Non abbiate paura di quelli che uccidono il corpo | Custodia Terrae Sanctae

 Non abbiate paura di quelli che uccidono il corpo

50° canonizzazione san Nicola Tavelic e compagni

Ger 20,10-13; Rm 5,12-15; Mt 10,26-33

  Eccellenza, Carissime sorelle, carissimi fratelli,

il Signore vi dia pace!

  1. Oggi ricorre il 50esimo anniversario della canonizzazione dei santi Nicola Tavelić e compagni. Era il 21 giugno 1970 quando il santo papa Paolo VI, nell’omelia di canonizzazione dichiarava: “Noi siamo particolarmente felici d’aver potuto proclamare la santità di questi martiri della fede, avendo così convalidato di fronte alla Chiesa intera il culto, che fino dal tempo della loro tragica e beata morte era a loro attribuito”.

Le letture che la XII domenica del tempo ordinario ci presenta sembrano pensate apposta per farci commemorare questo martirio e farci scoprire come nelle situazioni difficili e ostili di ogni tempo i martiri maturano una più profonda fiducia in Dio e un più profondo amore per Lui.

  1. La figura centrale nella prima lettura è quella del profeta Geremia, un personaggio singolare, che ha sperimentato sulla sua pelle le conseguenze dolorose dell’essere fedele alla sua vocazione e alla sua missione. Geremia ha scelto di riferire le parole di Dio pur sapendo che ciò gli avrebbe causato il rifiuto dei suoi concittadini e la persecuzione da parte delle autorità. Da questo punto di vista Geremia è una immagine profetica di ciò che sei secoli dopo accadrà a nostro Signore Gesù Cristo. Unica sicurezza del profeta è la vicinanza di Dio: «Il Signore è al mio fianco come un prode valoroso, per questo i miei persecutori cadranno e non potranno prevalere» (Ger 20,11). A suo modo la vita del Profeta è anche un anticipo di quella speciale profezia che è contenuta nella testimonianza di ogni martire. Una testimonianza – ci ricordava san Paolo VI – che è “affermazione soggettiva e oggettiva della fede” ed è motivata dal desiderio di dare la propria vita per amore di Gesù Cristo “una dimostrazione assoluta di amore” e che “attesta la perfezione della carità”.
  1. Nel vangelo è Gesù stesso ad avvertirci che, nel momento in cui saremo suoi testimoni, incontreremo la persecuzione. Ciò che dona serenità è però la profonda convinzione che la nostra vita è nelle mani di Dio in ogni momento ed in ogni situazione: «non abbiate paura di quelli che uccidono il corpo, ma non hanno potere di uccidere l’anima; abbiate paura piuttosto di colui che ha il potere di far perire nella Geènna e l’anima e il corpo. Due passeri non si vendono forse per un soldo? Eppure nemmeno uno di essi cadrà a terra senza il volere del Padre vostro. Perfino i capelli del vostro capo sono tutti contati. Non abbiate dunque paura: voi valete più di molti passeri!» (Mt 10,28-31).

In quanto cristiani, inoltre, noi non portiamo un messaggio nostro ma il messaggio di Gesù Cristo: «Quello che vi dico nelle tenebre ditelo nella luce, e quello che ascoltate all'orecchio predicatelo sui tetti» (Mt 10,27). Proprio perché portiamo il messaggio di Gesù, non possiamo operare “tagli” o “censure” per evitare la persecuzione da parte di chi segue altri orientamenti! Per lo stesso motivo non possiamo nemmeno “aggiustare” il Vangelo in modo tale da ottenere un alto indice di gradimento: il Vangelo non è un programma di successo, che si regola in base agli umori, ai gusti e alle voglie del pubblico.

