Es 12,21-27; Sal 115 (116); Ap 7,9-14; Lc 22,39-44
1. Carissime sorelle, carissimi fratelli,
il Signore vi dia pace!
Una notte di quasi duemila anni fa, dopo aver celebrato la cena pasquale insieme con i suoi discepoli, Gesù si ritira qui sulle pendici del monte degli ulivi per pregare. Chiede ai discepoli che si mettano anche loro a pregare, perché sta per arrivare una prova durissima: “Pregate, per non entrare in tentazione”. Poi si allontana da loro, si mette in ginocchio su questa roccia e comincia lui stesso a pregare: “Padre, se vuoi allontana da me questo calice! Tuttavia non sia fatta la mia, ma la tua volontà”.
2. Nella sua umanità Gesù sente che ha bisogno di essere sostenuto nella sua lotta per sintonizzarsi con la volontà del Padre. E dato che dagli amici, cioè dai discepoli, ormai addormentati, non viene nessun sostegno, il conforto gli viene dal cielo, da un angelo. Così Gesù può entrare in questa lotta, la più dura della sua esistenza terrena, e lo fa con una tale intensità di preghiera che il suo sudore diventa come gocce di sangue che cadono a terra, come i petali di rose rosse che abbiamo lasciato cadere sulla roccia all’inizio della celebrazione.
3. Noi siamo certamente in grado di capire la stanchezza, la paura e il sonno dei discepoli, è ciò che noi stessi sperimentiamo tante volte. Ma non siamo nemmeno in grado di immaginare la tensione vissuta da Gesù, il Figlio di Dio, nella sua umanità, nella sua realtà di vero uomo, nel momento in cui si trova davanti al tradimento di Giuda, al rinnegamento di Pietro, al sentirsi abbandonato dal Padre. Noi non siamo nemmeno in grado di immaginare ciò che Gesù prova nel momento in cui sente che il suo calice, cioè la sua vocazione e la sua missione, passano necessariamente attraverso le esperienze più oscure che fanno parte della nostra esistenza umana: l’esperienza della solitudine e dell’abbandono, l’esperienza del fallimento, l’esperienza della sofferenza fisica e interiore, l’esperienza della lontananza da Dio e della lontananza di Dio, l’esperienza della vita che pian piano sfugge, l’esperienza della morte, violenta, dolorosa, ingiusta.
4. In questo luogo, su questa pietra, Gesù si pone davanti tutto questo e prega per sintonizzarsi con la volontà del Padre, che non è la volontà di far morire crudelmente il Figlio ma quella di far vivere il mondo intero, grazie al dono di sé fatto con un amore infinito, pieno e perfetto, come solo il Figlio di Dio incarnato è in grado di fare. È così che il Figlio apre per noi un varco attraverso la morte per condurre nella luce della Pasqua, cioè della vita in Dio, tutta l’umanità, da Adamo ed Eva a ciascuno di noi fino all’ultimo uomo. E Gesù liberamente sceglie, volontariamente sceglie, di amare il Padre e di fare propria la sua volontà “con tutto il cuore, con tutta l’anima, con tutta la mente, con tutta la capacità e la fortezza, con tutta l’intelligenza, con tutte le forze, con tutto lo slancio, tutto l’affetto, tutti i sentimenti più profondi, tutti i desideri e le volontà” (Rnb XXIII,9: FF 68).
5. Se entriamo in questa prospettiva comprendiamo il simbolismo del sangue utilizzato nelle letture che abbiamo ascoltato, comprendiamo perché è “preziosissimo” e comprendiamo come questo stesso sangue può trasformare tutta la nostra vita, lavarci dal peccato e liberarci dal male e dalla morte.
È il sangue preziosissimo di Gesù, cioè la sua vita donata con infinito amore e solo per amore, a liberare noi dalla morte facendo passare oltre l’angelo sterminatore (Es 12,23), perché l’amore è più forte della morte (Ct 8,6). È il sangue preziosissimo di Gesù, cioè la sua vita donata con infinito amore e solo per amore, a liberare noi dalla morte facendoci passare attraverso di essa e attraverso la grande tribolazione (Ap 7,14), per introdurci nell’esperienza della vita piena e della comunione perfetta che è la Gerusalemme celeste. È il sangue preziosissimo di Gesù, cioè la sua vita donata con infinito amore e solo per amore, a lavare le nostre vesti cioè a purificare e risanare tutta la nostra esistenza dal male, dal peccato, da ogni forma di egoismo e resistenza alla volontà di Dio. Ciò avviene nel momento in cui accettiamo l’invito a seguirlo facendo pasqua insieme a Lui, accettando e scegliendo di sintonizzarci sulla lunghezza d’onda della volontà del Padre, accettando e scegliendo di amare come Gesù: “con tutto il cuore, con tutta l’anima, con tutta la mente, con tutta la capacità e la fortezza, con tutta l’intelligenza, con tutte le forze, con tutto lo slancio, tutto l’affetto, tutti i sentimenti più profondi, tutti i desideri e le volontà” (Rnb XXIII,9: FF 68).
6. Celebrare qui, oggi, la festa del preziosissimo sangue non può essere solo un atto rituale, ma occorre che diventi in modo profondo e personale un atto di culto esistenziale, cioè un atto che coinvolge e trasforma tutta la nostra esistenza, tutta la nostra vita.
Gesù ha versato il suo preziosissimo sangue su questa pietra, ne ha versato altro alla flagellazione e coronazione di spine, l’ha versato fino all’ultima goccia sul calvario quando i chiodi sono stati conficcati nelle sue mani e nei suoi piedi e poi quando il suo cuore è stato aperto dal colpo di lancia. Gesù ci dona ancora e realmente il suo preziosissimo sangue su questo altare in questa celebrazione eucaristica. Tutta la sua vita è stata ed è interamente donata per amore.
7. Nel celebrare tutto questo, oggi, dobbiamo fare molta attenzione a lasciarci coinvolgere dal senso profondo di ciò che celebriamo e a lasciarci coinvolgere, appunto, in modo esistenziale: non possiamo celebrare il dono d’amore pieno e gratuito che Gesù fa della propria vita e poi continuare a vivere ripiegati su noi stessi, prigionieri del nostro egoismo, difensori capricciosi della nostra volontà, innamorati della volontà dell’io anziché della volontà di Dio.
Chiediamo la grazia di ricevere in modo autentico questo suo dono perché anche il nostro sangue diventi prezioso grazie al dono del suo sangue e così anche noi diventiamo capaci di vivere la nostra vita con amore e di donare la nostra vita semplicemente per amore, come Gesù.
Fr. Francesco Patton, ofm
Custode di Terra Santa