Nm 21,4-9; Sal 95,10-13; Fil 2,5-11; Gv 3,13-17
1. Carissime sorelle, carissimi fratelli,
il Signore vi dia pace!
All’inizio della celebrazione abbiamo cantato il sobrio e solenne introito gregoriano: “Nos autem gloriari oportet / in cruce Domini nostri Iesu Christi, / in quo est salus, vita, et resurrectio nostra, / per quem salvati et liberati sumus”.
Che significa: “Conviene che noi invece ci gloriamo nella croce del Signore nostro Gesù Cristo, nella quale troviamo la nostra salvezza, vita e risurrezione, per mezzo della quale siamo salvati e liberati”.
È un introito che sintetizza il senso della liturgia che celebriamo, dell’evento al quale questa liturgia è connessa, cioè il ritrovamento della vera croce qui ad opera di S. Elena nel 327, e anche delle letture che abbiamo ascoltato.
2. “Nos autem gloriari oportet / in cruce Domini nostri Iesu Christi”. Conviene invece che noi ci gloriamo nella croce del Signore nostro Gesù Cristo. La domanda di fondo è: di cosa ci possiamo gloriare rispetto a ciò di cui si gloria il mondo? Cos’è che rende la nostra vita unica, speciale, luminosa, eccezionale rispetto a ciò di cui va in cerca chi segue una prospettiva mondana?
Della gloria del mondo noi abbiamo una certa conoscenza: il politico si gloria di aver vinto le elezioni o di aver fatto crescere l’economia del suo Paese, lo scienziato si gloria delle sue scoperte, l’artista dei suoi capolavori e lo sportivo dei suoi successi. Di cosa si gloria invece un Cristiano? Della Croce del Signore. Ma che significa?
3. San Francesco nell’Ammonizione V (FF 154), ci risponde: “… se tu fossi tanto sottile e sapiente da possedere tutta la scienza e da saper interpretare tutte le lingue e perscrutare in profondità le cose celesti, in tutto questo non puoi gloriarti; poiché un solo demonio seppe delle realtà celesti e ora sa di quelle terrene più di tutti gli uomini... Ugualmente, anche se tu fossi più bello e più ricco di tutti, e se tu operassi cose mirabili, come scacciare i demoni, tutte queste cose ti sono di ostacolo e nulla ti appartiene, ed in esse non ti puoi gloriare per niente; ma in questo possiamo gloriarci, nelle nostre infermità e nel portare sulle spalle ogni giorno la santa croce del Signore nostro Gesù Cristo”.
4. È bene che riflettiamo anche noi personalmente su questo: di cosa ci gloriamo e di cosa ci dovremmo gloriare? Cosa pensiamo che sia a dare successo, unicità, rinomanza alla nostra persona e alla nostra vita? La risposta giusta è una sola: la Croce di nostro Signore Gesù Cristo, fatta nostra, portata in modo esistenziale, non come un ornamento al collo e neanche come un vessillo da processione, ma come qualcosa che fa parte del nostro quotidiano seguire Gesù, che segna il nostro modo di vivere, la nostra stessa persona, la nostra carne.
5. Poniamoci una seconda domanda, che è conseguente alla prima: perché possiamo gloriarci solo nella Croce di nostro Signore Gesù Cristo? È ancora l’introito che abbiamo cantato a darci una risposta soddisfacente: “nella croce di Cristo troviamo la nostra salvezza, vita e risurrezione, per mezzo di essa siamo salvati e liberati”. La profezia del serpente innalzato nel deserto, le parole di Gesù a Nicodemo, il racconto di come è stata identificata la vera croce ci ricordano questa semplice verità: nella Croce di Gesù Cristo, cioè nel suo morire in croce, nel suo dare la vita per amore nostro, noi troviamo salvezza e vita, risurrezione e liberazione.
6. Ciò è certamente paradossale e sconvolgente. Lo era fin dall’inizio del cristianesimo. La più antica raffigurazione del crocifisso è un graffito ritrovato sul colle Palatino a Roma, che è datato tra la fine del I secolo e l’inizio del III. In questo graffito c’è una persona in ginocchio davanti a un crocifisso con la testa d’asino. La scritta esplicativa dice: “Alessameno adora il suo Dio”. È la presa in giro di un pagano nei confronti di un cristiano. È come dire: adorare un crocifisso è come adorare un asino! È quello che già san Paolo chiamava lo scandalo della croce. L’abbiamo sentito nella seconda lettura: non c’è umiliazione più profonda che quella del Figlio di Dio, che si è svuotato della sua forma divina, si è fatto uomo, si è fatto servo obbediente fino alla morte e alla morte di croce. Eppure, è da questo spogliamento, da questo svuotamento e da questo abbassamento estremo che deriva il vero innalzamento dell’uomo: “Per questo Dio l’ha esaltato, lo ha glorificato, lo ha innalzato, gli ha dato un nome che è al di sopra di ogni altro nome”.
7. In Gesù Cristo che muore in croce per noi, troviamo salvezza, vita, risurrezione e liberazione. Troviamo la salvezza e la liberazione da tutto ciò che distrugge la vita in noi: troviamo salvezza e liberazione dalla morte, dal peccato, dalla nostra fragilità, dal non senso che avrebbe la nostra vita se si riducesse solo a questa vita terrena e dopo non ci fosse niente… E troviamo vita e risurrezione: quella vita donata per amore, mette dentro di noi la vita stessa di Dio, il seme della vita divina e della risurrezione.
8. Per intercessione di sant’Elena che qui ha cercato e trovato la vera croce e per intercessione di san Francesco che ci ha insegnato cosa vuol dire gloriarci della Croce di Cristo, preghiamo con fiducia che si realizzi quanto abbiamo chiesto nella colletta: “O Dio, che qui nel luogo del ritrovamento della Croce fonte di salvezza ci hai fatto rivivere il mistero pasquale del tuo Figlio, donaci per la tua grazia di essere associati alla croce, perché possiamo aver parte alla resurrezione e alla vita”. Così sia.