  1. A scanso di equivoci vale la pena lasciar risuonare anche le parole di Gesù che concludono il brano evangelico di questa domenica: «Chi dunque mi riconoscerà davanti agli uomini, anch'io lo riconoscerò davanti al Padre mio che è nei cieli; chi invece mi rinnegherà davanti agli uomini, anch'io lo rinnegherò davanti al Padre mio che è nei cieli» (Mt 10,32-33). Parole troppo forti? Richieste troppo esigenti? Pretese da pazzi? Forse, o forse parole che vogliono rendere noi forti nella fede, esigenti con noi stessi, disposti ad essere ritenuti pazzi per amore di Dio. E ciò che dovremmo verificare non sono in primo luogo le parole che diciamo ma il tipo di vita che pratichiamo.
  1. 50 anni fa, proprio meditando sul martirio di san Nicola e dei suoi compagni, S. Paolo VI, quasi attualizzando le parole del Vangelo che abbiamo proclamato ricordava: “La storia diventa maestra. Pone un confronto fra queste lontane figure di frati idealisti, imprudenti, ma esaltati da un amore positivo e trascinante verso Cristo e persuasi della necessità missionaria propria della fede: martiri; e la nostra mentalità moderna, che nasconde sotto un mantello di evoluto scetticismo, una comoda e transigente viltà, e che, priva di principii superiori ed interiori, trova logico il conformismo alle idee correnti, alla psicologia risultante da un’alienazione collettiva alla ricerca e al servizio dei soli beni temporali. […] essi quasi ci rimproverano la nostra incertezza, la nostra facile volubilità, il nostro relativismo, che talora preferisce alla fede la moda”.
  1. Per noi frati di Terra Santa, la testimonianza di san Nicola e dei suoi compagni costituisce un esempio di fortezza cristiana e di coraggio missionario, anche se i tempi sono profondamente cambiati e non sarebbe replicabile oggi il loro modo di evangelizzare. Nicola e i suoi compagni sono i nostri primi martiri, sono cioè coloro che hanno fecondato con il loro sangue la nostra missione. La loro testimonianza, in questi secoli nei quali non è mai stato facile incarnare qui i principi pacifici della missione francescana, ha motivato migliaia di frati provenienti da tutto il mondo a dare a loro volta la vita: nell’essere una presenza fraterna, orante e accogliente dentro i santuari; nel servizio pastorale della piccola comunità cristiana locale e in quello educativo aperto a tutti senza distinzione di religione; nel tener viva la memoria e l’identità cristiana dei luoghi santi che raccontano il mistero dell’incarnazione del Figlio di Dio e della nostra redenzione e nel conseguente studio della Scrittura e dell’archeologia biblica; nell’accogliere i pellegrini desiderosi di rinnovare la loro fede a contatto con i Luoghi Santi; nel servire i poveri e gli ammalati di qualsiasi religione consapevoli del rischio che comportava.
  1. San Nicola e i suoi compagni sono oggi importanti anche per tutta la Chiesa perché richiamano l’importanza di essere ancora una comunità capace di generare vocazioni per la missione, di coltivare ancora nel cuore, in special modo dei giovani, il desiderio di dare la vita per testimoniare la propria fede in Gesù Cristo e il proprio amore verso di Lui.

Oggi in modo particolare abbiamo bisogno della testimonianza radicale dei martiri. In un tempo come il nostro, nel quale spesso la vita è svalutata e buttata via, è importante invece imparare ad apprezzarla e imparare a donarla. E in un tempo nel quale sembra che non esistano verità oggettive è importante che sappiamo testimoniare il Cristo via, verità e vita, Lui stesso testimone della verità fino al dono di sé (cfr Gv 18,37).

Concludo riprendendo la colletta che abbiamo pregato prima di metterci in ascolto della Parola di Dio, che può essere la sintesi di quanto la stessa Parola e la congiunta testimonianza di san Nicola e compagni ci trasmettono questa domenica: “O Dio, che affidi alla nostra debolezza l’annunzio profetico della tua parola, sostienici con la forza del tuo Spirito, perché – sull’esempio e per l’intercessione dei santi martiri Nicola Tavelic e compagni – non ci vergogniamo mai della nostra fede, ma confessiamo con tutta franchezza il tuo nome davanti agli uomini, per essere riconosciuti da te nel giorno della tua venuta. Per Cristo nostro Signore. Amen”.