento in modo tale da essere “vivificati dallo spirito della divina lettera”.
Che lo Spirito del Signore Gesù Cristo guidi ciascuno di noi a vivere l’unità tra il sapere e il vivere, in modo tale che lo studio sia strumento per rispondere alla nostra vocazione ed aiutare altri a rispondere alla propria.
Che lo Spirito del Signore ci porti a restituire a Dio anche il dono della conoscenza, attraverso il nostro parlare e il nostro agire, in sintonia col Vangelo.
Così sia.
Fra Francesco Patton, ofm
Custode di Terra Santa
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Giving our knowledge back to God
Jerusalem, 5 October 2016 Opening of the academic year
1. My dear sisters and brothers. May the Lord give you peace!
The start of a new academic year is a very important moment both for the lecturers as well as for the students of our theological institutes and of the centres of research present here in Jerusalem.
The readings proposed by the liturgical calendar project a particular light also upon the theme of service of teaching and the commitment to study, and they help us to live this dimension of our life in a very special way.
I would like to underline some thoughts that have come to my mind after having meditated upon the readings and placed them within the context of our celebration today.
2. First of all we must try to gather some reflections from the Gospel text that entrusts to us the prayer of the “Our Father” in the version of the evangelist Luke (Lk 11:1-4).
Before offering us a content, namely that of the prayer of the “Our Father”, this text shows us something regarding Jesus, who is presented in the context of being a Master, and it also speaks about the relation between the Master and his disciples:
- Jesus is a Master who prays, who builds a special personal relationship with the Father;
- The disciples notice that Jesus, their Master, prays in a particularly intense and significant manner;
- Therefore they ask him: “Teach us to pray, as John taught his disciples”;
- As a consequence, Jesus teaches them the prayer of the “Our Father”, which is not a formula of prayer, but the form of prayer, the canon of Christian prayer. He teaches us how to live the central relationship of our life, which is a relationship of trust with the Father, and how to place ourselves in a fraternal and reconciled relationship with our neighbour.
3. It seems to me that this text says many things regarding the teaching and study of theology, which should not aim at transmitting pure and simple notions on the various subjects which make up theology in our days. This texts reminds us of something which is fundamental for the study and teaching of theology: it reminds us that theology introduces us in a more authentic and profound relationship with the God of Jesus Christ, namely with the Father.
Certainly the Master is only one, namely Jesus Christ, but in a very special way the teaching of the various subjects of theology is a participation in his Magisterium. Furthermore, study, which is necessary both for students as well as for lecturers, is a way in which we can live together the fact of being disciples of the only Master, namely Christ.
The text reminds us that also for the disciples – in our case we would say for the students – it is fundamental to learn what life teaches us. For the disciples-students it is important to be able to establish a dialogue with the lecturers, which permits them not only to learn the essential notions and contents of theology, but first and foremost to learn what is central to the life of a disciple, to the life of one who believes. This can occur within a fruitful and trustworthy dialogue, in which the teacher lets himself be provoked by the student, and the student accepts to be guided by his teacher.
4. The autobiographical text of Saint Paul to the Galatians (Gal 2:1-2.7-14) leads us to another two very important aspects of study and teaching:
- The relation between teaching and the authority of the Magisterium;
- The dimension of discussion and that which we can call constructive criticism.
Because of time limits it is not possible to delve deep into these aspects in a homily, but there are two important points. In the relation between teaching and docility to the authority of the Magisterium, the apostle Paul introduces an interesting criterion which consists in confronting himself with “the columns” of the Church of Jerusalem, namely James, Cephas and John, and to do so in private, in order to make sure that his efforts would not be fruitless. For Paul, the confrontation with the Magisterium, regarding the contents of the message, was not something to be publicly discussed, but was to be regarded as an extremely delicate issue. Paul is a man who has full awareness of his own vocation and of the divine origin of his message. In the same text we also discover the dimension regarding discussion and constructive criticism, which is certainly hard but constructive at the same time. The issue deals with a discussion and a criticism born out of the desire for coherence between the message that is announced and the concrete daily life. We can say that Paul criticises the lack of coherence between orthodoxy and orthopraxis, and in this way he provokes a fruitful discussion which, as we know, leads the early Church to clarify in a dialogical manner the significance that its union with Christ assumes in relation to salvation.
5. I personally strongly feel that there is an agreement between this theme of correspondence between orthodoxy and orthopraxis, between the contents of study and those of life. I find this desire for coherence very important for whoever teaches and for whoever studies. I find this aspect also very important for the life of persons who live their own baptismal and religious consecration.
Yesterday we have celebrated the solemnity of Saint Francis of Assisi, who in his writings defines himself as simple and unlettered. At the same time Francis was a man who felt happy – as he himself wrote in a brief letter addressed to Saint Anthony – that one of his brothers who was a theologian could teach theology to his brothers, “provided that you do not extinguish the spirit of prayer and devotion” (LAnt 2; FAED I, 107).
In a brief text of the Admonitions (Adm VII; FAED I, 132) Francis reminds us of the conditions necessary for an authentic study of theology:
1The apostle says: «The letter kills, but the spirit gives life» (Cfr. 2Cor 3:6). 2Those people are put to death by the letter who only wish to know the words alone, that they might be esteemed wiser than others and be able to acquire great riches to give to their relatives and friends.
3And those religious are put to death by the letter who are not willing to follow the spirit of the divine letter but, instead, wish only to know the words and to interpret them for others.
4And those people are brought to life by the spirit of the divine letter who do not attribute every letter they know, or wish to know, to the body but, by word and example, return them to the most high Lord God to Whom every good belongs.
6. May the same Spirit of the Lord guide us all to live our study and teaching in such a way that “we are brought to life by the spirit of the divine letter.”
May the Spirit of the Lord Jesus Christ guide each and every one of us to live in the unity between knowledge and life, in such a way that study becomes an instrument to answer to our vocation and to help others to respond to their own vocation.
May the Spirit of the Lord lead us to give back to God the gift of knowledge, through our words and our actions, in agreement with the Gospel. Amen.
Fr. Francesco Patton, ofm
Custos of Holy Land